C’è il prelievo sulle pensioni

C’è il prelievo sulle pensioni: “Perché è giusto tagliarle”

La Corte costituzionale ha ritenuto legittimi i tagli alle pensioni più elevate. Semaforo rosso solo per la durata del provvedimento
Federico Giuliani – Mar, 10/11/2020

Il via libera per la riduzione delle pensioni d’oro arriva direttamente dalla Corte costituzionale, a patto che vengano rispettati “i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità” e che la durata della misura non risulti “eccessiva rispetto all’ordinaria proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato”.

In altre parole, il taglio degli assegni previdenziali superiori ai 100mila euro approvato dall’allora governo gialloverde nel dicembre 2018 è stato bocciato soltanto in parte.
Le motivazioni della Corte costituzionale

Facciamo un passo indietro per ricordare il provvedimento targato Lega e M5s. Il duplice obiettivo di quella disposizione intendeva raffreddare la rivalutazione automatica per le pensioni più alte nel periodo compreso tra il 2019 e il 2022, e puntare su un contributo di solidarietà quantificabile in una riduzione del 15% per gli assegni compresi tra i 100mila e i 130mila euro e del 40% per cifre superiori ai 500mila euro.

La Corte costituzionale ha di fatto eccepito soltanto per la durata del provvedimento, il quale non potrà essere applicato ai prossimi cinque anni, come sperato dai gialloverdi, ma dovrà rientrare nel triennio. La sentenza n.234, appena depositata, parla chiaro: con la misura sopra citata non vengono violati i principi di ragionevolezza e proporzionalità visto che si garantisce “un seppur parziale ma non simbolico recupero dell’inflazione anche alle pensioni di maggiore consistenza”. Semaforo verde anche per il contributo di solidarietà, ritenuto “costituzionalmente tollerabile” poiché rispettoso del “criterio di progressività” e “fa comunque salvo il trattamento minimo di 100mila euro lordi annui”.

Dicevamo della durata del provvedimento. L’unico neo riguarda proprio l’arco temporale della misura, ritenuto “irragionevole per sproporzione”. Secondo i giudici siamo di fronte a una durata eccessiva rispetto “all’ordinaria proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato”, “all’estensione nel tempo degli obiettivi perseguiti dalla misura” e “disallineata rispetto al limite temporale dell’intervento limitativo della perequazione pur disposto nella medesima legge di bilancio”.
Il taglio e la stangata

La doccia fredda per i pensionati d’oro era arrivata già alla fine di ottobre. Già, perché le prime proiezioni parlavano di tagli annuali che oscillavano tra i 1.500 euro per chi percepiva un reddito da pensione di quasi 110mila euro all’anno e i 7mila euro per chi invece ne percepiva 140mila euro lordi l’anno. Una mazzata non indifferente che adesso è diventata realtà.

Per meglio capire su cosa si basa questa stangata è utile richiamare il concetto di perequazione. Ogni anno le pensioni vengono rivalutate, ovvero adeguate, all’aumento del costo della vita considerando i dati Istat – così da mantenere inalterato il potere d’acquisto con il passare degli anni – e l’andamento del pil (più sale e più alto è l’assegno).

In ogni caso la rivalutazione al 100% delle pensioni fino a quattro volte il minimo (importi fino a 2mila euro) non soddisfaceva affatto migliaia di pensionati, dato un aumento irrisorio compreso tra i 50 centesimi di euro e un euro. Allo stesso tempo i pensionati d’oro dovevano preoccuparsi di una ingiustizia non da poco. La stessa che adesso è a tutti gli effetti diventata realtà.