Megalomani abortivi
È tutta questione di… umanità.
Abbiamo ampiamente superato i 7,5 miliardi di individui presenti su questo pianeta. È la prima volta che un predatore di vertice come noi, un mammifero dalle dimensioni così evidenti, raggiungesse una popolazione così numerosa. E siamo così tanti perché abbiamo occupato ogni nicchia ecologica; ci siamo organizzati in società e culture altamente complesse e stratificate, per compiti e ruoli. Abbiamo fatto molte cose: inventato l’agricoltura, l’allevamento e l’industria, una tecnologia capace di spedire sonde al di là del nostro sistema solare. Senza contare il numero di lingue articolate con le quali trasmettiamo informazioni e ci tramandiamo culture. Abbiamo costruito metropoli, e infrastrutture che circondano il globo come la trama di un tessuto. Tutto questo porta due nomi: civiltà e culture.
Perché solo noi, Homo Sapiens sapiens, abbiamo espresso personalità del calibro di Leonardo da Vinci, Beethoven e Van Gogh? I nostri cugini più prossimi, quelli che ci hanno accompagnato in questo viaggio fino a poche decine di migliaia di anni fa, come i Neanderthal, non hanno nemmeno sfiorato un simile livello di capacità ed abilità cognitive. Allo stesso modo, nemmeno i primati non umani più vicini a noi, come le scimmie antropomorfe.
È vero: anche se non è tutto oro quello che luccica, qualcosa di speciale dobbiamo averlo, se Victor Hugo scrive i Miserabili e Lucio Fontana realizza i suoi tagli su tela. Eppure, assieme a questi geni dell’umanità, sono nati anche individui sanguinari che hanno agonizzato milioni di altri esseri umani, come Adolf Hitler e Stalin.
Qualcosa di speciale abbiamo certamente, nel bene e nel male. E pensate che da quando avete iniziato a leggere queste righe, la popolazione del mondo è aumentata di 10.000 individui. Abbiamo spesso violentato questo pianeta, nel tentativo di piegarlo alle nostre volontà e necessità, ma la natura riprende i suoi spazi, e certe manifestazioni catastrofiche ci avvertono sul pericolo che corriamo con i nostri tentativi di modificare il pianeta, secondo i nostri desideri.
Forse, giunti a questi punti, dovremmo capire quanto tutto questo comporti reali responsabilità.
Non solo questo pianeta è l’unico che abbiamo, per ora, a disposizione, ma anche noi stessi, come specie, siamo gli unici che possiamo sviluppare questa consapevolezza, verso di noi e verso gli altri. Una consapevolezza che dovrebbe condurre ad un più diffuso sentimento del limite, mentre sembra invece svilupparsi nella direzione di un abortivo sentimento megalomane, sempre più diffuso.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).