Nordio smonta Facebook

“Da sito per comunicare a trappola per la privacy”: Nordio smonta Facebook

Nato il 4 febbraio 2004, il social network ha fatto le fortune dell’ideatore Mark Zuckerberg
Federico Garau – Lun, 01/02/2021

Nato per ricercare studenti con cui si era condiviso il percorso scolastico e divenuto mezzo fondamentale per spalancare una finestra sulla vita e le abitudini quotidiane di chi decide di farne uso, purtroppo spesso in modo compulsivo, Facebook si appresta a spegnere 17 candeline.

Era il 4 febbraio 2004 quando l’allora 20enne Mark Zuckerberg ed Eduardo Saverin racimolarono mille dollari per costituire una rete virtuale che permettesse agli studenti di Harvard di stabilire, mantenere o recuperare contatti coi propri colleghi. Fu sufficiente un mese affinché lo strumento ideato dai due si diffondesse anche negli altri atenei più prestigiosi.

Non senza ombre: violazione della privacy e violazione dei diritti d’autore furono solo due delle numerose accuse rivolte al sistema ideato dai due, che portarono alla nascita di problemi di tipo legale. Per Zuckerberg, racconta Carlo Nordio su Il Messaggero, arrivò anche la contestazione di evasione fiscale, gravissima negli Usa. Niente che non si potesse risolvere rapidamente con pubbliche scuse, accordi economici e risarcimenti. La macchina Facebook, che evidentemente faceva comodo non più solo agli studenti, era già lanciata a tutta velocità, e nel 2006 furono stabilite le prime norme: un valido indirizzo email e più di 13 anni di età. Dati sensibili in rete, preferenze degli utenti (anche di tipo commerciale), possibilità di controllare messaggi e pensieri espressi dagli stessi, in breve il social network dilaga e Zuckerberg si riempie le tasche abbondantemente, divenendo uno degli uomini più ricchi ed influenti del pianeta.

“I vantaggi sono evidenti. Ha consentito il ritrovamento di amici dimenticati, ha allargato gli orizzonti della curiosità e della fantasia, ha stimolato la discussione e gli scambi di idee, e ha colmato i momenti di solitudine del monotono quotidiano”, spiega Nordio. “Non sappiamo se all’origine di questo successo vi sia la nostra innata vanità, la pulsione ad esprimersi sui fatti propri o la curiosità morbosa di conoscere quelli altrui, o tutte queste cose insieme. L’uomo è, come è noto, un animale sociale, e ogni forma di estensione dei rapporti interpersonali deve, in linea di massima, considerarsi benvenuta”.

Tuttavia il passo dal tessere e mantenere rapporti con amici/parenti/colleghi lontani all’uso morboso del mezzo è purtroppo molto breve. L’esibizionismo innato in alcuni esseri umani spalanca infatti le porte a chi vive della vita degli altri, perdendo di vista la propria esistenza forse perché poco degna di essere vissuta nella sua quotidianità. Due elementi, il dare eccessivo da un lato e l’avere dall’altro portano lo strumento ad assumere una dimensione ossessivo compulsiva, in ambo i casi.

Pochi anni e Facebook diviene primario mezzo per superare i tradizionali sistemi di comunicazione, unitamente agli altri social network che si diffondono nel web. Utilizzato in modo positivo per far conoscere la propria attività e pubblicizzare i servizi da essa offerti, per comunicare con eventuali clienti o con colleghi di lavoro, da tempo ormai la piattaforma è diventata cassa di risonanza anche nell’ambito della politica, dell’economia e del commercio anche su vasta scala, oltre che terreno di confronto e di contrasti connessi alle principali tematiche.

“Così il sito, utilizzato in origine da giovani esuberanti e inventivi, è diventato un pulpito di iniziative politiche, di esortazioni omiletiche, di promozioni economiche, di suggerimenti finanziari, di divertenti videogiochi, di contrasti polemici e di scambi sentimentali”, puntualizza Nordio. “Ha sostituito gli augusti scranni dei parlamenti, dei governi e persino della Chiesa, per inviare messaggi ridotti nel contenuto ma incisivi nella rapidità. E qui emergono i pericoli. L’argomentazione ragionata, la vigilanza accorta, e la stessa proprietà lessicale sono infatti state sostituite, anche negli interventi più autorevoli, da grossolane banalità”, affonda l’editorialista. “Così l’immaginazione vagabonda si è spesso espressa in asserzioni categoriche e unilaterali, svincolate da ogni controllo critico. Soprattutto nei messaggi dei politici si è avuta l’impressione che gran parte degli intervenuti non sapessero dove stavano andando, ma che ci andassero convinti. Alla mutilazione del dibattito corrisponde spesso un’infinità di nulla, e il pensiero assente è surrogato da un vocabolario a prestito. Il dubbio, faro del saggio, è stato spento dalla irruenza polemica di interlocutori lontani e spesso tra loro sconosciuti”.

Tra le ombre più cupe risaltano i furti di identità, per fortuna talvolta comprensibili, che negli anni hanno minato rapporti interpersonali, economici e lavorativi, le truffe e quelle che spesso vengono bollate in modo arbitrario come fake news. Talmente arbitrario che nel più recente passato (vedasi ciò che è accaduto a Trump) c’è anche chi è intervenuto per bloccare la comunicazione di personaggi ritenuti scomodi, accendendo il dibattito sulla libertà di espressione.

Tra le categorie più a rischio, secondo i detrattori di Facebook, ci sarebbe la scarsa tutela nei confronti dei minori, spesso in grado di eludere il controllo dei genitori quando non sia l’eccessiva leggerezza di questi ultimi a spalancare loro le porte al mondo dei social. Challenge, pratiche pericolose, scambi di immagini intime o di dati sensibili, tutte cose che possono apparire un gioco a chi le pratica senza il giusto bagaglio di esperienza alle spalle o senza il controllo di una guida più matura. Tutti aspetti che possono portare pesanti conseguenze dalle quali è difficilissimo se non impossibile uscire non traumatizzati. C’è chi invoca più controllo con limite di accessi e regolamentazione dei contenuti, ma non è Facebook ad essere responsabile dell’uso che viene fatto dello strumento messo a disposizione. Il controllo dovrebbe esserci più a monte. “La pietra è magica nelle mani di Michelangelo ma fatale in quelle di Caino, e altrettanto va detto di questi siti: possono costituire indispensabili forme di comunicazione o degenerare in trappole insidiose. I gestori, e i governi, hanno tentato con più o meno successo di correggere queste anomalie e di limitarne i danni, ma questi accorgimenti, come gli antifurto, funzionano solo per un po’, e in pochi mesi la fantasia e l’abilità dei ladri, in questo caso degli hacker, riprende il sopravvento”, precisa Nordio.

I vantaggi potrebbero superare gli inconvenienti se il potenziale del social venisse sfruttato in modo coscenzioso e costruttivo, purtroppo non è sempre così. “La circolazione delle idee, anche delle più stravaganti e bizzarre, è comunque uno stimolo alla vivacità dell’intelletto. Le nostre uniche riserve riguardano, come abbiamo detto, l’intervento dei politici, perché la mutilazione del dibattito appiattisce i giudizi su formule irritanti e preconfezionate. Ma forse questo guaio è compensato dalla possibilità di accesso anche a chi non dispone di altre tribune, e questa molteplicità di intromissioni ci consente di confermare il detto del filosofo, che la stupidità politica è altamente imparziale”, conclude l’editorialista.