“Residente? Sì, ma dove vivi?”. Così scatta la trappola Imu
Una sentenza della Corte di Cassazione respinge la richiesta del Ctr abruzzese per una coppia che chiedeva l’esenzione dal pagamento dell’Imu ma con la residenza in Comuni diversi
Alessandro Ferro – Mer, 16/12/2020
Adesso c’è anche una sentenza della Cassazione che conferma: l’esenzione Imu sussiste solo nel caso in cui marito e moglie siano residenti ed abitino nella stessa casa.
Cosa dice la sentenza
Con l’ordinanza numero 285384 del 15/12/2020 è stato accolto il ricorso di un Comune contro una coppia che, nonostante vivesse nello stesso appartamento, aveva la residenza in Comuni diversi. Inutile, a quel punto, la richiesta di lei di essere esonerati dal pagamento dell’Imu. Ecco perché la decisione iniziale della Ctr (Commissione tributaria regionale) abruzzese di accordare questo beneficio è stata respinta dalla Corte di Cassazione.
La sentenza riporta che “la pretesa tributaria si fondava sul fatto che, nel periodo d’imposta, la contribuente e il di lei coniuge risiedevano in comuni diversi e che pertanto il nucleo familiare non dimorava nell’abitazione per la quale era richiesta l’esenzione”. Inoltre, si legge sul documento, è stato osservato che “la Ctr, alla stregua del disposto degli artt. 143 e 144 cod. civ., in difetto di primazia tra i coniugi, non poteva ritenersi che la dimora abituale della famiglia fosse quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche ovvero quella ricollegabile alle risultanze anagrafiche della moglie”. Sarebbe stato compito dell’Amministrazione finanziaria dimostrare che la contribuente avesse già beneficiato dell’agevolazione prevista per la prima casa con riguardo all’abitazione di residenza del coniuge.
“Denuncia illegittima”
La Cassazione ha definito “illegittima” la denuncia da parte del Ctr avendo ritenuto che la contribuente avesse diritto all’esenzione Imu per l’abitazione principale perché “nel caso in cui il soggetto passivo sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni d’imposta previste per la prima casa del soggetto passivo dall’art. 8, dlgs 504/92, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi”, come riportato da ItaliaOggi.
Un altro punto importante riportato sulla sentenza riguarda l’art. 144 del codice civile chiamato “Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia”, che specifica come i coniugi possano giustamente avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare altrove quella della famiglia ma quel che è “assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia”. Inoltre, per poter usufruire della detrazione prevista per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8, dlgs 504/92, “occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo (in applicazione di tale principio”.
A questo punto, la Ctr dell’Abruzzo dovrà riconsiderare il caso alla luce del principio affermato in sede di legittimità perché “non si è uniformata ai principi di diritto sopra enunciati, sviluppando argomentazioni non pertinenti rispetto alla valutazione giuridica ad essa demandata”. Insomma ai giudici è bastato porsi la domanda “dove sono residente e dove vivono” per stanare i furbetti dell’Imu.