La “fine dei giorni” di Xi Jinping farà precipitare la Cina e il mondo nella guerra?
di Gordon G. Chang 27 febbraio 2022
Pezzo in lingua originale inglese: Will Xi Jinping’s ‘End of Days’ Plunge China and the World into War?
Traduzioni di Angelita La Spada
Xi Jinping, il potente leader cinese, ha “un’enorme schiera di nemici interni”. – Gregory Copley, presidente dell’International Strategic Studies Association e capo redattore di Defense & Foreign Affairs Strategic Policy, [ha detto] al Gatestone Institute, febbraio 2022.
Xi ha creato quell’opposizione. Dopo essere diventato governante della Cina alla fine del 2012, ha strappato il potere a chiunque altro e poi ha incarcerato decine di migliaia di oppositori durante le epurazioni, che ha definito campagne “anticorruzione”.
Pechino è in preda al panico, avendo aggiunto il mese scorso quasi mille miliardi di dollari di nuovo credito totale, un aumento record. (…) Se si include il cosiddetto “debito occulto”, il debito totale del Paese ammonta a circa il 350 percento del prodotto interno lordo.
Non sorprende che le aziende cinesi siano ora inadempienti. La crisi del debito è così grave che può far crollare l’economia cinese e con essa i sistemi finanziari e politici del Paese.
Nel più recente accenno di preoccupazione, “Fang Zhou e la Cina” (…) ha scritto un saggio di 42mila caratteri intitolato “Una valutazione oggettiva di Xi Jinping”. La tirata contro Xi, pubblicata il 19 gennaio sul sito web cinese 6park, sembra essere opera di alcuni membri della fazione del Partito Comunista detta “cricca di Shanghai”, capeggiata dall’ex leader Jiang Zemin. La fazione di Jiang ha continuamente attaccato Xi e ora guida la carica contro di lui.
Purtroppo, i problemi di Xi possono diventare i nostri problemi. Xi ha, per vari motivi politici interni, una bassa soglia di rischio e molte ragioni per prendere di mira qualche altro Paese allo scopo di deviare le critiche dell’élite e il malcontento popolare.
Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha sempre creduto che la sua lotta con gli Stati Uniti fosse esistenziale – nel maggio 2019, il Quotidiano del popolo, organo ufficiale del PCC, ha dichiarato una “guerra popolare” contro l’America – ma l’ostilità è diventata molto più evidente nell’ultimo anno.
Un virulento antiamericanismo indica che Xi Jinping sta fornendo una giustificazione per colpire l’America. Il regime cinese utilizza spesso i propri media dapprima per avvertire e poi per segnalare le proprie azioni.
Quando i camionisti hanno preso il controllo della capitale del Canada, Ottawa, e hanno bloccato i valichi di frontiera con l’America, alcuni hanno parlato di “insurrezione nazionale”. In tutto il mondo democratico, si sono svolte manifestazioni di massa. La gente ne ha abbastanza di due anni di obblighi e di altre misure restrittive a causa della pandemia da Covid-19.
Non è così nello Stato più popoloso del pianeta, che continua ad applicare le più rigorose misure anti-Covid al mondo. Non ci sono notizie in merito allo svolgimento di proteste popolari nella Repubblica Popolare Cinese contro le misure governative adottate per il contenimento della diffusione dell’epidemia da Covid-19.
Eppure, la Cina non è stabile e Xi Jinping sta affrontando la sua “fine dei giorni”, come afferma un recente saggio di esponenti dell’opposizione (vedi sotto). La rivolta non è nella società in generale, ma ai vertici del Partito Comunista. Come ha detto al Gatestone Gregory Copley, presidente dell’International Strategic Studies Association, Xi Jinping, il potente leader cinese, ha “un’enorme schiera di nemici interni”.
Xi ha creato quell’opposizione. Dopo essere diventato governante della Cina alla fine del 2012, ha strappato il potere a chiunque altro e poi ha incarcerato decine di migliaia di oppositori durante le epurazioni, che ha definito campagne “anticorruzione”.
Xi ha inoltre utilizzato l’epidemia con grande vantaggio. Come sottolinea Copley, anche redattore capo di Defence & Foreign Affairs Strategic Policy , “la politica ‘zero Covid’ di Xi non riguarda, tanto l’obiettivo di porre fine alla diffusione del Covid-19 quanto, invece, la repressione dei suoi nemici interni, pubblicamente e nel Partito”.
L'”enorme schiera” sta ora iniziando a contrattaccare. Xi è più vulnerabile nella gestione dell’economia stagnante del Paese. Per prima cosa, la campagna draconiana contro il Covid – test di massa, un meticoloso tracciamento dei contatti, rigorosi lockdown – ha ovviamente minato i consumi, che Pechino ha propagandato come il fulcro dell’economia.
Pechino è in preda al panico, avendo aggiunto il mese scorso quasi mille miliardi di dollari di nuovo credito totale, un aumento record. Anche i tecnocrati cinesi sono diventati subdoli, intraprendendo quello che il seguitissimo Andrew Collier del Global Source Partners, chiama “impulso ombra”, un impulso fornito dai governi locali e dalle loro entità per consentire al governo centrale di evitare di segnalare le spese.
