Cambierà qualcosa?
È tutta questione di… consapevolezza.
Bene. Il popolo ha votato, sia al referendum che per eleggere i suoi rappresentanti politici ad alcuni governi regionali, provinciali e comunali.
Quali considerazioni evolutive ed antropologiche fare?
Dal mio punto di vista, che non è strettamente politico né partitico, sono essenziali ed esiziali le riflessioni.
La prima è che dovremmo smetterla, forse, di affermare che il voto ci fornisce l’occasione di essere rappresentati. Sappiamo, oramai in modo incontrovertibile, che questo non è affatto vero. Le antroposedie che ci rintronano con fiumi di parole e promesse irrealizzabili in campagna elettorale non hanno alcuna utilità per il benessere del nostro Paese, mentre, forse, in altri contesti culturali, potremmo pensare che un minimo di vergogna etica faccia la sua parte nelle coscienze di questi para-umani.
La seconda considerazione è riferita al referendum. Ora, gli italiani, che ovviamente non hanno letto mai per intero la Costituzione, hanno deciso di adeguarsi alla propaganda politica di coloro che tutto vogliono tranne che si rispettino le scelte elettorali. Con la scusa, infantile ed egocentrica (secondo la tradizione delle Cinque Stalle e delle Stalline Sinistrate), che si vogliono ridurre le spese e velocizzare l’iter legislativo, dovremo attendere riforme che non avverranno affatto in tempi brevi.
Se mai, avverranno, inoltre.
La mia ultima considerazione è che alcune forze politiche avranno occasione di meditare sul giudizio degli elettori, in positivo e in negativo. Ce n’è per tutti e nessuno escluso è privo di luce e di ombre. Fatto sta, sempre secondo me, che le scelte delle antroposedie, i loro nomi e cognomi, la loro storia esistenziale personale e plurale, dovrebbero essere considerati con maggiore attenzione dalle segreterie dei partiti. Tranne i sinistrati, che per tradizione voterebbero anche un pollo qualsiasi, purché garantisca l’accesso alla loro immaginazione politica e alle concretezze finanziarie ed economiche che tutti i polli assicurano, gli elettori che in alcune regioni italiane si sono per caso evoluti, tendono a votare soprattutto l’antroposedia, la sua apparente identità. E mi riferisco ai candidati del centro-destra, tendenzialmente penosi, e per nulla credibili, persino per un analfabeta.
In conclusione?
Continuo a credere che la migliore cosa possibile sia emigrare.
E, per coloro che restano qui, non resta che piangere e ridere.
Contemporaneamente.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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