Riflessioni di Maria Pia 2°

Stamane va così.
“Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro ancora si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia”. (Luis Sepúlveda morì il 16 aprile 2020 a 70 anni a causa del Covid-19.). Buongiorno, bella gente…

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“Exitus acta probat” (“Il risultato è la verifica delle azioni, Ovidio, Ars amatoria.) Non, quindi, Machiavelli, ma Ovidio propone questa massima filosofica, non politica. “Il fine giustifica i mezzi”, frase attribuita al pensatore fiorentino, ma in nessuna delle sue opere presente, se non in un tale esergo de Il Principe, dove il pensatore fiorentino afferma: “Nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo Stato: e mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati”. Una frase che significa tutt’altro… Credo che insieme a questo “falso storico”, un’altra bufala da rivedere sia il “profondo pessimismo (1,2 e 3)” di Leopardi. Ma pessimismo di chi? Degli uomini, di cui Giacomo conosceva bene l’animo corrotto e corruttibile, tanto da essere punito dalla natura, non certamente del suo animo che, nonostante tutto, “sguazzava” nell’Infinito”, era immerso nelle aspettative future, sapeva placare il suo cuore sfiduciato dall’amore; Giacomo che amava le sfogliatelle lisce e lo spumone e si divertiva con Antonio, un amico vero!!! La cultura è profondità, è conoscenza dei limiti umani, è affermazione dell’importanza della Storia degli uomini, per non ripetere errori già commessi. Ecco, io vorrei che i politici fossero “colti”, di una cultura della conoscenza, perché la cultura insegna a vivere, a rispettare gli altri, a badare alla sostanza delle idee e sopratutto a badare al bene comune dei cittadini, cosa rara e difficile, in quanto l’uomo è bisognoso innanzitutto di ascoltare il proprio ego, di caldeggiare i propri interessi, di portare avanti la propria superbia. Ecco perché credo che politica e cultura siano agli antipodi: l’una guarda troppo in basso, l’altra troppo in alto. Ed ecco perché tanti errori “perseverano” nei secoli dei secoli… (m.p)

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Poesie brevi? Beh, subito si pensa ad Ungaretti, o Quasimodo, o, se volessimo andare più lontano con la memoria Catullo, con le sue “nugae”, o Callimaco… Ebbene no, coloro che hanno scritto le poesie più brevi in assoluto sono Franco Fortini, Cassius Clay (so che state sorridendo) e Aram Saroyan. Franco Fortini, redattore del Politecnico e dell’Avanti, poeta in contrasto con il mondo e sopratutto con il suo collega Carlo Bo, dedica proprio a lui una poesia dal titolo: Carlo Bo”, composta di un solo verso: “No”, la poesia più breve mai concepita, che ha il sapore del dissenso. Non vi annoio con la spiegazione e passo oltre: Cassius Clay scrive la poesia: “Me, We”, “Io, Noi”, di sole due parole, che pronuncia durante una conferenza ad Harvard (qualcuno afferma che le parole fossero “Me Wheeee”, ma siccome Cassius era un po’ brillo, non si capì bene); Aram Saroyan, minimalista americano, supera il limite della brevitas e si concentra, partorendo: ” lighght”, “Luce-leggero/a”. L’intuizione poetica sta tutto in quel “gh”, perché quel segmento può essere allungato all’infinito. Bene, un “largo cappello”, per presentare una raccolta insolita di poesie “brevi”, a breve, per 2000diciassette edizioni. In tema “brevitas” vi saluto brevemente: by…by

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Mi perdo nell’aurora. Dimentico il nome di quel vuoto, laggiù, ma tu lo vedi? Quel perimetro grigio, che custodisce alberi dell’assenza? Quella bolla di sapone trafitta da un’unghia? La probabilità di un equivoco che si chiama Vita? Quella vulva gonfia come una ferita? Provi il mio stesso freddo, al pensiero di attraversare quello spazio breve tra una tomba ed un certificato di nascita? M’inganno. Sospinta dai rumori, dai motori, dagli umori… Poi, il caffè. (m.p.)

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