Spunta “l’occhio elettronico” anti-Covid: ecco come funziona
20 Luglio 2021
Un software realizzato dall’Università di Modena ci dirà quando si creeranno situazioni di assembramenti avvisandoci del pericolo con una voce elettronica: ecco come funziona
Alessandro Ferro
Ad evitare gli assembramenti, adesso, ci penserà la tecnologia: un software finanziato in gran parte dalla Regione Emilia-Romagna ci avviserà quando si creeranno situazioni critiche nei luoghi di lavoro, agli ingressi degli ospedali, in metropolitana o semplicemente quando si prende il caffè con i colleghi grazie ad un occhio elettronico che ci informerà in tempo reale di quello che succede intorno a noi.
Come funziona
“Attenzione, si prega di rispettare la distanza di sicurezza”: potrebbe essere questa la voce e la formula che daranno l’allarme invitandoci, ad esempio, a disperderci o indossare le mascherine. Alimentato dall’intelligenza artificiale, quest’occhio elettronico è una sorta di videocamera fissata in un dato punto che si ritiene possa essere a rischio assembramenti e controllerà punto per punto le distanze tra tutte le persone presenti in una certa area, contando le presenze e stilando l’indice di rischio di contagio associato ad una certa situazione. Il progetto è tutto italiano ed è realizzato dai ricercatori guidati da Rita Cucchiara, docente di visione artificiale presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e direttrice dell’AImageLab Laboratory dell’ateneo. “L’algoritmo può essere utilizzato ad esempio su autobus e metropolitane, dove può visualizzare, su uno schermo esterno, il grado di affollamento interno del vagone, così che una persona in procinto di entrare possa decidere se è il caso di farlo, o se sia preferibile aspettare una carrozza meno affollata per ridurre il rischio di Covid” spiega Cucchiara.
“Risultati in tempo reale”
Trattandosi di software avanzati, l’occhio elettronico può lavorare con qualsiasi videocamera già esistente ed installata analizzando in tempo reale, con un intervallo di 10 millisecondi, la posizione e le distanze tra persone in ambienti chiusi o aperti verificando se la distanza è compatibile con i modelli di contagio impostati. Se è tutto ok non ci sarà alcun segnale, se qualcosa non va scatterà un “allarme” a ricordare che la pandemia non è ancora finita. In questo modo si potrà mettere un freno ai contagi, soprattutto in alcune aree del Paese dove il virus corre più veloce. “È un progetto che è stato finanziato in gran parte dalla regione Emilia Romagna in ottica anti-Covid e ha fatto nascere una startup, Go@AI. Ora è stato installato presso ospedali ed edifici pubblici. Ed è stato sviluppato in modo tale da garantire la ‘privacy by design’: non vengono raccolti, dai video registrati dalle telecamere, dati utili a riconoscere gli individui”, afferma la ricercatrice a Repubblica.
Nasce anche un’app
Il gruppo di ricerca di AImageLab ha realizzato anche un’app che può lavorare insieme al sistema chiamato “Inter Homines”: così, anche se in treno o al supermercato esisono situazioni di sovraffollamento e quei luoghi sono dotati del software, può arrivare una notifica all’app dell’utente segnalado una situazione di criticità nel luogo dove si appresta ad andare così da “fargli presente il grado di rischio” spiega Cucchiara. “Un esempio dell’utilità di questa soluzione: se ho l’app, prima di entrare in un autogrill posso capire qual è l’area che è particolarmente affollata in quel momento, o che lo è stata un quarto d’ora fa – perché le persone passano, ma l’aria da loro respirata rimane sul posto – e quindi sostare in aree più sicure”.
L’idea nata dai videogiochi
Uno dei ricercatori che partecipa alla messa a punto del software anti-assembramenti, Matteo Fabbri, che ha vinto il premio John McCarthy per ricercatrici e ricercatori Under 35, spiega da dove nasce l’idea. “Uno dei caratteri più innovativi di questa ricerca è stato l’uso di scene dei videogiochi per allenare l’algoritmo a riconoscere le persone, e le distanze, anche in situazioni molto affollate” spiega Fabbri. In realtà, l’intelligenza artificiale è come un bambino appena nato: non sa assolutamente nulla. “Le vanno mostrati tantissimi esempi delle situazioni che vogliamo riconoscere – aggiunge il ricercatore – nel nostro caso riconoscere la posizione in 3D delle persone guardando un video raccolto da una sola videocamera. Per questo scopo servono moltissimi dati: noi li abbiamo ottenuti da un simulatore, iniettando del codice apposito nel videogioco Grand Theft Auto 5, che ha una grafica molto fotorealistica”.
Questa nuova tecnologia è attualmente in uso a Modena all’ingresso del Policlinico all’UrpRP (Ufficio relazioni con il pubblico) e all’ingresso dell’anagrafe cittadina ma si sta diffondendo a macchia d’olio. Come sempre, da un’idea se ne possono ricavare altre: l’evoluzione dell’occhio elettronico potrebbe essere il riconoscimento di sesso o età negli individui inquadrati dalle videocamere. “Questo potrebbe essere utile per applicazioni che esulano dalla protezione da Covid: ad esempio un sistema con riconoscimento dell’età potrebbe dialogare in maniera intelligente con un semaforo suggerendo di far durare di più il verde per i pedoni perché chi sta attraversando la strada è un anziano, e quindi è più lento”, conclude Rita Cucchiara.