Adempimento di due Promesse

COPERTINA Adempimento_di_due_promesse

Ricerca e elaborazione testi del Prof.Renato Rinaldi Da:”Adempimento di due Promesse” Napoli 1865

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…omissis…

Anche qui si è parlato del voto delle popolazioni e delle aspirazioni nazionali. Non vi è stata mai più flagrante menzogna.
Si disse che Vittorio Emanuele era entrato negli Stati napolitani chiamatovi dai plebisciti popolari. Le date e i fatti dicono il contrario. Il plebiscito è del 21 ottobre, e la invasione di Cialdini nelle terre napolitane è del 18. – –
Questo plebiscito avvenne nel modo seguente.
La stampa piemontese (come a Firenze) dichiarò traditore della patria e degno della pubblica vendetta chiunque osasse votare contro l’annessione.
In pari tempo, sicarii, esciti dai bagni, percorrevano le vie, armati fino a denti, minacciando del pugnale, e gettando schede nelle urne a piene mani! «L’immensa maggiorità dei votanti si componeva d’individui stipendiati dall’ oro piemontese, dei volontari di Garibaldi, e di sciagurati che cercavano l’impunità nella vendita del loro paese. Infelice paese, quanto indegnamente venduto, altrettanto vergognosamente comprato (Lettere d’ Ulloa). Ed ecco ciò cui si diede il nome di voti della nazione italiana e del popolo napoletano! –
Due mesi dopo questo derisorio plebiscito , il Piemonte fa procedere alla elezione dei deputati, E’ che avviene ? « Nel quartiere del Mercato, a Napoli, che contiene 180,000 abitanti, il sig.Paolo Cortese è stato eletto con 43 voti che gli hanno assicurato la maggioranza, non avendo che il suo competitore ottenuto che 41.

In un altro collegio, non si riunirono che sessanta elettori. Nel momento della elezione dei corpi municipali, le sale restarono vuote. A Napoli non vi ebbero che 800 elettori sopra 500,000
abitanti. Nè i Napolitani protestarono solamente coll’astensione, protestarouo anche colle armi. Napoli e tutte le annesse provincie furono poste in istato d’assedio.
E qui comincia una serie di atrocità, di cui la Storia del Terrore può solamente dar un’idea.
Cialdini apparisce il primo, facendosi precedereda questo proclama: « Annunziate che farò fucilare tutti coloro che prenderò colle armi alla mano; oggi ho già cominciato. » Pinelli: « Soldati, siate inesorabili come il destino…. Purifichiamo col ferro e col fuoco queste regioni infette dall’immonda bava dei preti. » Galateri! «Vengo per esterminare i briganti… Tutti si armino di falci, di forche, di tridenti, e gl’inseguano da per tutto… Chiunque darà ricovero ad un brigante sarà, senza distinzione d’età, di sesso, di condizione, fucilato…. » Briganti, è il nome che d’ora innanzi i Piemontesi impongono ai Napolitani, i quali non vogliono saperne di essi.
(Delle presenti condizioni del reame delle Due Sicilie, per Ulloa. Lett. Catt fasc. i 1. i 2.”).
Ciò doveva essere: dacchè i Piemontesi non si assumevano per loro stessi questo nome, dovevano darlo ai loro avversari. Gli altri capi piemontesi, Nigra, Fumel, ecc., lanciano da parte loro dei proclami, che hanno strappato un grido d’orrore allo stesso John Russell, e dei quali un deputato italiano, il sig. Nicotera, disse dalla tribuna italiana: “I proclami di Cialdini e degli altri capi sono degni di Tamerlano, di Gengis-Kan e di Attila.”
Ed i proclami si eseguiscono alla lettera : le colonne piemontesi lanciate per ogni dove nel paese, riempiono le provincie napolitane di rovine e di sangue. « Ho visto, diceva il deputato Ferrari, reduce d’un viaggio nelle provincie napolitane, un anno dopo l’annessione, ho visto dodici villaggi incendiati.. ho visto le rovine di Pontelandolfo, città di cinque mila anime, e di Casalduni, città di sette mila (confessioni e menzogne, per G. Palomba. Londra, 1863.)…. » .
A Pontelandolfo, trenta infelici donne che si erano rifugiate a piè d’una croce, furono senza pietà trucidate (ibid). Dopo aver dato alle fiamme queste due città, Cialdini scriveva: «leri mattina, all’alba del giorno, è stata fatta giustizia di Pontelandolfo e di Casalduni. » La stessa rigorosa giustizia era stata fatta eziandio a Castellammare in Sicilia. Il sig. Fumel fucilava i prigionieri a centinaia, ed a Torino lo si chiamava il “Salvatore delle Calabrie” Ho inteso il sangue salirmi in volto, gridava il deputato calabrese Miceli, quando ho letto che il colonnello Fumel aveva salvato la provincia di Cosenza fucilando 350 prigionieri.»

