Agguato ultrà a Potenza, ecco la mappa delle tifoserie più violente d’Italia
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Martedì 21 Gennaio 2020 di Gigi Di Fiore
«Un agguato premeditato da violenza tribale» dice il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, commentando 24 ore dopo la morte del sostenitore del Rionero, Fabio Tucciariello. E in carcere, accusato di omicidio volontario e lesioni aggravate, il melfese Salvatore Laspagnoletta, che guidava l’auto che ha investito la vittima, racconta: «Doveva essere un pomeriggio di festa, sono stato circondato da una cinquantina di facinorosi e assalito. Ho cercato di scappare accelerando». Tifoserie violente anche nel calcio dilettanti. Un mondo dove tensioni e denunce sono il 41 per cento delle totali censite dall’Osservatorio nazionale del ministero dell’Interno.
La tifoseria del Rionero era sotto osservazione. La partita con il Melfi nel campionato di Eccellenza era stata segnalata «a rischio» dall’Osservatorio. Come lo era stato l’incontro della coppa Italia dilettanti Lavello-Rionero del 29 dicembre. Nelle «determinazioni» dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, per queste due partite si invitava la Questura di Potenza a vigilare per evitare scontri tra le tifoserie. Non è un caso isolato: in ogni «determinazione», è inserito sempre un incontro «a rischio» delle serie dilettanti. Lo era, ad esempio, Afragolese-Frattese del 15 dicembre, o Arce-Sora del 22 dicembre. E si legge nel rapporto dell’Osservatorio, che fu voluto dall’allora capo della polizia, Antonio Manganelli: «Il dato sugli incontri monitorati nei campionati dilettantistici è in contro tendenza rispetto alle serie dei professionisti registrando un incremento».
Tra i dilettanti, dove lo sport dovrebbe essere amatoriale e l’impegno medio dei calciatori è di un paio di allenamenti settimanali, le gare con feriti sono aumentate del 55 per cento e i feriti tra tifosi sono il 90 per cento in più, passando da 20 a 38.
Alla Procura federale della Federazione nazionale calcio, per il settore dilettanti affidato all’aggiunto Marco Di Lello, la media è di circa mille procedimenti. Il sistema del calcio dilettante è una realtà di 66mila squadre per 12523 società e circa un milione di tesserati. Aumentano le aggressioni agli arbitri, le manifestazioni di razzismo verso calciatori di colore e di sessismo nei confronti di donne arbitro.
Nella partita di seconda categoria tra Folgore Acquavella e Atletik Torchiara giocata a Stella Cilento, un calciatore 32enne ha aggredito un arbitro ventenne ed è stato punito con un Daspo di 5 anni, come prevede il decreto sicurezza. Nel campionato di prima categoria, sono stati deferiti i dirigenti di una squadra di Torre del Greco per un tentativo di truccare una partita. Fabio Serafini, arbitro nella partita Equicola 2015-Polisportiva Quintilianum in provincia di Rieti, è stato colpito con una testata da un calciatore che lo ha stordito. «Rincoglionita, troia, femmina di merda» sono stati gli insulti lanciati contro la diciannovenne Sara Semenzin, che arbitrava a Bassano del Grappa la partita Marchesane-Real Stroppari. Un mondo dove la violenza domenicale viene spesso preparata e alimentata dai social con post in cui i tifosi si sfogano e si beccano a vicenda.
«I social sono diventati la nuova piazza, in cui proliferano le minacce tra tifosi, anche personali» dice Fabio Poli, direttore organizzativo dell’associazione italiana calciatori. E, se fino a qualche tempo fa nella classifica delle violenze nel mondo del calcio dilettanti primeggiavano Campania, Sicilia, Puglia e Calabria, da diversi mesi aumentano gli episodi in Veneto, Lombardia e Piemonte. Il 15 per cento degli ultimi casi di violenza censiti sono concentrati tra le province di Padova, Treviso e Verona. E non mancano i soliti «buuu» razzisti contro giovani calciatori di colore, come è accaduto a Koa Bosco giocatore del Rosarno nella terza categoria calabrese.
«Enorme clamore creato a dovere da chi non ha etica sportiva ed è vittima di tendenze vittimiste» ha scritto su Facebook l’Atletico Acquaviva rispondendo al Football Acquaviva che aveva ritirato la squadra durante il derby della coppa dilettanti pugliese e aveva scritto, sempre su Facebook: «Comportamento scorretto, antisportivo e violento dei calciatori avversari».
Uso dei social, appunto, con le partite che proseguono oltre il campo. Ma sulle tribune dei campionati dilettanti o giovanili spesso vengono alle mani i genitori dei baby calciatori. E si legge nel report dell’Associazione italiana arbitri: «La categoria più violenta nei nostri confronti è la seconda, seguita dalla prima e la terza. In seconda categoria si è arrivati a 109 aggressioni e, sommando le tre categorie dilettanti, si arriva al 55 per cento del totale. Per non parlare delle 63 aggressioni avvenute nei campionati del settore giovanile». Calcio minore violento, in una sorta di limbo dove molti si sentono meno controllati, liberi di aggredire. Proprio in quelle categorie dove il calcio dovrebbe essere ancora un divertimento, lontano da altri interessi. Non è così.
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