Giallo sulla parola cancellata

Giallo sulla parola cancellata: il dietrofront di Conte nel Dpcm

Nel testo definitivo del Dpcm scompare la delega ai sindaci dei coprifuoco locali. Conte fa retromarcia, ma ora è caos sulle competenze
Martina Piumatti – Lun, 19/10/2020

A poche ore dalla firma del nuovo dpcm è giallo sul testo definitivo. Durante la conferenza stampa di presentazione, nella diretta serale di domenica 18 ottobre, Giuseppe Conte aveva annunciato una misura che delegava ai sindaci la chiusura a partire dalle 21 di strade e piazze particolarmente frequentate.

La mossa, “venduta” dal premier come una risposta alla maggior autonomia rivendicata dalle autorità locali, non piace, però, ai primi cittadini. E subito si scatena la protesta dei sindaci che accusano il governo di giocare allo scaricabarile. Poi, magicamente, la misura incriminata sparisce dal testo definitivo del dpcm pubblicato sul sito di palazzo Chigi.
La norma annunciata da Conte

“I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti, consentendo l’accesso solo a chi deve raggiungere esercizi commerciali o abitazioni private”, scandisce il premier a palazzo Chigi. E la prima norma snocciolata da Conte, nella diretta serale, sembrerebbe confermare le indiscrezioni sul nuovo dpcm circolate nelle ore precedenti. “I sindaci potranno disporre la chiusura al pubblico dopo le 21 di vie e piazze dove si creano assembramenti…”, si leggeva in una bozza del testo, come riporta Adnkronos.
L’ira dei sindaci

La delega alle autorità locali della responsabilità di chiudere le aree a più alto rischio di assembramento fa infuriare l’Anci, l’associazione dei primi cittadini. E da Nord a Sud la protesta contro lo scaricabarile di palazzo Chigi è trasversale. “Il governo, senza nemmeno affrontare il tema nelle numerose riunioni di queste ore, inserisce in un dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabilità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica. Questo non lo accettiamo. Ci saranno le forze dell’ordine a controllare le aree pubbliche in cui sarà vietato l’ingresso e a riconoscere residenti e avventori dei locali? I cittadini non si sposteranno da una piazza a un’altra? Nei momenti difficili le istituzioni si assumono le responsabilità non le scaricano su altre istituzioni con cui lealmente dovrebbero collaborare. I sindaci sono abituati ad assumersi le loro responsabilità. Vorremmo che tutte le istituzioni facessero lo stesso”, tuona il sindaco di Bari e presidente dell’Anci Antonio Decaro. Al duro attacco di Decaro, si accodano a stretto giro anche il sidaco di Palermo Leoluca Orlando e di Firenze Dario Nardella.

Il dietrofront di Conte: ora è caos sulle competenze

È sempre Giorgio Gori in un nuovo tweet a evidenziare come, subito dopo la polemica dell’Anci, la norma sia stata tolta dal testo definitivo del dpcm. I retroscena, che trapelano da fonti governative, raccontano di una promessa notturna di modifiche al testo finale, fatta in una telefonata dallo stesso premier Conte al presidente dell’Anci Decaro.Ma tolto lo “scaricabarile” della responsabilità sui sindaci, non si specifica di chi sia la competenza. “Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento – si legge al comma 2-bis dell’art. 1 del testo approvato – può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private”. Insomma, messa la pezza allo scaricabarile lamentato dai sindaci, a palazzo Chigi si sono dimenticati di specificare a chi spetti l’istituzione di zone rosse a livello locale. A chiarire ci prova il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: “Nel Dpcm c’era una norma che richiamava espressamente i sindaci. Quella norma è stata smussata. Detto questo, se c’è un quartiere da chiudere lo decidono i sindaci e non c’era neanche bisogno di inserirlo nel Dpcm perchè è già così, è un potere dei sindaci”. Un specificazione che più che risolvere il caos sulle competenze ha il sapore di un ulteriore passo indietro.