La Cappa del Contromondo

𝐋𝐚 𝐂𝐚𝐩𝐩𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐂𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨
Marcello Veneziani risponde ad Aldo Giorgio Salvatori

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La Cappa del Contromondo

Quando è cominciato il profondo processo di trasformazione sociale e culturale della società italiana prefigurato da Pierpaolo Pasolini, stigmatizzato da Vittorio Messori, acutamente analizzato dalle vostre riflessioni? Pasolini accusava il modello consumistico borghese importato dagli Stati Uniti, Messori il ’68, ma anche la deculturazione operata dal Cavalier Berlusconi con la sua TV commerciale. E poi?

Non c’è stato, a mio parere, un evento, un trauma, una svolta che ha determinato la trasformazione, perché si tratta piuttosto di un processo, ancora in corso e con più versanti.

Per limitarci alla nostra esperienza di contemporanei, riassumo l’incipit di quel processo a cavallo del 1968. Come ho scritto nei libri dedicati al Sessantotto, si tratta più di un codice d’accesso allo spirito di un’epoca, una data simbolica e allegorica, in cui comincia la trasformazione globale. Il ’68 è povero di eventi, non cambia la politica, il sistema capitalistico, gli assetti di potere; ma sancisce una svolta, una mutazione antropologica, direbbe Pasolini, e avviene l’incrocio tra capitalismo e progressismo, tra consumismo e comunismo, secolarizzazione ed emancipazione, biopolitica e diritti “civili” e soprattutto sessuali. Certo, il paese pilota è l’America, gli Stati Uniti; certo, le tappe di questa deculturazione di massa passano dall’americanizzazione, a cui concorre da noi in modo decisivo il berlusconismo televisivo che ha prodotto a mio parere veri danni (altro che il berlusconismo politico o quello privato del protagonista).

Ma il filo conduttore di questa dissoluzione che voleva passare per rivoluzione, è nel cambio di paradigma: non più la realtà ma il soggetto, non più il fatto ma il diritto, non più la connessione tra diritti e doveri, ma tra diritti e desideri; abolizione della Natura, del Destino, del Sacro e di ogni trascendenza, tutto è frutto del cieco caso e poi la volontà sovrana del soggetto decide chi essere e cosa fare. A essere maliziosi direi: ciascuno decida cosa voglia essere, il sistema poi gli suggerirà cosa fare, cosa volere, cosa dire. E lì nasce il coronamento di quella mutazione, la fabbrica di quel cambio di paradigma che è la correzione del passato, della realtà, del linguaggio, dei rapporti umani, e la cancellazione di ciò che un tempo si definiva storia, natura, realtà. Nasce il politically correct con i suoi accessori (cancel culture, ecc.). Un processo globale e graduale, dunque, non un evento.

Nel mio diario che precede le vostre riflessioni, do molto spazio alle considerazione che descrivono il distacco profondo che separa l’uomo dell’Antropocene dalla Natura come creazione divina, come sacralità da rispettare e non da interpretare come Luna Park o dimensione disneyana avulsa dai cicli reali della vita e della morte in cui agiscono e interagiscono come attori animali veri, non cartoni animati. Più si afferma una natura edulcorata, blandita, amata solo a parole, più il distacco si amplia. Ne fanno le spese tutti, a cominciare dal mondo rurale, costretto a subire attacchi e imposizioni da parte di cittadini metropolitani ,che si dichiarano a parole vegani ,ma non conoscono né dove si originano i cibi ‘’sostenibili’’ che consumano e neppure i meccanismi eterni della natura se non da esempi manipolati desunti da Internet e dalla Tv.

