Pensioni “stravolte” da gennaio

Ora fate attenzione all’assegno. Pensioni “stravolte” da gennaio

Probabile che l’impatto della pandemia in corso possa comportare un ricalcolo dei coefficienti di trasformazione, per ora non in programma
Federico Garau – Lun, 19/10/2020

Calcolo delle pensioni a partire dal 1 gennaio 2021, a breve entreranno in vigore le modifiche apportate ai coefficienti di trasformazione con Decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 1 giugno.

Il nuovo regolamento, tracciato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione col Ministero dell’Economia e delle Finanze, prevede un ricalcolo dei sopra citati coefficienti decisamente più sfavorevole per il calcolo della quota contributiva per quanto riguarda i pensionamenti per le annate 2021 e 2022.

Stando a quanto stabilito dalla oramai lontana legge Dini, il totale annuo delle pensioni viene calcolato moltiplicando la somma dei versamenti effettuati durante la carriera lavorativa (il cosiddetto “montante contributivo”) per un coefficiente che si incrementa col tempo, favorendo pertanto quanti vanno in pensione in età avanzata (“coefficiente di trasformazione”).

Tale coefficiente, quindi, muta sulla base dell’età in cui il lavoratore, che ha raggiunto i requisiti di pensionamento, abbandona l’attività lavorativa. Più è alta (il range è 57/71 anni) più aumenta il valore del primo termine. I coefficienti di trasformazione, che si basano sul calcolo delle aspettative di vita dei contribuenti, (e che al momento della loro introduzione con la legge Dini avevano un sistema di ricalcolo decennale), vengono ora rivalutati ogni 2 anni a partire dal 2019. I requisiti richiesti per il pensionamento, comunque, non saranno sottoposti a ricalcolo fino alla fine del prossimo 2022, dato che l’Istat non ha rilevato alcun elemento in grado di dimostrare un aumento della speranza di vita. Nonostante questo dato, comunque, come anticipato in precedenza, i coefficienti saranno diminuiti.

Questo ulteriore aggiornamento sarà effettivo per i contribuenti che andranno in pensione tra 1 gennaio 2021 e 31 dicembre 2022: la riduzione del coefficiente, per quanto ridotta rispetto al precedente ricalcolo proprio a causa del sopra citato rallentamento subito dall’aspettativa di vita, ci sarà comunque. Si va da un calo compreso tra – 0,33% fino ad arrivare al – 0,72% rispetto a quelli che erano i valori previsti per gli anni 2019 e 2020 (a parità, ovviamente, di condizioni anagrafiche).

Stando alle tabelle elaborate dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, ad esempio, nel caso in cui un contribuente riesca a maturare un montante contributivo di 300mila euro e decida di andare in pensione a 64 anni nel 2021, il calcolo della pensione annuale lorda sarà dato dal prodotto tra il “montante finale” ed il coefficiente di trasformazione che si ricava all’intersezione tra l’anno (2021) e l’età anagrafica (64), pari a 5,060%. Ovvero 300mila euro moltiplicato per 5,060%, che dà un totale annuo di 15180 euro lordi. Se il calcolo fosse effettuato entro la fine del 2020 la cifra salirebbe fino a 15249 euro lordi, quindi 69 euro in più.

Salendo a 67 anni come età di pensionamento entro il 2020 (sempre con un montante di 300mila euro) si arriverebbe a 16812 euro lordi mensili, un solo anno dopo significherebbero 87 euro lordi in meno.

Il sistema previdenziale, già in sofferenza, sembra indirizzato verso un periodo di ulteriori problematiche per quanto riguarda la copertura, ed in tal senso si può vedere la riduzione dei coefficienti. Se poi si considerano in anticipo (anche se non con precisione) quelle che potranno essere le conseguenze per il Pil a causa della pandemia Coronavirus e le eventuali rivalutazioni degli stessi coefficienti (non ancora in calendario) la preoccupazione pare giustificata.