E noi paghiamo…

E noi paghiamo…

Nicola Porro in esclusiva: “Siamo sommersi da tasse invisibili”
Intervista di Federica Ciampa
27 Novembre 2019

“Le tasse “invisibili” sono quelle che ci colpiscono tutti i giorni ma che, essendo mascherate, non sono immediatamente percepibili da chi le paga. In genere – e questo è il paradosso dei paradossi – vanno a colpire le persone con i redditi più bassi”. Tasse, manovra economica, infrastrutture, natalità in caduta libera, futuro del centrodestra. Di questo e di altro ne abbiamo parlato con Nicola Porro, noto giornalista e conduttore televisivo.

Dottor Porro, la manovra del governo giallorosso sembra colpire i liberi professionisti. Il centrosinistra pare essere di nuovo unito dal solito collante: le tasse. Lei, nel suo ultimo libro ha individuato una particolare tipologia di imposte: “le tasse invisibili”, che poi è anche il titolo del testo. Quali sono queste tasse?

Le tasse “invisibili” sono quelle che ci colpiscono tutti i giorni ma che, essendo mascherate, non sono immediatamente percepibili da chi le paga. In genere – e questo è il paradosso dei paradossi – vanno a colpire le persone con i redditi più bassi. Per esemplificare, ci sono delle tasse “invisibili” che riguardano l’ambiente, poi ci sono quelle che sembrano tasse sul reddito ma che, in realtà, sono patrimoniali. Non a caso il 10% di tutti gli introiti dello Stato deriva da tasse patrimoniali che sono sì “piccole” ma presenti in tutte le nostre attività. Qui ci sono delle tasse nascoste, che derivano dai comportamenti che lo Stato ci obbliga a tenere: dal seggiolino in macchina, alla certificazione energetica obbligatoria…Ecco, noi siamo sommersi da questa tipologia di tasse che si sommano alle tasse sul reddito, sui consumi, alle tasse patrimoniali che rimangono intatte e vengono chiamate con il loro vero nome.

Quindi, alla luce di ciò, quali sono le misure contenute nell’ultima manovra finanziaria che la preoccupano di più. Cioè, sono queste tasse o anche altre?

Sebbene il libro l’abbia scritto prima della manovra, essa è esattamente lo specchio di quello che scrivo: la manovra è alla ricerca di piccole fonti di entrata per poter coprire programmi di spesa che aumentano sempre di più. Di conseguenza, la spesa pubblica cresce e per finanziarla bisogna inventarsi queste micro-tasse, che sembrano piccole, però, alla fine, distruggono diversi settori: dalla plastica, alle auto aziendali, alle bibite. Riguardano anche i cosiddetti appalti perché stanno cercando di combattere l’evasione fiscale rendendo paradossalmente sempre più difficile la vita delle imprese.

L’ultimo rapporto Istat sui nati nel 2018 certifica, purtroppo, ciò che è risaputo: siamo un Paese che non fa più figli. Secondo lei è un problema solo culturale oppure c’è una ricetta economico-sociale che può risolverlo o, almeno, invertire la tendenza?

Secondo me c’è in primo luogo un problema culturale. Giusto per intenderci, quando l’Italia era molto più povera i figli si facevano! Così come ci sono Paesi molto più poveri dell’Italia che continuano avere una fortissima natalità. Quindi non è così scontato che la natalità sia legata alla situazione economica in cui ci troviamo. Oltre a questo aspetto culturale e sociale, però, vi è ovviamente la possibilità da parte dello Stato di capire come aiutare ad invertire questa rotta. Io non sono molto dell’avviso che lo Stato possa intervenire direttamente perché non può entrare nel nostro letto e nei nostri affetti. Tuttavia credo che, come minimo, la politica debba porsi questo problema, in quanto il nostro Paese in dieci anni ha perso 140 mila bambini e questo è il più grande problema del futuro.

Un altro problema nazionale sicuramente è quello delle infrastrutture. Ora tutti gridano a gran voce: “sblocchiamo i fondi”. Ma questi fondi ci sono e se si perché non sono stati sbloccati? Dobbiamo per forza aspettare tragedie oppure sfiorarle (vedi ponte a Savona) per mobilitarci?

