La condotta
È tutta questione di… realismo.
Cosa è una condotta? Prima di rispondere, è bene fare qualche considerazione.
Se qualcuno ci chiedesse da quale elemento davvero importante è caratterizzata la nostra giornata quotidiana, dopo aver pensato per qualche secondo diremmo tutti: dalla volontà, che è in realtà un intento di realizzare i nostri desideri, i nostri progetti per la giornata.
In effetti, è proprio così.
La nostra vita quotidiana si svolge all’insegna di questo imperativo che ci siamo posti, anche senza esserne molto consapevoli.
E perché è così?
Per un motivo banale e semplice, ma non per questo meno importante: perché la nostra vita, tutta quella che avremo la possibilità di trasformare in esistenza, è vissuta nel desiderio di raggiungere alcuni obiettivi, alcune mete che consideriamo interessanti per noi e che appunto ci fanno dire che esistiamo, anziché dire che ci lasciamo vivere.
Possiamo dunque affermare che per riuscire a progredire è necessario che le nostre azioni si sviluppino secondo la strategia migliore che abbiamo per raggiungere uno scopo, ossia con l’adozione di una condotta.
Ora, la condotta, che è la messa in pratica di un metodo evolutivamente adattivo, non è riferibile solo a qualche cosa di personale, perché con la sua adozione si tiene conto anche di quello che ci accade attorno.
Ad esempio, se voglio diventare il migliore panettiere del quartiere devo certo adottare un comportamento utile a raggiungere lo scopo, ma per arrivare alla meta non posso fare tutto quello che mi torna comodo: alzarmi alle dieci del mattino, o usare prodotti scadenti o addirittura eliminare tutti i concorrenti che mi circondano, ossia tutti gli altri panettieri! La condotta è quindi una strategia regolata da obiettivi personali, ma che deve tener conto di altrettanti importanti obiettivi regolati dalla cultura.
Nella condotta risiede il cosiddetto sale della vita, perché utilizzandola potremo pensare di aver tramutato il vivere in esistere.
Il mio, vorrei precisarlo, non è un punto di vista filosofico, ossia tipico di quella parte del sapere umano che vuole pensare su “tutto” per dare una risposta a “tutto”, ma è una posizione teorico-pratica di tipo antropologico-mentale.
La mia chiave di lettura parte dalla concretezza che l’evoluzione della specie umana impone, anche, ma direi soprattutto, l’adozione di precise strategie mentali per far fronte alle sfide della vita.
Ebbene, mi sembra che i tempi attuali ci stiano indicando quanto potrebbe essere utile adottare nuove strategie mentali, per comprendere cosa davvero sta accadendo.
E, forse, cosa potrà accadere.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).