L’invenzione della coerenza
È tutta questione di… consapevolezza.
La percezione della propria identità come qualcosa di stabile è uno stato mentale, ossia una situazione della mente. E questa percezione è così importante che ogni individuo tende a difenderla strenuamente. Le società umane sono il risultato dell’aggregazione di menti diverse e dunque tendono a comportarsi seguendo lo stesso principio fisiologico.
Il risultato congiunto di queste due attitudini umane porta all’invenzione del concetto di coerenza, tanto caro sia all’Occidente che all’Oriente.
Cosa vuole dire essere coerenti?
Chiariamo subito che la coerenza è una percezione relativa al comportamento degli esseri umani in riferimento alle loro intenzioni, siano esse dichiarate oppure no. Il concetto di coerenza è dunque un modus pensandi che la mente umana utilizza per tenere sotto controllo tutti quei comportamenti che sono al di fuori della legge di causa-effetto e sono difficilmente controllabili.
In genere, e per essere più incisivo, parlo di invenzione del concetto di coerenza, proprio perché ritengo che con questa trovata mentale l’essere umano e una società riescano a gestire mentalmente ciò che appare difficilmente spiegabile. Trovare, in effetti, un concetto che ci tranquillizzi quando si è di fronte ad un comportamento molto strano, ci mette al sicuro da una serie quasi infinita di complicazioni.
Facciamo qualche esempio, per meglio chiarire l’importanza di questa invenzione concettuale e della sua utilità anche sociale.
Se dichiaro che mi realizzo nella professione che svolgo e poi la svolgo con un sentimento di totale insoddisfazione è evidente che sono di fronte ad un comportamento incoerente; se sostengo che ho sempre adorato i bambini e che ho dunque desiderato da sempre essere madre e poi non provvedo adeguatamente alla crescita dei miei figli, sono di fronte ad un altro comportamento incoerente, e così via.
Possiamo trarre da questi esempi almeno due fondamentali considerazioni.
La prima si risolve in una dichiarazione iniziale con la quale l’individuo esprime alcune sue posizioni mentali di partenza, come la realizzazione nel lavoro, nel primo caso, e il desiderio di maternità nel secondo. Siamo, cioè, in presenza di un precedente mentale, con il quale si affermano, ovvero si dichiarano, stati mentali precisi, oppure delle intenzioni altrettanto precise.
La seconda è conseguente al comportamento che disattende completamente le dichiarazioni iniziali. Si verifica, quindi, una vera e propria dissonanza nel comportamento, rispetto alle intenzioni espresse inizialmente, e ci troviamo di fronte a qualcosa di inesplicabile.
Queste sono le due considerazioni principali con le quali si invoca, e sempre a gran voce nella società, la presenza di una incoerenza, ossia di un atteggiamento che non è l’effetto logico, razionale, delle dichiarazioni precedenti circa il comportamento stesso.
Perché ho scritto tutto questo?
Potremmo rifletterci, ed ogni meditazione è sempre utile.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).