Il problema delle infrastrutture non deriva dai fondi perché i fondi possono anche non esserci, dal momento che alcune infrastrutture si autofinanziano, attraverso, ad esempio, i pedaggi. Il problema delle infrastrutture deriva soltanto dal fatto che in Italia ci sono troppe regole, troppa burocrazia, un pessimo codice degli appalti e troppi interessi locali: riguardo a quest’ultimo proposito tutti sono buoni a fare le infrastrutture ma nel cortile dell’altro mentre a casa propria non le vogliono. Questa miscela è esplosiva! Questo è un Paese che muore non solo perché non si fanno nuove infrastrutture – che sarebbero necessarie, però non c’è un territorio che le voglia – ma soprattutto perché non si riescono a tenere in piedi quelle fatte tra gli anni ’50 e gli anni ’70, per il semplice motivo che la burocrazia e le regole che ci siamo dati sono talmente incasinate che nessuno ha la forza di volerle fare.

Passiamo alla politica in senso stretto. Che giudizio dà, nel complesso, al governo giallorosso?

È un governo che è nato con un pessimo presupposto: è un “governo contro” e non è un “governo per”. Dunque, come tutti i governi che nascono “contro” qualcosa, è un governo che, invece di pensare a realizzare la propria strategia politica – giusta o sbagliata che sia – per i prossimi anni, pensa a mettere in piedi tutte le operazioni possibili per impedire al proprio “avversario” di vincere le elezioni. Questo è sbagliato, in assoluto.

La figura del professor Giuseppe Conte si è innestata nel nostro consesso partitico senza troppe difficoltà. Nonostante i cambi di linea e di casacca, il professor Conte non batte ciglio. Non crede che l’emersione di una personalità tecnica e camaleontica come quella di Conte rappresenti una spia sulla qualità della nostra classe dirigente?

È esattamente così. Tutto ciò riguarda questo governo, ma anche quello precedente perché, parliamoci chiaro, non è che quello fatto da leghisti e grillini avesse in Conte un leader incontrastato. Anzi, era proprio figlio di quest’equivoco mostruoso. Quindi, si è cercato di fare un governo che, però, non era precisamente ciò che volevano gli italiani.

Invece, le Sardine secondo lei possono davvero seguire la stessa parabola del M5S?

Io non so cosa faranno le Sardine perché non ho ancora ben capito che fenomeno sia. La sinistra ha avuto molti fenomeni di piazza, tra “girotondi”, “viola” e “se non ora quando”: Tutti questi avevano, in realtà, un nemico più che una proposta. Anche il Movimento Cinque Stelle aveva un nemico, cioè la casta, la politica di destra e di sinistra. Tuttavia, alla fine, un’idea di fondo c’era: ossia un’idea di decrescita felice, di anti-casta e anche di tutela della piccola borghesia. Non so se queste Sardine riusciranno a passare dall’idea di essere “contro” all’essere un vero e proprio movimento politico. Poi, devo dire la verità, se leggo un manifesto sul quale c’è scritto che il diritto di parola spetta a tutti, ma il diritto ad essere ascoltati non può essere concesso ai populisti, l’idea è che questo sia figlio di quei movimenti che dicevamo prima.

Per quanto riguarda il centrodestra: secondo lei è in salute? E cosa potrebbe succedere se vincesse in Emilia-Romagna?

Sicuramente la Lega è in salute. Non so se il centrodestra, come aggregazione, lo sia altrettanto. E’ pur vero che a livello regionale i diversi partiti di centrodestra riescono a trovare un’intesa. E questo è un bel segnale per loro. Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna è un po’ prematuro capire cosa possa succedere, anche dal punto di vista elettorale. Io non darei per scontato nulla, né la vittoria di uno schieramento, né quella dell’altro. Sarà una partita all’ultimo voto. A mio giudizio, una cosa è certa: l’elettore, in questo caso, non voterà solo per l’appartenenza politica, ma anche molto per l’amministrazione della stessa Regione. Ecco perchè, in questo caso, trarne un significato politico nazionale sarebbe sbagliato.

Molti dicono che la politica attuale non ha più un pensiero. È d’accordo con questa affermazione?

Tutto sommato sì. La sinistra è un po’ alla ricerca della sua identità; il centrodestra è un po’ schiacciato dal sovranismo e, quindi, è chiaro non ci sia una grandissima identità culturale nei partiti. Devo dire che l’unico pensiero politico che è nato negli ultimi anni è proprio quello del sovranismo e del nazionalismo che tra l’altro, per un liberale come me, non è che sia un pensiero politico così originale, in quanto è apparso nei secoli passati. I fenomeni sovranisti sono nati negli Stati Uniti dove però non mi sembra che abbiano rotto gli schemi ideologici tipici dei Repubblicani e dei Democratici, così come stanno facendo in Europa tra socialisti e popolari.
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