LE VERITA’ RISORGIMENTALI DI ANDREA CAMILLERI
“Ma tanto per far passare ancora 5 minuti, le faccio una domanda: quando Garibaldi sbarcò a Marsala…”
“Coi vapori di Rubattino” si immischiò Padre Imbornone e rise.
“…quando Garibaldi sbarcò a Marsala lo sa quanti telai avevamo in funzione qui in Sicilia?”
“No”.
“Glielo dico io: circa tremila. E lo sa quanti ne restavano in funzione dopo l’unità?”
“No”.
“Meno di duecento, egregio amico”.
“Rubattino, Rubattino” canticchiò Padre Imbornone.
(Andrea Camilleri, “Un filo di fumo”, Sellerio 1997)
…omissis…
Si innesta in Un filo di fumo anche la lezione del romanzo meridionale postunitario, da Verga e De Roberto all’imitatissimo Tomasi di Lampedusa. Può darne un’idea un semplice elenco di personaggi, motivi, situazioni a cui farà da premesa la constatazione che il ricordo di Ariosto e Tasso funzionava, sia pure in altri modi, già nel Gattopardo i cui eroi (o antieroi) amorosi sono Angelica e Tancredi. In Un filo di fumo, come nei romanzi siciliani precedenti, ci sono i borbonici e i liberali; la repressione piemontese e la banca romana; la frusta con cui il Duca Santo e Stefanuzzo si autodisciplinano e il pagliaio nel quale le ragazze di paese sono disonorate e persino uccise; il piemontese Lemonnier, osservatore stupito delle stranezze locali, il quale imita Chevalley, e il servo fedele Blasco Moriones, animato da un duplice contrastante sentimento di amore e avversione nei confronti del padrone, che riproduce qualche tratto di don Ciccio Tumeo, compagno di caccia del Gattopardo; il principe folle rapito in un Sogno assurdo e il pretaccio involto nei diletti della carne; la contrapposizione di censo e cultura fra padre Cannata e padre Imbornone, visibilmente trasferita nell’antitesi delle due chiese di Vigàta; la figura del coniuge che considera il sesso peccaminoso tanto da usare con l’altro «una volta al mese» senza sfilarsi la camicia da notte (Stella non si faceva vedere l’ombelico dal principone) e la figura del popolano venuto su dal nulla, il self made man, come è detto con ingiustificato anacrostico termine moderno (p. 28), che mi pare scimmiotti lo snob del Gattopardo, ecc.
(pubblicato su Italianistica, anno XXVII, n.1, gennaio-aprile 1998)