Hai ragione. Ho più volte sottolineato che tramite un impercettibile cambiamento linguistico, è avvenuta una grande trasformazione: l’abolizione della Natura e al suo posto la nascita di una controfigura, ideologica e modificabile, chiamata ambiente, ecologia. La Natura evoca il creato, l’ordine naturale delle cose, il diritto naturale, la nascita dall’accoppiamento di un maschio e una femmina; la natura è madre, la natura è ciò che noi non abbiamo creato, voluto, ma che è prima di noi, indipendente dalla nostra volontà. La natura è destino, la natura è disegno intelligente di vita, equilibrio, armonia e talvolta tragedia; la natura ci comprende, noi siamo dentro di lei. La natura viene abolita perché la posta in gioco è abolire la natura umana. L’uomo è ciò che vuole essere e non ciò che la natura e il destino hanno disposto di lui: non conta il sesso ricevuto in natura, la famiglia d’origine, il luogo e perfino l’anno di nascita; tutto dipende dalla sua volontà. Liberazione. Per queste ragioni la natura scompare e al suo posto c’è la sua controfigura asettica e non umana, l’ambiente. Il problema è salvare le specie in estinzione e non l’umanità; il problema è salvaguardare la frutta e gli ortaggi dalle manipolazioni genetiche (ogm) mentre è lecito e anche auspicabile modificare la natura umana; il problema è il clima, l’inquinamento atmosferico, che sono giganteschi e reali problemi; mentre non è in discussione lo snaturamento dell’uomo e la perdita della sua dimensione naturale e soprannaturale. Snaturato e despiritualizzato.

Date queste premesse immaginate la società occidentale e quella italiana, in particolare, nel prossimo futuro. La teologa Silvana De Mari afferma che se i massicci flussi di migranti clandestini diretti verso il nostro Paese lasceranno in Patria uomini e donne di formazione prevalentemente cristiana l’integrazione non sarà facile, ma possibile. Io non ne sono assolutamente convinto e ritengo che lo sfruttamento dell’immigrazione convenga soltanto al neo liberismo finanziario che tende a schiacciare sempre più in basso salari e tutele dei lavoratori, tutti, borghesi o operai, italiani o stranieri. E lo scontro economico, sociale e culturale sarà, in ogni caso, sempre più aspro. Quale sarà, per voi, lo scenario possibile? E, soprattutto, si possono ipotizzare terapie, cure per arginare il caos sociale, economico, culturale, antropologico?

Man mano che si procede su questa strada che qualcuno definisce della sostituzione di popolo (R.Camus), si chiarisce un processo: il nemico da abbattere è l’identità personale e comunitaria, ma anche l’identità storica, civile e religiosa delle civiltà chiamata tradizione. Il progetto è ripristinare un proletariato mondiale da sfruttare politicamente ed economicamente. Al profitto politico ci pensano le forze progressiste, umanitarie, in questa riedizione corretta del comunismo, che diventano imprenditori della miseria e dell’accoglienza e che ritrovano nel migrante la massa di manovra e di consenso su cui impiantare le loro politiche. Al profitto economico, invece, ci pensa la Macchina globale, il nuovo capitalismo, che può trovare manodopera a prezzi stracciati e in seguito nuove masse di consumatori potenziali, magari assistite nel transito dalla rinascita di un nuovo statalismo dell’assistenza. Le due battaglie sono intrecciate, e trovano il loro Agente Morale nella Chiesa accogliente di Bergoglio che ha sostituito Dio con l’Umanità, e si propone come cappellano militante di questa nuova ideologia dello sradicamento planetario, dell’alienazione globale, della sostituzione dei popoli. La denatalità euro-occidentale unita alla sovrappopolazione afro-asiatica farà il resto.

Le cure sono difficili a indicarsi perché il processo è magmatico e policentrico, non c’è una cabina unica di regia da colpire, non c’è un Complotto da sventare, e c’è una tale stratificazione di poteri, di caste, di cupole e di vigilantes a presidio di questo sistema che gli assalti vengono facilmente sventati. Un tentativo, grezzo e discutibile, è sorto con l’onda sovranista e populista degli ultimi anni; ma a giudicare da come siano stati neutralizzati, anche attraverso l’uso di un regime sanitario della sorveglianza e della paura, anche quella reazione allergica a questo processo, con largo consenso popolare, è stata frenata, inibita e deviata. Sta nascendo al suo posto un populismo “sostenibile”, cioè integrabile in questo processo, che passa dall’ecologia, dal catto-umanitarismo, dal femminismo e dal fronte lgbt. Alla fine non resta che confidare nella realtà e nelle sue insorgenze, sperando che trovi lungo la strada soggetti politici, sociali, culturali in grado di rappresentare e organizzare questa risposta della Vita al Canone. Ma non mi faccio illusioni.

(Marcello Veneziani risponde ad Aldo Giorgio Salvatori, per il suo libro Naufragio nel Contromondo edito da Zolfanelli)