LA MORTE DI PANSA E QUELLE SUE TELEFONATE
Giampaolo Pansa, un altro grande del giornalismo italiano, altro faro per la mia generazione, è morto a 84 anni. Negli ultimi anni, gli recensii due libri nelle pagine culturali del Mattino e, ogni volta, alzò il telefono e mi chiamò per ringraziarmi. Quelle sue due telefonate, mai brevi né formali ma sempre bonarie, si rivelarono per me un’inaspettata occasione per delle interessanti conversazioni che durarono non meno di una decina di minuti. Furono scambi di idee: sul tema che aveva scelto per i suoi saggi-romanzo sempre di successo, sul giornalismo, sulla comune casa editrice (la Rizzoli), sulla sua scelta di sposarsi per la seconda volta con il sindaco che indugiò a parlare perchè “sposo Pansa e non dico neanche una parola?”, sulla decisione di vivere in provincia. E poi l’ironia nel definirsi “un vecchio collega”, con il tono di chi ha voglia di raccontarsi . Chi ha vissuto e iniziato a fare il giornalista, guardando a Biagi, Montanelli (con cui ha avuto la fortuna di lavorare al Giornale redazione di Milano), Pansa e tutti i giornalisti che lavorarono e fondarono quotidiani importanti (il Giorno, Repubblica, il Giornale), oggi alle prese con un sistema dell’informazione immersa in un altro mondo, sente un vuoto ancora più grande.
Gigi Di Fiore