Milano lercia
È tutta questione di… sporcizia.
Il modello di integrazione multiculturale dei nostri progressisti, per intenderci il #PD, è meravigliosamente evidente, perché sotto gli occhi di tutti e direi che funziona benissimo in tutta la nazione. Lo capiamo chiaramente da questo articolo.
Ora, io non so a quanto ammonti l’emolumento di un politico, in una città metropolitana come Milano, oppure in una regione come la Lombardia. Verrebbe però spontaneo proporre a questi personaggi, così umanitari nei confronti della povera gente abbandonata per le strade, di decurtarsi parte del loro stipendio per investirlo a loro favore. Però, noi sappiamo che, da sempre, la risposta progressista è: “Non ci devo pensare io, ma è compito dello Stato“! E, in linea generale, posso persino essere d’accordo con loro. La questione è che lo Stato siamo tutti noi e che non possiamo permetterci di giungere alla stazione di Milano, senza incorrere in questi meravigliosi edificanti paesaggi.
Come è possibile che la cittadinanza sia nelle condizioni mentali di credere in un’integrazione di questo tipo? Come è possibile che gli italiani, i milanesi e i turisti, possano tollerare questo degrado esistenziale ed umano, in nome del denaro che scorre nelle casse di coloro che stanno lucrando su questa povera gente? Questo tipo di domande dovrebbe far parte della riflessione ideologico-politica di questa nostra compagine partitica e che, in modo sempre più originale, si definisce Partito Democratico.
Io proporrei un esperimento socio-antropologico.
Non interveniamo assolutamente in questa situazione. Lasciamo che il degrado continui. Lasciamo che il livello socio-sanitario delle nostre piazze italiane peggiori. Lasciamo che tutto resti così, affinché continui a sopravanzare il peggio. D’altronde, quando interviene la magistratura, dopo qualche giorno siamo di nuovo punto a capo. Potremmo persino risparmiare molti soldi dei contribuenti.
A cosa andremo incontro? Ad una sorta di anarchia di Stato, che mi sembra già in atto, specialmente nei confronti di situazioni simili a queste, come l’abusivismo abitativo, i campi rom, la spazzatura romana, e così via. Ed ho l’impressione che questo atteggiamento anarchico, al di là delle cabine elettriche ferroviarie, si stia facilmente facendo strada.
Certo, sarebbe molto più produttivo, come accade in Toscana e in Emilia, alimentare le cooperative sociali, oppure le case famiglia, in grado di accogliere queste persone, e tutto sarebbe funzionale ovviamente a ricevere voti. Bene, e ben vengano i voti! Se in nome dei voti riuscissimo ad avere un maggior igiene per le strade, e a vedere esseri umani che conducono una vita almeno un poco decorosa, sarebbero benvenuti anche i voti.
Intanto, fermiamo questa immigrazione demente, in cattiva fede ed oltraggiosa.
Un insulto alla dignità umana, almeno in Occidente, tanto per noi quanto per chi arriva.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).