𝗡𝗮𝘀𝗰𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝗼𝘃𝗿𝗮𝗻𝗶𝘀𝗺𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗮𝘁𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲
Capisco la sinistra, i piddini, i grillini, leucini, che devono dissimulare la loro disfatta con l’arrivo di Draghi e giustificano la caduta della loro pregiudiziale anti-Lega con la conversione europeista di Salvini, facendo capire che sono cambiati i sovranisti, stanno ammainando le loro bandiere, mentre loro restano integerrimi custodi della loro coerenza e depositari ufficiali della linea di governo. Li capisco, i partiti campano così, si nutrono di queste menzogne propagandistiche, non c’è sconfitta elettorale e politica che non la vendano per una vittoria o una sconfitta degli altri.
Continua a leggere ⤵
Nasce il sovranismo compatibile
salvini meloni
Capisco la sinistra, i piddini, i grillini, leucini, che devono dissimulare la loro disfatta con l’arrivo di Draghi e giustificano la caduta della loro pregiudiziale anti-Lega con la conversione europeista di Salvini, facendo capire che sono cambiati i sovranisti, stanno ammainando le loro bandiere, mentre loro restano integerrimi custodi della loro coerenza e depositari ufficiali della linea di governo. Li capisco, i partiti campano così, si nutrono di queste menzogne propagandistiche, non c’è sconfitta elettorale e politica che non la vendano per una vittoria o una sconfitta degli altri.
Ma che lo facciano giornali, tv e analisti, presunti indipendenti e obiettivi – anche se fino a ieri hanno tirato la volata al Conte ter, sleccazzato la loro amica di sempre, la sinistra, e perfino i grillini – questa sì, è cialtroneria a mezzo stampa (e tv). Il regno del Cairo, per esempio, quel mondo di mezzo tra il Corriere e la Sette, dopo aver sostenuto il governo Conte, pratica da giorni questo sport: punta i fari sul tradimento di Salvini, la mutazione opportunistica dei sovranisti. E lascia in ombra il terremoto che ha colpito il grillosinistrismo e la loro vistosa disfatta. E salutano Berlusconi quasi come uno di loro, dimenticando vent’anni di attacchi feroci.
No, signori, stabiliamo una priorità dei tradimenti e delle riconversioni opportunistiche; il primo sconfitto è il fronte grillo-sinistro del Conte.3, quello della variante thailandese della sinistra di Goffredo Bettini e dei compagni di retrobottega, i voltagabbana raccattati, la maggioranza Ursula. E con loro, ha perso la faccia il fronte televisivo-editoriale che li sosteneva, incluse le propaggini giudiziarie, sanitarie e commissarie. Col M5S e il Pd è stata bocciata la linea del Conte Fuffa, che ci ha portati al commissariamento; sono stati costretti a un esercizio acrobatico di voltagabbana, diventando draghisti a oltranza dopo aver difeso ad oltranza il terzo governo Conte. Per Beppe Grillo, Draghi è addirittura un grillino. Cosa si fa per campare… Ora i grillosinistri pretendono di certificare chi è draghista doc e chi no…
La linea della discontinuità, della svolta, perfino l’invocazione di Draghi, erano sostenute da Renzi e dal centro-destra già prima che si profilasse la crisi. E quella linea ha prevalso al Quirinale. Mettiamo le cose in chiaro e stabiliamo la verità e la graduatoria dei fallimenti e dei mutamenti.
Dopo, solo dopo, si può parlare della mutazione salviniana e della biforcazione del fronte sovranista, tra la Meloni che tiene duro e la Lega che va a scompaginare veti, pregiudizi e partecipa alla pericolosa e inevitabile avventura del governo istituzionale, sotto l’ombrello europeo.
Certo, è un cambiamento rispetto al Salvini di un mese, un anno, tre anni fa. Non è poi una novità se si pensa che nel giro di poco Salvini è stato per il rosario, per Berlinguer, per la rivoluzione liberale, atlantista e putiniano. E non vado ancora più indietro. Diciamo che la Lega salviniana non è stata mai ferma. L’ultima svolta può non piacere a una parte dei suoi sostenitori, nel nome della comprensibile diffidenza per il regno della finanza, i tecnici e i banchieri. Ma è opportuna, è “realista”.
Se il sovranismo resta eterna forza di opposizione segue la sorte di Marine Le Pen, salva la sua pura coerenza ma non incide poi nella realtà del paese. Se viceversa vuol diventare forza di governo deve rischiare, molto, la sua coerenza, accettando di navigare nell’ignoto o peggio di accettare tregue, convivenze e confronti con chi è notoriamente avverso al proprio progetto. La politica non è il regno delle posizioni assolute e definitive; è sempre un agire in relazione a, in misura di, si rapporta sempre all’agibilità e ai paragoni, al grado di possibilità, alle circostanze. Deve sempre commisurare mezzi e fini.
Si sta dunque provando, e non è detto che la prova riesca, un sovranismo compatibile. Ovvero un sovranismo che tenga fermo al principio della sovranità e al primato degli interessi popolari e nazionali ma in un quadro non antieuropeista. Da tempo sostengo che è necessario affiancare al sovranismo nazionale un sovranismo europeo rispetto al mondo globale, alla geopolitica e alle superpotenze, al commercio, agli scenari mediterranei, ai flussi migratori.
Una scelta che dovrebbe investire anche Fratelli d’Italia perché rientra nel suo dna nazional-europeista; occorre aggiornare l’app del sovranismo e non bloccarsi, rischiando di ricadere all’indietro in una forma impraticabile di nazionalismo autarchico. Ferma restando la scelta più che comprensibile di tirarsi fuori dall’ammucchiata dragofila. Non per patriottismo ma per una legittima strategia politica.
Occorre un sovranismo maturo, lontano dal populismo demagogico degli inizi, che lo apparentava all’infantilismo radicale dei grillini. Più realista e capace di governare. Non si governa a cavallo di slogan e di comizi dei leader; ma selezionando – lo diremo fino allo stremo- classi dirigenti. Altrimenti i migliori, i bravi saranno sempre i tecnici. E non ci si potrà eternamente attaccare al fatto che i Bravi, manzonianamente, sono poi ceffi al servizio del Potere Infame. Perché così si resta in eterno bambini, all’opposizione. Restare sempre all’opposizione è una scelta coerente e rispettabile, è come tutelare la propria verginità. Ma poi non lamentatevi di non avere figliato.
Certo, l’ideale sarebbe un sovranismo in grado di sfidare i poteri forti interni e internazionali e vincere la sfida: ma ci vogliono spalle larghe, alleanze forti, leader titani, di statura storica. Neanche Trump alla fine ce l’ha fatta. Provate piuttosto a pensare a un sovranismo compatibile, meno ringhioso, più responsabile, con più senso dello Stato, più rigoroso e attento a ricercare e sostenere i migliori anziché i migliori agitatori delle folle.
MV, La Verità 11 febbraio 2021