L’abitudine
È tutta questione di… stile di vita.
Le attuali neuroscienze hanno dimostrato come la forza dell’abitudine, sia essa buona oppure cattiva, determini la formazione degli atteggiamenti mentali che andranno poi a configurarsi in atteggiamenti comportamentali.
Sono, in effetti, proprio gli atteggiamenti mentali che possono di volta in volta concretizzarsi in quelli contingenti comportamentali, a determinare la formazione delle abitudini, ossia di risposte quasi automatiche di fronte a stimoli che sono stati memorizzati dalla mente. Non a caso il termine abitudine deriva dal latino habitus, con il quale si indica una vera e propria forma di comportamento che si presenta al mondo e che riguarda la propria identità, ossia la propria persona. Sono proprio le abitudini ad essere dunque considerate importanti all’interno di un processo educativo, perché grazie alla loro configurazione in vere e proprie forme di risposte sia individuali che culturali, permettono il progresso generale di una data cultura.
La funzione fondamentale del processo educativo all’interno di una società è infatti quella di confermare, attraverso la tradizione, le abitudini che caratterizzano l’identità di quella cultura e favorire il loro superamento con la coltivazione della creatività. In questo modo, tradizione e creatività costituiscono la linfa vitale di qualsiasi cultura.
Il durare nel tempo non è però la caratteristica essenziale della tradizione (la stessa cosa vale per il costume), quanto lo sia invece il rito e la ripetizione, grazie ai quali si crea appunto l’abitudine.
“Ciò che è distintivo della tradizione è che essa definisce una specie di verità. Per chi segue una pratica tradizionale, le domande non hanno risposte alternative: per quanto possa cambiare, una tradizione fornisce sempre un quadro per l’azione che ben di rado viene messo in discussione. In genere le tradizioni hanno guardiani (saggi, preti, oracoli) che non sono equivalenti agli esperti: essi derivano la loro posizione e il loro potere dal fatto di essere gli unici capaci di interpretare la verità rituale della tradizione” (Giddens A, 1999, Runaway World. How Globalization is Reshaping our Lives, Profile Books, London, trad. It. 2000, Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Il Mulino Editore, Bologna, pg. 58).
Ecco, scritto questo, penso sarebbe interessante leggere cosa pensate voi, cari frequentatori di questo blog, rispetto alle idee espresse.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).