La Cina ha bisogno di un’economia vivace per onorare debiti enormi, in gran parte accumulati quando Pechino ha sovra-stimolato l’economia, soprattutto a partire dal 2008. Se si include il cosiddetto “debito occulto”, il debito totale del Paese ammonta a circa il 350 percento del prodotto interno lordo.
Non sorprende che le aziende cinesi siano ora inadempienti. La crisi del debito è così grave che può far crollare l’economia cinese e con essa i sistemi finanziari e politici del Paese.
Per tre decenni, un leader cinese è stato sostanzialmente immune alle critiche perché tutte le decisioni rilevanti sono state condivise da figure di spicco del Partito Comunista. Ma da quando Xi Jinping ha preso il potere si è altresì ritrovato con tutta la responsabilità. In altre parole, non ha nessun altro a cui dare la colpa. Con le cose che negli ultimi anni non sono andate nel modo desiderato dalla Cina, Xi, spesso chiamato il “presidente di ogni cosa”, è bersaglio di critiche.
Ci sono segni di intensificazione della discordia tra gli alti dirigenti. Nel più recente accenno di preoccupazione, “Fang Zhou e la Cina” (“Fang Zhou è uno pseudonimo che significa “arca”) ha scritto un saggio di 42mila caratteri intitolato “Una valutazione oggettiva di Xi Jinping”. La tirata contro Xi, pubblicata il 19 gennaio sul sito web cinese 6park, sembra essere opera di alcuni membri della fazione del Partito Comunista detta “cricca di Shanghai”, capeggiata dall’ex leader Jiang Zemin. La fazione di Jiang ha continuamente attaccato Xi e ora guida la carica contro di lui.
Il pezzo di Fang include le critiche espresse in precedenza, ma lo fa in modo approfondito. Fang incolpa Xi, tra le altre cose, di aver rovinato l’economia.
“Xi sarà l’artefice della propria sconfitta”, scrive Fang alla fine dell’invettiva in una parte intitolata “L’epilogo di Xi Jinping” o la “Fine dei giorni”. “Il suo stile di governance è semplicemente insostenibile; genererà passi falsi ancora più nuovi e più grandi”.
Fang osserva che Xi è stato in grado di trarre vantaggio da una debole opposizione ma non è riuscito a ottenere molto. “Le politiche di Xi sono state regressive e non originali, i suoi successi sono stati minori e i suoi errori numerosi”, scrive Geremie Barme dell’Asia Society, che ha tradotto il saggio, riassumendo i pensieri di Fang. Fang crede che Xi “meriti un punteggio inferiore a zero”.
Xi non è uno che lascia che un decennio di punteggi pari a zero ostacoli la sua continuità governativa. Le norme del Partito Comunista richiedono che si dimetta al XX Congresso Nazionale, che si terrà questo autunno, secondo la tradizione. Ovviamente, Xi vuole un inedito terzo mandato da segretario generale in modo da poter diventare, come dicono gli osservatori esterni, “dittatore a vita”. La maggior parte degli osservatori prevede che otterrà quel nuovo mandato.
Forse. Il saggio di Fang Zhou mostra che i leader del Partito Comunista rischiano la stabilità diffondendo i disaccordi in pubblico. Quindi Xi Jinping ora si rende conto che sta affrontando la sfida della sua vita.
Purtroppo, i problemi di Xi, possono diventare i nostri problemi. Xi ha, per vari motivi politici interni, una bassa soglia di rischio e molte ragioni per prendere di mira qualche altro Paese allo scopo di deviare le critiche dell’élite e il malcontento popolare.
Nel 1966, Mao Zedong, il primo governate della Cina comunista, iniziò la decennale Rivoluzione Culturale per sconfiggere i nemici politici a Pechino. Xi sta facendo più o meno la stessa cosa ora, specialmente con il suo programma di “prosperità comune”, che potrebbe riportare la Cina agli anni Cinquanta.
Tuttavia, a differenza di Mao, Xi ha il potere di far precipitare il mondo in una guerra e ha motivo di scatenarsi presto.
Xi sta prendendo di mira gli Stati Uniti. Il 29 agosto dello scorso anno, il Quotidiano del popolo, la pubblicazione più autorevole della Cina, ha accusato l’America di aver lanciato attacchi “barbari” contro la nazione cinese. Il 21 di quel mese, il Global Times, un tabloid controllato dal Quotidiano del popolo, ha insinuato che gli Stati Uniti stessero lavorando con i “nemici” della Cina.
Il Partito Comunista Cinese ha sempre creduto che la sua lotta con gli Stati Uniti fosse esistenziale – nel maggio 2019, il Quotidiano del popolo ha dichiarato una “guerra popolare” contro l’America – ma l’ostilità è diventata molto più evidente nell’ultimo anno.
Un virulento antiamericanismo indica che Xi Jinping sta fornendo una giustificazione per colpire l’America. Il regime cinese utilizza spesso i propri media dapprima per avvertire e poi per segnalare le proprie azioni.
L’America è stata avvertita.
Gordon G. Chang è l’autore di “The Coming Collapse of China”, è Distinguished Senior Fellow presso il Gatestone Institute e membro del suo comitato consultivo.