Tratto da “Storia d’Italia dal 1814 al 1863” di Luigi Anelli VOL. IV -Milano- F.Vallardi 1864 . pag 290
[…] Luigi Napoleone pretendeva che i ministri italiani, da buoni servitori, gli dessero quella obbedienza che voleva, e sdegnava che Ricasoli tentasse aprire que’ passi che a lui piaceva di tener chiusi.
Le parole di Ricasoli, severe senza insultare la Francia, accrescevano a noi gli animi, a lui la stima d’uomo che non soffrisse una politica sommessiva, nè temesse di parlar franco in difesa de’ nostri diritti a un potente, che troppo precipitosi avevamo levato a cielo come magnanimo. Non poteva egli dunque sì presto indietreggiare, e si pose alle opere di governo con forza singolare, almeno secondo ministro. Le provincie meridionali aggiungevano scontentezze sopra scontentezze: i briganti vi moltiplicavano; alcuni villaggi si levavano a sommossa, rapine, incendi, furor di sangue, eccidio d’uomini e di cose; la Corte di Roma, l’Austria, Francesco II, per quello che ne diceva la fama, erano istigatori di sì orride scene, inevitabili del resto perchè e nei soldati del governo e nei malandrini soperchiava un valore da barbaro. Buon numero di soldati borbonici, prigionieri a Fenestrelle, intorno a questi tempi ordivano feroce congiura; e il governo ben l’aveva scoperta e soffocata pochi momenti prima che scoppiasse; ma il fatto era tristissimo. Aggiugnevasi che le gazzette di Francia, chiamate liberali, propugnavano i nostri diritti di possedere Roma, e che lo stesso governo francese pubblicava una memoria che il cardinale Antonelli aveva mandato alle potenze cattoliche, lamentandosi che l’Imperatore Napoleone col riconoscere il regno italiano approvasse una rivoluzione, la quale aveva distratta la giustizia e traeva a rovina l’ordine sociale, ma soggiungendo chi il papa sperava nella religione di Napoleone, ed era pronto a tutte le pratiche di pace le quali lasciassero illesa la sovranità e le ragioni del pontificato. Era noto universalmente che per il pontefice unica pace era il racquisto degli Stati perduti; voler egli, sotto colore di riforme, preoccupare con innocue concessioni quello a cui la durezza de’ tempi poteva un giorno necessitare la santa sede costringendola a porre il principio dell’autorità a soggezione della rivoluzione…….
Ricerche a cura del Prof. Renato Rinaldi