Ugo Mancini – “Sotto la Cenere”

“Sotto la Cenere”, storie di ordinaria sofferenza per ricordare che l’8 settembre del 1943 è stato un giorno drammatico, pieno di incertezza e foriero di lacerazioni. È stato però anche il giorno in cui la gente è tornata a nutrire speranze dopo aver vissuto per anni di paure.

Dal prologo
“… Questa breve raccolta di racconti vuole essere semplicemente un tentativo di ricollocare le persone al centro delle vicende storiche, di ricordare che dietro un fatto, dietro un accadimento, si nascondono speranze e desideri, aspettative inebrianti e prefigurazioni inquietanti, esaltazioni e pentimenti, gioie e sofferenze. È un modo per ribadire che a fronte di poche persone che possono sentirsi padrone del mondo, e che pretendono di incarnare volontà cosmiche al servizio di missioni storiche, ne esistono un’infinità di altre che il mondo si trovano a subirlo, loro malgrado, ma che per questo non sono necessariamente inferiori alle prime, né sono di meno persone.
Sono storie che potremmo definire dei cosiddetti «ultimi», di quelli che in fondo costituiscono la stragrande maggioranza della popolazione di ciascun paese, di uomini e donne il cui universo esistenziale e interiore spesso è ignorato, se non negato, da chi decide per loro, della qualità della loro vita e persino della loro libertà o della loro morte. Sono storie di uomini e donne a volte facilmente sballottate da un lato all’altro dalla politica, per il loro bisogno di approdare a qualcosa di solido, ogni volta con l’illusione che sia finalmente giunta quella buona; disposte a credere, di più o di meno secondo il loro periodo e la loro attitudine, che esistano uomini speciali cui valga la pena di affidare totalmente loro stessi; non sempre vigili, quando sentono raccontare di destini storici, di oscuri complotti orditi da chissà chi ai loro danni o di presunte necessità nazionali.
Quelle che seguono sono ricostruzioni immaginarie di ciò che alcune coscienze potrebbero aver provato in occasione di fatti realmente accaduti e che nei resoconti della polizia del periodo fascista venivano ridotti a eventi freddamente descritti, come se dietro a tanti nomi non vi fossero altro che marionette o burattini; esseri dei quali si poteva disconoscere qualunque dignità e qualunque valore; corpi, quasi senz’anima e certamente senza diritti, da dirigere e manovrare in funzione degli obiettivi vicini o lontani che l’uomo solo al comando intendeva promuovere. […] I nomi sono nomi reali. I fatti sono realmente accaduti. Ciò che è di fantasia, ma relativamente, è l’universo interiore dei personaggi. Uomini e donne che per un ventennio si sono visti negare la dignità di essere persone; subordinati a indefinibili e fumosi interessi superiori per i quali hanno pagato spesso un costo esorbitante; ammaliati, a volte, da prospettive mirabolanti, solo per il bisogno di sfuggire alla miseria morale e materiale determinata dalla guerra e alimentata da un’ideologia fondata sull’odio e sulla sopraffazione dell’«altro».
Questa raccolta prova a ricordare alcune cose apparentemente abbastanza banali e scontate, ma che spesso si perdono di vista. La prima è che quell’«altro» può essere, o può diventare, chiunque di noi, quando le persone cessano di essere fine e diventano strumento della politica e quando la politica, mettendo in gioco eventi epocali, missioni storiche o presunti primati etnici o razziali, chiede fiducia in bianco e obbedienza.
La seconda è che, per quanto le persone possano essere disposte ad avere fede in un leader, per quanto possano trascurare inizialmente le contraddizioni su cui si fondano gli orizzonti mitici che vengono evocati, la realtà, nella dimensione della quotidianità, prima o poi riemerge, con più o meno forza, svelando l’ingannevolezza di simboli, di slogan e di figure abusivamente carismatiche.”

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