Innamorarsi in clausura

𝗜𝗻𝗻𝗮𝗺𝗼𝗿𝗮𝗿𝘀𝗶 𝗶𝗻 𝗰𝗹𝗮𝘂𝘀𝘂𝗿𝗮
È permesso innamorarsi a distanza di una Badessa in clausura? Innamorarsi senza sogni blasfemi e carnali, e senza pretesa di violare la casta rinuncia al mondo di una donna bellissima e carismatica con un passato colmo di amori, che si è ritirata in monastero ma è tuttora affascinante.

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Innamorarsi in clausura

È permesso innamorarsi a distanza di una Badessa in clausura? Innamorarsi senza sogni blasfemi e carnali, e senza pretesa di violare la casta rinuncia al mondo di una donna bellissima e carismatica con un passato colmo di amori, che si è ritirata in monastero ma è tuttora affascinante. Suor Maria Patrizia vive insieme ad altre sette clarisse dietro le grate del monastero di clausura di San Paolo. La chiamano Abbadessa, come è più rigoroso (perché deriva da abbate, poi in forma aferetica, decapitando la a, diventa badessa). Benché madre superiora, Maria Patrizia potrebbe essere figlia di alcune di loro, ormai curve e decrepite; è la più giovane del monastero. La Badessa è di una bellezza austera, magra e abbagliante, con una voce stentorea che sprigiona sicurezza. C’è chi trema al suo cospetto, quando lei, dalle grate, ti fissa negli occhi, ti prende le mani e poi ti dice: fa’ che la tua parola sia sempre creatrice. Il suo sguardo ti tiene in tensione come la corda di un arco; mai provato niente di simile. La sua mano “ha un calore particolare. Brucia. Suggestione? Può darsi, ma brucia”. Emana il fascino dell’altrove, la Badessa, una bellezza mista a rigore. Il suo carisma mette in soggezione, misterioso e cordiale. Esprime lontananza, eppure sorride. Riceve con grazia, non si nega agli incontri, ma s’intrattiene per poco, lasciando un calore nelle mani, nel cuore e un alone di luce filtrata dalle grate.

La Badessa Patrizia era una donna immersa nel mondo fino alle soglie dei quarant’anni; poi decise di cambiare radicalmente vita, prese i voti e presto divenne badessa per il carisma che emana e l’intensità della sua parola. L’Abbadessa non era amata in paese. Alcune donne di San Miniato dicono che l’abbadessa è diventata clarissa di clausura in età matura dopo aver rovinato molte famiglie, perché molti mariti si innamorarono di lei, quando era ancora la signorina B., una ragazza libera e non ancora votata a Dio. La sua clausura, per le maldicenti, è una punizione divina “per tutto il male che ha fatto prima”. Ne ha rubati di cuori, la Badessa, non si è risparmiata agli amori. Ma anche Agostino fu un amatore plurimo prima di diventare santo e filosofo.

Ora Madre Patrizia seduce nel nome del Signore e seduce le anime tramite l’udito e la vista. Sul sito del monastero, dove campeggia il suo nome, alla voce attività è scritto “vita contemplativa claustrale”. È dura la regola della loro vita quotidiana tra sveglie mattutine, preghiere, esercizi spirituali e silenzi totali. E così, a Dio piacendo, si ripetono i giorni. Vita sprecata? Ma chi fa cose più importanti e significative? Chi spreca la vita in modo diverso, tra carrelli della spesa e auto, zapping, telefono e web, più affanni e moine? Si, c’è eros, vacanze, divertimento, la cena fuori, l’aria aperta, gli spazi. Ma chi può stabilire la superiorità di una vita, se non la misura interiore? Se una vita è compiuta a misura delle sue aspettative, se una vita non va solo vissuta ma anche dedicata, se le va dato un senso…

La libertà, per Sartre, è una prigione senza muri; la prigione delle clarisse è una libertà senza corpi, per altri mondi. Certo, che scelta radicale la clausura. Fece bene a pentirsi Madre Patrizia o avrebbe dovuto seguire il corso del mondo e la sua bellezza, poi sfiorire e frenare il tempo con il lifting, le beauty farm e la dieta? A volte, la sera, penserà alla vita che ha lasciato, agli amori che ha seminato, alle notti remote, passate tra corpi, allegrie, e forse avrà voglia di piangere. Non mancheranno cedimenti, rimpianti, conati di gioventù, sussulti di corpi. Ma ogni vita sfiorisce a suo modo. La vita è colma di vuoti e di varie pienezze. Nella civiltà dell’ansia e della disperazione si può trovare la vita anche là dove si nega. Il monastero, dopo una vita nel mondo, è una via d’uscita, verso l’alto. Ma definitiva. È possibile tuttavia innamorarsi di lei, donna invisibile. Un amore incorporeo, distante, unilaterale, a sua insaputa, nella maestà del silenzio, versione arcaica degli amori ignoti e cortesi a distanza, al telefono, on-line. Parafrasando Carducci: “Badessa, cos’è mai la vita? È l’ombra di un sogno fuggente. La favola breve è finita. Il vero immortale è l’amor”. Il giornale 19 agosto 2010

MV, Il Giornale 19 agosto 2010