da un post di Marina Benefico
Per carità, lungi da beceri luoghi comuni che ancora resistono dal 1861 ma una doverosa risposta (esperienza personale, peraltro) al consigliere comunale di Pavia, effigiato in tutta la sua banale autorevolezza nel Facebookino sotto, va data ed è questa, a questo link- http://www.vocedimegaride.it/html/Articoli/IndianaJones.htm
Indiana Jones
“ogne scarrafone è bello à ‘a mamma soja”!
Di fronte ai grandi misteri della Vita e della Morte, in quell’attesa che precede il manifestarsi del Prodigio anelato, l’uomo annulla se stesso e le sue paure, dimentico di sé e della sua fisicità, sospeso a mezz’aria tra la terra e il cielo. Con i piedi che bruciano all’Inferno e gli occhi immersi nel Paradiso. La realtà circostante, il mondo e le cose del mondo sbiadiscono d’immagini e di suoni ed il quotidiano diviene surreale, senza necessità di farsi qualche canna o di inocularsi acidi…
Marina aveva il terrore degli insetti. Alla vista di un solo scarafaggio, perdeva il controllo dei nervi. Non ha mai nemmeno ucciso uno scarafaggio, in tutta la sua vita, poiché non li avrebbe mai inseguiti per farlo – e non in rispetto ai principi induisti della sacralità della vita in ogni sua forma bensì per puro orrore – ma il rito “iniziatico” alla Setta degli Uomini Duri, prescelti dal dio Destino, prevedeva la prova di coraggio per meritare il Graal della Salvezza. Il miracolo. Come Indiana Jones, Marina, partì per la Cerca del graal; coppa mistica che avrebbe guarito il suo Re Ferito, Enzo, dal cancro.
Aris Zonta, grandissimo scienziato della Chirurgia II del Policlino San Matteo di Pavia sarebbe stato lo strumento divino, il grande Druido nelle mani del Dio della Vita, predestinato ad “iniziare” Marina, per salvare il Re Ferito. Il poverino, che autotrapiantava fegati e restituiva la vita e la speranza a molti, operava unicamente in ospedale, in un reparto privo persino di sala per la terapia intensiva; ricoverava i suoi pazienti operati nella terapia intensiva del più celebre reparto CardioChirurgia, previa novena al celebre Santo Curandero che ne era il più famoso Direttore nonché volto noto dei media.
Cosa ricorda Indiana Jones, di quel mese al San Matteo di Pavia? Gli scarafaggi! Drappelli, Plotoni…Eserciti di grossi scarafaggi ben pasciuti che avevano occupato tutta la Chirurgia II. Strisce interminabili di formicolanti zampette che scorrevano come stelle filanti infangate, all’impazzata, sotto i letti, sulle pareti, sui lavabi, persino sui fornelli della sala-cucina. Su e giù, giù e su……Ricorda le nottate insonni, con gli occhi fissi e attenti alle macabre fluttuazioni delle viscide serpentine di zampette e dorsi lucidi sul pavimento, perché non risalissero il sentiero dei drenaggi attaccati al letto del Re Ferito…..ma non aveva più crisi di nervi a tale vista, Indiana Jones; lei, era lì presente in solo spirito, in mistica adorazione, in virtù del prodigio a compiersi ed era perennemente in stato di trance da non rendersi nemmeno conto che tutti quegli scarafaggi non avrebbero dovuto esser lì. Non se la prese nemmeno quando un indigeno, ad una sua distratta domanda su quella presenza – nel momento in cui Indiana Marina valutava come controindicata l’insufflazione di Baygon e DDT nei pressi del letto di un ammalato grave – questi, rispose che gli scarafaggi facevano parte dell’habitat naturale pavese, data l’umidità della zona; ad esempio – diceva costui – se si smontassero tutte le macchine da caffè nei bar di Pavia, ne uscirebbero da sotto colonie intere : gli scarafaggi amano così tanto il caffè ed il tepore che sanno dare le macchine da espresso… “Ah!” fu tutto quanto riuscì a rispondere Indiana Jones e le vennero in mente i versi di quella canzonetta di Pino Daniele..”.. è proprio vero che ogni scarrafone è bello à ‘a mamma soja. A Pavia, li tengono pure per mascotte – meditava – a Napoli…sì ‘e putessero accidere…Beh, in Asia, addirittura li mangiano al posto delle patatine fritte.. Paese che vai, scarrafone che trovi!”. Ma aspettava il miracolo, Marina e non poteva perdersi dietro queste inutili chiacchiere da bar. Doveva pregare e pregare…per scovare la santa coppa il cui sangue avrebbe salvato il Re Ferito!
Il miracolo non ci fu, la coppa non fu mai trovata. Il Re Ferito morì. Discese per lunghi anni agli Inferi, Marina ed ora che si sta risvegliando dalla catarsi, solo ora – chissà perché – è in grado di realizzare che non era una cosa normale che vivessero in un ospedale del MITICO NORD tutti quegli scarrafoni. E’ troppo tardi, per denunciarlo? Era il “lontano” 1992, dello scorso millennio!
Marina Salvadore (A.D.2002)