Superbonus col coniuge: cosa c’è da sapere
23 Giugno 2021
Questa regola è estesa anche al Sismabonus, in virtù del fatto che i principi di base sono i medesimi della ristrutturazione
Ignazio Riccio
Seppure a sostenere le spese di ristrutturazione è il coniuge del professionista comproprietario o convivente, i lavori che prevedono l’agevolazione del Superbonus realizzati in un’unità immobiliare residenziale adibita promiscuamente anche all’esercizio dell’attività professionale, la detrazione spettante è ridotta al 50 per cento. Come riporta Il Sole 24 Ore, questa regola è estesa anche al Sismabonus, in virtù del fatto che i principi di base sono i medesimi del bonus ristrutturazione, mentre si ricorre all’analogia per applicarla anche all’Ecobonus e agli interventi agevolati al 110%.
Ciò è giustificato dall’obiettivo di evitare arbitraggi tra coniugi. L’Agenzia delle entrate, invece, non chiarisce sulla possibilità del professionista di dedurre dal proprio reddito di lavoro autonomo il 50% delle spese come costi sostenuti su immobile promiscuo ai sensi dell’articolo 54, comma 3, Tuir. Ma sul punto non si ravvisano perplessità, come del resto, per gli immobili promiscuamente utilizzati nell’utilizzo dell’impresa, per effetto dell’articolo 64, comma 2, Tuir. Facendo riferimento alla circolare numero 20/E/2011 (punto 3.4), sui lavori Ecobonus la deducibilità dei costi, in ossequio alle regole del regime contabile adottato, deve essere limitata, mentre la detrazione avrebbe dovuto restare piena. La deduzione di cui all’articolo 54, comma 3, Tuir è ammessa a condizione che il contribuente non disponga, nel medesimo comune, di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione.
La limitazione della detrazione al 50% per gli immobili utilizzati promiscuamente si applica tanto in caso di attività svolta abitualmente, quanto in quella esercitata occasionalmente. Un esempio specifico sono molti bed & breakfast. La riflessione che viene fatta riguarda un punto specifico: se l’attività è svolta occasionalmente (in assenza di partita Iva) perché differenziare questi immobili da quelli in cui si abita e, occasionalmente, si affitta o si concede in comodato a terzi una stanza? O in cui si effettuano locazioni brevi? Mettere sullo stesso piano chi ha partita Iva e chi ne è (legittimamente) privo, e differenziare quest’ultimo dal contribuente “privato” crea molte polemiche.