Il 29 novembre 1862 anche il sig. Ferrari diceva: «Ora, signori, sappiamo che si fucilano, che si arrestano intiere famiglie, che vi hanno detenuti in massa. E una guerra da barbari ! Se il vostro senso morale non vi dice che voi camminate nel sangue, più non vi comprendo. E ciò che dico del regno di Napoli, lo dico ancor della Sicilia : “à ancora prigioni, esecuzioni, fucilazioni senza processo…. È un sistema di sangue… ma non è già con rivi di sangue che si può rimediare al male…. Nel Sud dell’ Italia, non si esce da un sistema di sangue, e tutti coloro che indossano un cappotto si credono in diritto di uccidere quelli che non lo portano.”
Queste parole furono citate dalla tribuna inglese dai membri del parlamento britannico, in una memorabile seduta, che lord Palmerston chiamava l’avvenimento della sessione e dove il signor Bentinck ed altri onorevoli membri della Camera dei Comuni protestarono , a nome dell’onore inglese, contro un’atroce politica, che il governo d’Inghilterra aveva troppo glorificato. Cento dieci mila piemontesi erano e sono ancora occupati in questa guerra. E di tal maniera che l’anno seguente, 31 luglio 1863, un altro deputato, Averrano, gridava al parlamento piemontese. « Le atrocità che durano da due anni, ed in cui il governo sembra riporre ogni sua speranza, ci disonorano innanzi l’Europa ( Confessioni e menzogne per G. Palomba. Londra, 1863. – -). »
Però non vi si poneva alcun riparo, ed i capi piemontesi proseguivano a dire nei loro proclami: « Se tali e tali briganti non si presentano in ventiquattro ore, farò abbattere le loro case, arrestare i loro parenti, vendere le loro proprietà , e presi, saranno fucilati. »
Ed il proclama veniva eseguito!
Non bastando tutti questi mezzi, i piemontesi chiamarono in soccorso delle loro armi, il tradimento, e impiantarono ciò che un giornale di Torino, il Piemonte, chiamò l’imposte del sangue:
« Tanto, per chi consegna in qualunque modo, un capo di banda; tanto per chi recherà un napolitano vivo; tanto per chi lo presenterà morto (Circolare della commissione centrale per la distribuzione dei sussidii ; circolare della commissione provinciale della terra d’Otranto; citate in seguito del discorso del sig. Cochrane, al Parlamentoinglese.).
In queste imposte di sangue, la ricompensa per il cadavere di un reazionario morto è il triplo, ed il sestuplo di quella accordata per un reazionario vivo.
E malgrado tutto ciò, il Piemonte, tre anni dopo l’invasione degli Stati napolitani, è sì poco sicuro della sua conquista, che sente il bisogno di legalizzare questa spaventevole repressione, nonostante gli sforzi di alcuni deputati che gridano: « questa è ferocia, signori, e la ferocia non deve introdursi nelle nostre leggi…. Da tre anni le autorità politiche e militari ebbero dei poteri e senza limiti, e dobbiamo confessare che non abbiamo nulla guadagnato. (2). » Il 1 agosto 1863, una legge fu dunque votata, la legge Pica, che rimette al consiglio di guerra il giudizio supremo…

…omissis…

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