Da dove nasce la cancel culture?

𝗗𝗮 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗲 𝗹𝗮 𝗰𝗮𝗻𝗰𝗲𝗹 𝗰𝘂𝗹𝘁𝘂𝗿𝗲?
Ma in quale abisso ci porterà l’idiozia criminale che cancella ogni cultura e ogni passato, da Omero a John Travolta, passando pure per l’Amen, considerato stupidamente maschilista? Sarebbe facile indignarsi, inveire, scandalizzarsi e pure deridere quest’onda globale che parte dagli States ma arriva, eccome, pure in Europa. Ma dopo che ci siamo sfogati con una bella sequela di insulti, ci resta la magra consolazione di essere migliori di questa onda demente.

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Da dove nasce la cancel culture?

Ma in quale abisso ci porterà l’idiozia criminale che cancella ogni cultura e ogni passato, da Omero a John Travolta, passando pure per l’Amen, considerato stupidamente maschilista? Sarebbe facile indignarsi, inveire, scandalizzarsi e pure deridere quest’onda globale che parte dagli States ma arriva, eccome, pure in Europa. Ma dopo che ci siamo sfogati con una bella sequela di insulti, ci resta la magra consolazione di essere migliori di questa onda demente.

Proviamo a chiederci invece dove nasce questa cancel culture, con la preghiera preliminare di non tradurre “cultura della cancellazione”, come solitamente si fa, ma al contrario, “cancellazione della cultura”. Non ci può essere alcuna cultura dietro la pretesa di cancellare autori, pensieri e linguaggi. La cultura cancellata è a ogni livello e latitudine, se colpisce da Shakespeare a Fausto Leali, da Dante a Mister Bean, da Omero a Homer Simpson.

L’ignoranza è sempre stata maggioritaria sul pianeta, come la stupidità; ma diventa inquietante quando si fa potere, esprime “lo spirito del tempo” e quando a professarla e veicolarla non sono poveri analfabeti del popolino ma classi dominanti. Diventa preoccupante se i suoi sostenitori sono accademici come il professor Heather Lavine che insegna nella High School di Lawrence, o come l’insegnante antirazzista Lorena German, come il deputato democratico Emanuel Cleaver che inveisce contro l’Amen, e addirittura presidenti dem della Camera Usa come Nancy Pelosi che cancella il lessico primario delle famiglie, con l’aggravante di un’origine italiana pur sotto la peluria animalesca del cognome. Cito quattro personaggi ma ne potrei citare altri quattrocento, arrivando pure dalle nostre parti.

Ma la domanda resta inevasa: dove nasce la cancel culture, qual è il dispositivo mentale, ideologico, neuropsichiatrico che la induce a cancellare autori classici ritenuti sconvenienti, espressioni linguistiche, comuni o liturgiche, giù fino agli usi della vita quotidiana, sportiva, perfino filmetti come Grease? Ci sono precedenti, analogie, presupposti a quest’onda nichilista? C’è un nesso tra le idiozie poc’anzi segnalate e le precedenti epurazioni di culture e civiltà?

Per non inseguire la barbarie lungo i millenni, e risalire ad Attila, al fanatismo cristiano e musulmano che nei secoli voleva cancellare le vestigia pagane o delle altre religioni, fino agli orrori delle guerre mondiali, proviamo a limitare lo sguardo all’arco temporale della nostra vita. Cito almeno quattro tipi di cancel culture dagli anni Sessanta in poi: quella del fanatismo religioso che in nome del suo Dio vuol radere al suolo, desertificare, ogni altra civiltà, cultura, tradizione e religione: e nei nostri anni questo fanatismo è stato islamista più di ogni altro, con la distruzione di monumenti e chiese dedicati a Buddha e Cristo, alle civiltà antiche, templi e biblioteche. Poi la pretesa del totalitarismo ideologico che nel nome di un’utopia vuole abolire la realtà e ridurre il passato, come disse Mao Tse Tung, a una pagina bianca, e nei nostri anni questo fanatismo ha avuto soprattutto una matrice comunista, perché il nucleo del comunismo, lo dice Marx, è abolire la realtà. Quindi il suprematismo economico e tecno-militare che nel nome della potenza ha cancellato impunemente vestigia di civiltà in Medio Oriente, in Mesopotamia, ovunque, con l’imperialismo americano; si pensi solo alla guerra del Golfo, le bombe sui luoghi sacri o sulle opere d’arte, distruzioni e profanazioni. E infine, l’idiozia moralista del politically correct nata sull’onda del Sessantotto, oggi imperante, che cancella tutto quanto non rientra nei suoi paradigmi su gender, razze, sessi, linguaggi. Quattro diverse espressioni di un analogo abolizionismo radicale.

Qual è il loro punto in comune? Elevano un punto di vista – religioso, ideologico, imperiale, politico-morale – ad assoluto: tutto viene relativizzato rispetto a quel punto di vista, e tutto può essere rimosso e cancellato in suo nome. Mutano i riferimenti temporali: i fanatici religiosi sacrificano ogni storia e ogni tradizione altrui sull’altare dell’eternità del loro Dio; i totalitari politici sacrificano ogni altra cultura al sogno della società perfetta nel nome del futuro; i suprematisti compiono il reset della tecnica sulla cultura nel nome della potenza, decretando la fine della storia; i fautori del politically correct cancellano ogni passato e ogni tradizione non conforme al catechismo d’oggi. E si potrebbe aprire il capitolo “reset” nella Chiesa di Bergoglio… Nella loro diversità sono forme dispotiche, assolutiste, di cancel culture e tutte sussistono, benché modificate, nel nostro presente; ma l’ultima ci riguarda più da vicino. È forse la meno cruenta ma la più subdola, perché viene praticata nel nome della democrazia e dei diritti umani. Paradossalmente la salvezza di autori, filoni e tradizioni è risparmiata solo dalla loro ignoranza: se davvero sapessero cosa hanno sostenuto nel corso della loro vita e nelle loro opere tanti pensatori, artisti, scienziati, condottieri, perfino santi e martiri, oggi sarebbero all’indice, cancellati pure loro. Idem, autori insospettabili, tutt’altro che reazionari, come Voltaire, Marx e Gramsci, per citare alla rinfusa qualcuno.

La beffa aggiuntiva è che il sostrato ideologico del politically correct non è dogmatico, non crede alla verità, ma è relativistico. Ma è la dimostrazione sul campo che può essere instaurata la dittatura del relativismo; la negazione della Verità convive con la pretesa di avere ragione in assoluto, anzi di essere dalla parte della Ragione, senza possibilità di confutazione. Dai giacobini in poi.

Non so se vi consola o vi sconforta pensare che non viviamo però nel peggiore dei mondi possibili: cambiano le forme ma l’umanità coabita con questa follia da quando esiste. Certo, ci sono fasi cicliche, e noi ci ritroviamo in uno di quei momenti bassi. Non si muore di solo covid.

MV, La Verità 8 gennaio 2021