La Francia e noi
È tutta questione di… responsabilità.
Che esista una profonda differenza fra la Francia, il grande Stato Nazionale storico, e noi, mi sembra cosa evidente, scontata e ovvia a dirsi. Ma, che noi, italiani, non si abbia avuto ancora la possibilità storica di produrre sentimenti nazionali a larga partecipazione, specialmente di fronte alla politica che fa quello che vuole per i propri vantaggi, rimane sempre doloroso da ammettere.
Certo, è questione storica. La Francia è Stato nazionale dal 1214, con la battaglia di Bouvine, mentre noi restiamo la penisola dei particolarismi, fino al 1861. In effetti, il popolo italiano è uno dei pochi che non ha realizzato una rivoluzione nazionale per diventare Stato, epoca romana a parte, anche se si è trattato di insurrezioni localizzate. Abbiamo avuto, in sostanza, guerre calate dall’alto (e mi taccio, solo rimembrando la Grande Guerra, quella che doveva essere lampo, con 16 milioni di morti…), e mai una vera e propria insurrezione popolare.
In Francia, infatti, stanno scendendo nelle piazze tutti, non solo i gilet gialli, ma la società civile, con individui appartenenti a tutte le classi sociali, contro la riforma pensionistica che il governo sta varando.
Noi, qui, abbiamo quella desolazione cognitiva e politica rappresentata dalle sardine, con un para-umano rappresentato dal loro esponente, e che a mala pena è in grado di parlare a slogan, frasi fatte, senza il minimo contenuto neuro-cognitivo evidente. Certo, dal mio punto di vista, più personaggi e movimenti di questo genere nascono e più si tolgono voti alla sinistra, regalando ulteriori chances (e tante, proprio tante…) al centro destra. Per fortuna, non tutti i giovani italiani sono come l’esponente sardinesco, il quale viene intervistato ovunque (e il trash acquista sempre più nuovi volti e mercato…), come fosse nelle condizioni di dire cose interessanti, nuove e prospettiche.
Il resto dei pesci italiani che rimangono a galla, oppure che tentano di farlo come possono, guardano tutto da lontano, mentre i nostri parlamentari (eletti da noi, peraltro, secondo modi e leggi elettorali sostanzialmente anti-rappresentative) voteranno a breve quello schifo di MES, la Legge Finanziaria ed altre amenità. E di una cosa siamo certi, ossia del fatto che il loro voto sarà sostanzialmente contro i cittadini, quasi tutti, e contro l’impresa che stanno affossando, mentre ancora una volta concediamo un prestito alla sfascio industriale dell’Alitalia.
Tutto tace, nessuno scende in piazza. Dunque, forse io stesso dovrei persino smettere di scrivere certe cose.
Ci penserò, seriamente.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).