La fossa comune di Gaeta
Duemila cadaveri di militari e civili fucilati nel 1861, dopo la resa della fortezza borbonica all’esercito sabaudo, ritrovati cento anni più tardi in una fossa comune!
Una grande fossa piena di cadaveri fu scoperta a Gaeta nel 1961, durante gli scavi per la costruzione della scuola media Carducci.
Proprio mentre i festeggiamenti per il Centenario dell’Unità d’Italia facevano risuonare il famoso Inno di Garibaldi: “Si scopron le tombe, si levano i morti…”.
Erano i corpi di soldati e civili borbonici fucilati nel febbraio del 1861, dopo la resa della città all’esercito sabaudo comandato dal generale Enrico Cialdini.
“Noi ragazzini andavamo a rubare i bottoni delle divise e li scambiavamo con le figurine dei calciatori: non sapevamo che erano d’argento”, racconta un testimone di quella macabra scoperta nel libro “Terroni” di Pino Aprile (ed. Piemme 2010).
“Quando arrivarono a duemila salme riesumate, la cosa cominciò a suscitare tale emozione e risentimento, che le autorità si sbrigarono a richiudere tutto e costruirci sopra”.
Nel 1960, mentre si preparavano i festeggiamenti del centenario dell’unità d’Italia, a Gaeta era in costruzione il quartiere delle scuole pubbliche e per innalzare la palestra della scuola media Carducci, abbatterono la piramide. Gli operai si trovarono di fronte ad uno spettacolo orrendo: trovarono una fossa profonda dodici metri e venti di diametro, piena di cadaveri: Erano i resti dei partigiani e civili di idee borboniche fucilati dai piemontesi. Sotto la base nera, a circa un metro, trovarono ossa umane. Per trasportare quelle ossa nel cimitero di Gaeta gli operai comunali impiegarono un mese; si contarono circa duemila cadaveri, duemila scheletri che indossavano pellicce di pecora, che calzavano ciocie, bisacce a tracolla, cappotti borbonici, i cui bottoni vennero tutti trafugati in quanto d’argento vivo con giglio borbonico. L’ultimo mezzo metro della fossa era impregnato di sangue, il sangue caldo che colava dai corpi dopo le fucilazioni sommarie. I fucilati erano per lo più cittadini filoborbonici ai quali Cialdini dava loro la caccia senza pietà e li faceva fucilare. Furono seppelliti in quella fossa comune dalla gente del luogo perché i cadaveri, dopo la fucilazione, dai fratelli barbari piemontesi, venivano abbandonati sul luogo dell’esecuzione alla mercè di uccelli e topi!
Pasquale Peluso