Sanificare tutto, pure la storia
Scusate se insisto, ma la violenta offensiva contro il passato, le statue e i personaggi storici è la prosecuzione della follia totalitaria e sanitaria con altri mezzi. Ed è l’applicazione retroattiva dei codici sanitari imposti dalla nuova religione. Cosa vogliono fare coloro che chiedono di abbattere monumenti e cancellare la toponomastica, riscrivere la storia e rimuovere chiunque abbia detto, fatto, scritto qualcosa che contravviene al catechismo presente sul razzismo, i neri, i gay, e così via? Cosa vuol ottenere la legge, criticata pure dai vescovi, contro l’omotransfobia che colpisce pure i reati d’opinione? Vogliono sanificare. Sanificare è il verbo giusto che riassume questi assalti alla realtà, alla libertà, alla memoria storica. Compiere una gigantesca opera di disinfestazione per depurare/epurare la storia, i suoi eredi e ogni difformità rispetto agli standard ideologici in uso. Codice rosso.
Sanificare è la nuova religione della purezza e la nuova traduzione della redenzione: se vogliamo liberarci dal male, dobbiamo compiere quest’opera di sanificazione. Naturalmente non tutto l’Apparato concorda con le punte estreme di questa ondata psicosanitaria che colpisce Colombo, Montanelli, i cioccolatini moretti e Via col vento… Ma quelle avanguardie di fanatici sono la punta estrema di una nuova religione che ridisegna l’umanità, la realtà, la vita, la civiltà, attraverso nuove profilassi, nuovi divieti e prescrizioni, nuove reti di protezione, nuove mascherine e museruole, nuove barriere di plexiglas applicate perfino alla mente. La dittatura sanitaria non distingue più tra il covid e il razzismo, concepiti entrambi come virus, manifestazioni della pandemia.
È una profilassi estesa a dismisura, col relativo vaccino “antifa” obbligatorio, che non si allarga solo dall’America all’Europa, ma anche dal presente al passato, minacciando pure il futuro. È un processo che richiede l’avvento di una religione, quella che dicevamo l’altro giorno: pugni chiusi, genuflessioni, penitenze. L’ossessione di sanificare è tipica dei regimi totalitari. Quando Mao Tse Tung fece la Rivoluzione culturale, che sarebbe poi costata decine di milioni di morti, deportati e rieducati, disse che avrebbe sradicato ogni passato dalla Cina e avrebbe fatto del suo paese una grande “pagina bianca”. Così i talebani con le statue di Buddha abbattute, i terroristi islamici contro Palmira (ma a volte anche gli americani con le loro bombe umanitarie su Ninive, Bagdad, Damasco, e ieri su città d’arte ricche di storia). Radere al suolo, fare tabula rasa sono gli atti supremi di questa religione sanitaria che vuole purificare, sanificare, azzerare ogni cosa.
La damnatio memoriae, l’iconoclastia e l’epurazione che si abbatte contro i grandi del passato, peccatori ante litteram contro il codice rosso religioso-sanitario, ci fa inorridire e anche preoccupare per gli sviluppi futuri e le ricadute sulla vita quotidiana. Ogni grandezza è disconosciuta se si adottano quei filtri e quelle barriere imposti da giudici dementi ed arroganti; capolavori, grandi imprese ed eccellenze condannati all’oblio e alla rimozione forzata.
Ma quali sono i meccanismi pseudologici della sanificazione? Ne avrei individuati tre. Il primo procedimento possiamo chiamarlo reductio: isolare nella vita di un personaggio una frase, un episodio, un aspetto riprovevole, scorretto se non imperdonabile e nel nome di quel particolare dettaglio della vita, dell’opera, dell’ingegno, prescindendo dal contesto, si cancella l’intero e si maledice tutto il resto, fino ad abbattere o decapitare la sua memoria.
Il secondo procedimento si riassume in un’operazione: negatio. È il negazionismo di ogni altro valore, realizzazione, eccellenza, genialità, nel nome del moralismo medico-legale o religioso-giudiziario; non c’è nulla al di sopra del canone e dell’osservanza integrale del codice rosso della purezza. Puoi essere il più grande artista ma non conta se maltrattavi una donna o un gay, se sfruttavi un nero, se insolentivi un rom o un ebreo. L’arte, la storia, la letteratura, l’estetica devono indossare i guanti, la mascherina, la cintura di sicurezza. Vagoni di artisti e poeti maledetti gettati nel rogo della vergogna e dell’oblio, peggio che ai tempi della caccia alle streghe. Non c’è capolavoro che regga di fronte all’infrazione commessa: distruggete Aristotele che difendeva lo schiavismo e considerava le donne inferiori; abolite Dante che dannava all’inferno i “pederasti”, era guerrafondaio e maltrattava i giudei.
Il terzo procedimento alla base della religione sanitaria si può riassumere nella parola chiave: dilatatio. Estendere la morale del presente al passato, giudicare parole, atti e giudizi di altre epoche con gli occhi, le parole e i pregiudizi del nostro momento, applicare il vigente codice ideologico a tutte le epoche precedenti, che avevano altre visioni del mondo, renderlo retroattivo e assoluto. È la presunzione che la civiltà, l’età della ragione e dell’umanità sia cominciata solo con noi, siamo superiori a tutti i predecessori; il resto è barbarie, preistoria animalesca, età oscura del peccato. Il presente dilatato all’infinito.
Le tre operazioni censorie – reductio, negatio e dilatatio – costituiscono il protocollo sanitario della nuova religione totalitaria. Il suo fine è la cancellazione della realtà e la camicia di forza, la camera sterile, fino all’eliminazione degli incurabili e di chi non si adegua. Chi aderisce alla nuova religione acquisisce automaticamente il diritto di giudicare la restante umanità e tutta l’umanità passata alla luce del suo credo e chiedere di sanzionarla.
Alla fine dobbiamo solo ringraziare l’incoerenza e l’inefficacia, la viltà e l’ignoranza, se la sanificazione non arriva fino in fondo, passando dal totalitarismo morale al totalitarismo applicato. Almeno per ora si limitano a sparare cazzate…
MV, La Verità 13 giugno 2020
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