Protesta di Francesco V contro il Regno d’Italia

PROTESTA DI FRANCESCO V CONTRO IL REGNO D’ITALIA (Dalla Perseveranza di Milano)

Vienna, 30 marzo 1861.

Noi FRANCESCO V, Arciduca d’Austria, Este, Principe Reale d’Ungheria e Boemia, per la grazia di Dio Duca di Modena, Peggio, Mirandola, Massa, Carrara, Guastalla, ecc. ecc. ecc.
Il Re di Sardegna, essendosi fatto dare il titolo di Re d’Italia da un’Assemblea composta in gran parte di sudditi ribelli ai loro legittimi Sovrani, ha messo il suggello alla lunga serie di atti di usurpazione, contro i quali protestammo già in data 14 maggio e 22 giugno 1859, non che in data 22 marzo 1800.

Questo nuovo oltraggio fatto alle sovranità legittime in Italia, e per conseguenza anche alla nostra, c’impone il dovere di nuovamente ed altamente protestare per la conservazione di diritti, che nessun atto estraneo al voler nostro potrebbe mai pregiudicare od indebolire.

L’Europa vorrà rammentarsi che quegli, il quale conculca si indegnamente ed opprime lo Stato che ereditammo dai nostri maggiori, è lo stesso Sovrano che, mantenuto sul suo vacillante trono dal generoso vincitore di Novara, raddoppiò d’allora in poi le mene rivoluzionarie non solo contro di esso, ma ben anche contro tutti gli altri governi d’Italia, con cui simulava d’altronde le più amichevoli relazioni.

Incapace dapprima d’intraprendere conquiste, non fu che coll’aiuto di un’armata straniera, da esso attirata in Italia, ed a cui devesi intieramente il successo, ch’egli potè impadronirsi dei paesi, ai quali agognava da tanto tempo.

Eravi fra questi il nostro Stato, che, perduta la propria autonomia, divenne d’allora in poi una provincia semplicemente contribuente agli oneri sempre crescenti d’imposte e debito pubblico; e non conobbe oltre a ciò i dominatori attuali che per le vessazioni, le perquisizioni domiciliari, gli arresti arbitrarii, i sequestri dei beni, e le raddoppiato coscrizioni militari.

E se tutto ciò non bastasse ancora a qualificare il governo che si è imposto al nostro Stato, rammentano che esso è quel medesimo, che, in mezzo alla riprovazione generale degli uomini onesti, procedendo di sorpresa all’invasione delle Marche e dell’Umbria, sopraffece i pochi, ma prodi soldati, accorsi dai diversi paesi cattolici in aiuto del Sommo Pontefice: è quello stesso governo, che dando mano ad una banda di facinorosi d’ogni nazione che stava per soccombere, irruppe slealmente nello Stato del nobile e valoroso Re delle Due Sicilie.

I feroci proclami, le crudeltà inaudite commesse in quel regno contro quanti, per sentimento di fedeltà al loro legittimo Sovrano, rifiutarono di sottomettersi all’usurpatore, sono fatti d’incontestabile notorietà.

A tante nequizie non va disgiunto il più perfido sistema tendente ad abbattere la religione ed a corrompere la pubblica morale, sistema sotto il quale, non meno che gli altri popoli d’Italia, gemono i nostri sudditi, che si distinsero sempre nella grande loro maggioranza per ossequio alla fede cattolica e per attaccamento al loro legittimo Sovrano.

Profondamente dolenti di un tale stato di cose, sentiamo l’obbligo in noi di alzare di bel nuovo, anche in nome di questa stessa maggioranza, la nostra voce contro il recente atto dal re Vittorio Emanuele commesso in opposizione diretta a tutti i principii di onestà ed a tutti i trattati internazionali comprensivamente quello di Zurigo; e facciamo un nuovo appello alle Potenze amiche, le quali, vogliamo esserne certi, finiranno col vendicare tante ingiustizie.

Conscii finalmente della validità dei nostri diritti sullo Stato affidatoci dalla Divina Provvidenza, ed ereditato dai nostri maggiori, e penetrati del pari di quanto dobbiamo ai nostri successori, ci dichiariamo risoluti di cogliere ogni occasione che ci si presenti propizia per rientrare al possesso, e ricondurvi coll’ordine il nostro legittimo governo; cosi richiedendo l’onore ed il dovere, non meno che il sentimento d’affezione la più sincera che serbiamo sempre al nostro paese nativo, ed ai nostri amatissimi sudditi, un gran numero dei quali non cessa di darci, con costanza veramente ammirabile, prove di fedeltà e di devozione.

FRANCESCO m. p.

Pasquale Peluso