CONSIDERAZIONI SULLE (PRESUNTE) CRUDELTÀ BORBONICHE E QUALCHE DUBBIO (DOCUMENTATO) SU ALCUNI “PADRI DELLA PATRIA”.
Ogni tanto qualche libro e qualche articolo tirano fuori qualche grande “scoop” sui Borbone “cattivissimi” o (addirittura) su Gladstone che li definì “negazione di Dio” (scoop nello scoop di una definizione che è tra le più presenti nella storia dei libri di storia) e sulle grandi virtù dei famosi “padri della patria” (idem come sopra). Riepiloghiamo, anche se con un pizzico di noia e il solito pizzico di napoletana ironia.
1) “SE IN QUALCHE FATTO C’È ESAGERAZIONE AD ESEMPIO NELLE TORTURE L’ESAGERAZIONE È NOSTRA. A ME E AI MIEI AMICI NON È STATO MAI TORTO UN CAPELLO NELLE CARCERI… LA CUFFIA E ALTRO SONO INVENZIONI” (LUIGI SETTEMBRINI lettera all’amico Luigi Zini del 28 luglio 1876 e cfr. anche Giovanni Attinà, “Le carceri borboniche negazione di Dio?”).
2) “Negli ergastoli napoletani i patrioti stavano relativamente meglio che negli ergastoli piemontesi” (ANTONIO GRAMSCI, “Risorgimento”, Einaudi, Torino, 1950, p. 171).
3) “Il trascinamento a coda di cavallo, le tenaglie infuocate, le ruote sul petto, lo scannamento dei prigionieri, la rottura di ossa, colpi di tenaglia infuocati, le decapitazioni con le teste recise accanto alle braccia e nelle gabbie” [i sabaudi lo fecero anche nel Sud, dopo il 1860, contro i “briganti”]… “Per trattare così i carcerati, meglio sarebbe fugilarli tutti che fargli morire a così lenta maniera, condizioni di brutalità assoluta”, tra “febbri, malattie, sudiciume e marciume”; diffusa la pratica di “cinghiate e bretelle, insetti che rodevano le carni, celle come loculi, catene con 18 maglie di ferro dai piedi al fianco e bastonature ignominiose” che spesso portavano alla morte o alla paralisi, “tavole di legno senza pagliericci e sudicie, umide e catene anche di notte” erano norma e prassi almeno fino al Codice Zanardelli del 1889, 18% la mortalità nelle carceri… Non sono notizie relative alle famose carceri borboniche ma alle meno famose carceri sabaude dagli inizi dell’Ottocento (v. “Informazioni Statistiche raccolte dalla Regia Commissione Superiore per gli Stati di S. M. in Terraferma. Statistica Medica”, vol. II, Stamperia Reale, Torino, 1847-1852 e v. J. Bossuto e L. Costanzo, “Le catene dei Savoia”, prefazione di A. Barbero, pp. 93, 153, 171, 196, 213).
Evidentemente in quegli anni le prigioni non erano alberghi a 5 stelle da nessuna parte e in quelle napoletane le condizioni non erano affatto peggiori di quelle di altri luoghi italiani e esteri. E qualcuno dovrebbe ricordare anche morti, deportati e incarcerati, a decine di migliaia, in tutto l’ex Regno delle Due Sicilie durante la cosiddetta “guerra del brigantaggio”.
4) POERIO? Significative e divertenti le antiche sintesi di Petruccelli della Gattina che, intanto, smentiscono molte tesi al pari di Settembrini e proprio non riusciamo a credere all’ipotesi “scientifica” (?) di una diffusa invidia contro… Poerio. “Il vero Poerio, ch’era divenuto grand’uomo grazie al ‘QUEL BUFFONE DI GLADSTONE’, credette veramente all’esistenza del falso Poerio, del personaggio fabbricato dai giornali durante dodici ininterrotti anni di articoletti romantici. Il trionfo di quella campagna fu così completo che tanto letterati quanto GLI SCRITTORI CHE NON CONOSCEVANO POERIO, LO PRESERO SUL SERIO e, cosa ancor più stupefacente, lo prese sul serio anche Cavour” (Ernesto Ravvitti, “Delle Recenti avventure d’Italia”, Venezia, 1864 e Harold Acton, “Gli ultimi Borboni di Napoli. 1825-1861”, Giunti, Milano, ed. 1997, p. 4 e cfr. Ferdinando Petruccelli della Gattina, “I moribondi di Palazzo Carignano”, Milano, 1862).
5) GLADSTONE? Senza entrare nel merito delle condizioni (terribili) delle carceri e delle periferie inglesi o dei massacri di centinaia di migliaia di persone durante la colonizzazione inglese dell’India (anche nei giorni nei quali Gladstone trovava il tempo di girare per Napoli), significative e divertenti le recenti sintesi di John Davis, uno degli storici più famosi al mondo e tra i più accreditati anche negli ambienti accademici”. Davis, infatti, ha chiuso per sempre la questione rivelando gli interessi personali di Gladstone tra gli zolfi britannico-siciliani: l’Inghilterra, quindi, condizionò il giudizio sui Borbone per interessi commerciali legati in particolare alla guerra degli zolfi oltre che politici. Lo stesso Gladstone, per Davis, non era in buona fede in quanto era stato “portavoce nella Camera dei Comuni per i mercanti inglesi di zolfo e, tra l’altro, in precedenza aveva scritto un resoconto più che positivo delle Due Sicilie”… (cfr, J. Davis, “Napoli e Napoleone”, 2014, (nota 24) e “The Gladstone Diaries”, a cura di M. R. D. Foot, Clarendon Press, Oxford, 1968, ottobre-novembre 1838, pp. 484-502).
6) “LA STORIA SI FA CON I DOCUMENTI”: esatto! E noi condividiamo in pieno questa tesi.
Prof. Gennaro De Crescenzo (“I FALSI DEL RISORGIMENTO”, presto in libreria).
P.S. Nell’immagine alcune incisioni relative a punizioni di militari inglesi (in vigore almeno fino al 1867).
Gennaro Dee Cresenzo