LA SCRITTURA DEI GIORNALISTI SECONDO SCARFOGLIO
I giornali sono scritti malamente, perché molti giornalisti, dandosi (come i letterati) con leggerezza e impreparati alla professione dello scrittore, non sanno scrivere diversamente; è falso che per ragioni di tempo e di pubblico devono scrivere diversamente. Scrivendo l’italiano vero e puro, adoperando le parole proprie ed acconce, si ha come effetto massimo la chiarezza. Ora che qualità può nel giornalista essere maggiore di quella?
(Edoardo Scarfoglio, conversazione con Ugo Ojetti, giugno 1895)
Scarfoglio “borbonico”? Un secolo fa moriva il fondatore del Mattino
di Gigi Di Fiore
L’anniversario cade di venerdì. Il sei ottobre 2017 sarà passato un secolo dalla morte di Eduardo Scarfoglio. Fu il fondatore, insieme con la moglie Matilde Serao, del Mattino di Napoli. Il primo direttore.
“Scarfoglismo” venne definito lo stile di scrittura ridondante e polemico, che fu proprio del giornalista nei suoi pungenti articoli di fondo. Spesso si firmava “Tartarin” e bacchettava, forte del successo di vendite del giornale fondato nel marzo del 1892, i politici e i potenti di allora. Fece molte battaglie, a difesa del Sud. Allora furono anche accusate di provincialismo, o scambiate per nostalgia verso il passato periodo borbonico della Nazione napoletana.
C’era provocazione in quegli scritti, nel periodo in cui l’Italia liberale, alla fine dell’800, faceva i conti con le nascenti proteste socialiste, con gli scioperi, con un governo repressivo che, ad onta dello Statuto albertino, non lesinava sequestri di giornali sgraditi al governo. Il Mattino ne fu vittima frequente. Nelle critiche ai governi del generale Luigi Pelloux, o del marchese Antonio Starabba di Rudinì. E poi anche nelle sferzanti sciabolate alla dinastia Savoia e al suo giovane re Vittorio Emanuele III, o agli interessi dei gruppi industriali del Nord, accusati di smantellare pezzi di fabbriche meridionali per trasferirli ad arricchire gli opifici del Nord.
Quest’ultima battaglia venne citata anche da Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere e portò ad una estesa protesta degli imprenditori del Nord, che minacciarono una secessione (sic!). Ma uno dei sequestri più famosi del giornale fu quello del numero del primo agosto 1898. Era ancora re Umberto I di Savoia e il governo era guidato da Pelloux. Scioperi e fame imperavano, tuonarono i cannoni della repressione a Milano, facendo decine di vittime.
Scese in campo Il Mattino e, seguendo una tradizione felice, dettò la sua linea con una poesia del poeta, giornalista, scrittore (fu anche il primo capo cronista del giornale) Ferdinando Russo, di cui a gennaio si è celebrato l’anniversario dei 90 anni dalla morte. Con ironia, scrisse ‘O pezzente ‘e San Gennaro. Una poesia che faceva un raffronto tra il passato delle Due Sicilie e l’attualità del governo italiano. Con accenti nostalgici: “Ah mannaggia Calibarde! Francischiello, Francischié…’O Cuverne ‘e Taliane? Belle ccévoze annevate! Neh, c’avimmo guadagnate? Ccà so tutte comm’a mme! Uh mannaggia lu Sissanta! Francischiello, Franceschié!”
Il sequestro fu immediato. Una squadra di polizia si presentò alla redazione dell’angiporto galleria, pretese che i caratteri della poesia fossero scomposti e notificò a Ferdinando Russo un avviso di offesa alle istituzioni. L’Italia liberale vincitrice del Risorgimento si sentiva presa in giro, su uno dei più diffusi giornali del momento. Scarfoglio prese le difese di Russo, in un articolo a firma Tartarin: “Ho la disgrazia di contare fra i miei redattori un anarchico spaventoso, un Rachavol redivivo…Quello scellerato si chiama Ferdinando Russo, poeta a tempo perso, ma di mestiere propriamente cospiratore, e lavora con accanimento infernale e con successo inaudito per rovesciare il trono, l’altare e le fondamenta stesse del nostro edificio sociale. Egli è tanto più pericoloso in quanto si era sin qui nascosto sotto le spoglie di un innocuo vate piedigrottesco”.
L’ironia non mancava a Scarfoglio. Il Mattino fu sequestrato ben 16 volte dal 1896 al 1899. L’Italia liberale non si dimostrava troppo liberale con chi non la pensava come il potere dominante. E Scarfoglio diede fastidio, contribuendo non poco a rovinare il sonno a diversi presidenti del Consiglio. Lo bollarono anche come “borbonico”. Fu solo un polemico giornalista di successo, su cui i giudizi sono stati molto eterogenei. Di certo, fu un protagonista dei suoi tempi. Fino alla morte 100 anni fa, il 6 ottobre 1917.
Martedì 26 Settembre 2017, 12:02