Marulli e quel romanzo in lingua napoletana
Posted by altaterradilavoro on Set 1, 2020
Marulli e quel romanzo in lingua napoletana
Dopo quasi 150 anni arriva per la prima volta in libreria «La notte de Piedegrotta» che uscì a puntate sui giornali nel 1873: un raro esempio in cui il dialetto fu trattato con dignità letteraria. Una storia tenebrosa di sciantose, di coltelli e un boss della camorra che insidia una ragazza ma lei sarà salvata.
Sono rari i romanzi scritti in napoletano dal primo all’ultimo rigo. In dialetto esistono poesie, racconti e raccolte di favole come Lo cunto de li cunti di Basile e Posillecheata di Pompeo Samelli. Tra i primi romanzi in cui è utilizzato solo il napoletano c’è La notte de Piedegrotta, di Giacomo Marulli, pubblicato a puntate sui giornali nel 1873 e oggi per la prima volta edito in volume dalla D’Amico editore (pagine 196, euro 15).
L’autore racconta una storia tenebrosa negli anni Cinquanta dell’Ottocento con protagonista un apparente filantropo, don Lionardo, che In realtà non ha un animo così candido, anzi si rivelerà come uno dei capi della «Società Camorristeca, alleggeratrice de le ssacche dell’autre de chello che s’era fatto nzettemana». Lui vuole violentare una dodicenne, dopo che il padre è stato ucciso la notte della festa di Piedigrotta e il fratello è stato incastrato per un furto mai commesso. La ragazzina è sola e indifesa: scatta così il piano di don Lionardo, che però non ha fatto i conti con Peppa, «femmena gnorsì, pecché matre natura quanno la scapoliaje da cuorpo a la mamma la facette nascere de chisto sesso, ma era auto che n’ommo: era na mastressa, na capodiece, na vera dottorona de lo quartiere». Sullo sfondo, una città «guappa e sciasciona», abitata da un popolo di diavoli e di angeli dove s’abbatte il colera ma basta una festa per tornare a credere nella vita. «Lo colera, chillo fraciello accossì terribbele e spaventoso» che senza fartene capì perfettamente niente, ntramente staje bello o buono e ghiette salute comme a no toro, t’arriva, t’attacca, e dinto a poche juorne, a poche ore, e cierte bote dinto a poche minute te scapizza, senza trovà ostacolo né de gioventù, né de salute, né de recchezza, né de mezze».
Non passa neanche qualche mese, che prima ancora che inizi Piedigrotta «se accommenzava a bedè pe Napole na folla de venneture, n’ammoina (…). Le primme ore de la marina, avarrisse visto pe tutta Napole crescere la folla, e non solide Cafune e de gente vascia ma de galantuommene, de signurine tirate a zuco».
Non poteva mancare, in un romanzo solo in napoletano, una pillola di saggezza: «comme ogne cosa, la cchiù seria che ce potesse essere, tene lo lato redicolo, e viceverza tutte le cchiù sceme teneno nfunno nfunno lo punto serio, che da janche e rossé che songo le fanno addoventà nere, e dinto a la resata e a la gioia, che te mettano dinto a lo core, te fanno iettà na lacrema amara e de dispiacere».
Il romanzo di Marulli è il primo di una lunga serie che vedrà tra i titoli anche Tropmann o l’assassino de na familia, fatto storico socciesso a Parigge l’anno 1869, anche questo ormai introvabile, ma degno di comparire in libreria a fianco di altri esempi di una letteatura che, solo negli ultimi anni, ha concesso valenza letteraria anche ai dialetti.
Il Mattino 16 febbraio 2019, pagina 36. Articolo di Ugo Cundari
Link per acquistare il libro
http://www.damicoeditore.it/1635-giacomo-marulli-la-notte-de-piedigrotta.html