Spiagge italiane invase dai rifiuti, lʼ80% è plastica: nel 2050 supererà i pesci
Lʼallarme lanciato durante lʼevento Slow Fish di Genova, a rischio lʼequilibrio dellʼintera fauna marittima
La plastica costituisce l’80% dei rifiuti sulle nostre coste: dalle buste ai contenitori per alimenti, senza dimenticare bottiglie, polistirolo, lenze e prodotti per la pesca. La stima è che entro il 2050 nel Mediterraneo potrebbe esserci più plastica che pesce. I dati sono stati presentati da Irene Di Girolamo, referente del sottosegretario all’Ambiente, nel corso del primo giorno dell’evento Slow Fish di Genova.
La ricerca è stata condotta dal ministero per l’Ambiente, in collaborazione con Ispra e con le 15 stazioni Arpa. Sono presenti 179.023 particelle di plastica per ogni chilometro quadrato di superficie marina e una media di 777 rifiuti di plastica per ogni 100 metri di spiaggia. Non va meglio nei fondali, dove si trovano tra i 66 e i 99 rifiuti per chilometro quadrato, con una percentuale di plastica pari al 77%.
Di questa inondazione di pvc, pet, pp, pes e ogni altra sigla di prodotti sintetici, l’80% è stato scaricato in precedenza nei fiumi, mentre solo il 20% è gettato direttamente in mare.
Sull’importanza del numero elevato di particelle nel mare si è soffermato Silvio Greco, presidente del comitato scientifico di Slow Fish: si tratta del prodotto della decomposizione di vecchi rifiuti buttati in acqua decenni fa e derivano “dall’incuria nei nostri comportamenti, pensando che il mare potesse essere la nostra discarica“. I rifiuti resteranno infatti a lungo: un sacchetto di plastica si decompone in 10-20 anni, un accendino va dai 100 ai 1000 anni, mentre oggetti di dimensioni più grandi potrebbero non decomporsi mai. E il disastro ecologico travolge anche le specie viventi: è emerso che il 68% di 150 tartarughe morte aveva ingerito della plastica.
La buona notizia è che buona parte di questi rifiuti spiaggiati potrebbero essere riciclati, ma sono necessarie costose operazioni di bonifica, andando ad aumentare la cifra di 413 milioni di euro che, ad oggi, sono spesi annualmente in Europa per la pulizia delle spiagge. Di Girolamo spiega che questo studio, che è una elaborazione di dati raccolti fra il 2015 e il 2017, è solo un punto di partenza: “nel 2021 sarà realizzato un nuovo ciclo di analisi per capire se le nostre politiche hanno funzionato. Ci stiamo impegnando per raggiungere gli obiettivi europei di salvaguardia del mare e l’Italia sta facendo la sua parte per sensibilizzare il pubblico sul tema”. La direttiva europea 2008/56/CE richiede infatti che entro il 2020 i mari del Vecchio Continente raggiungano un “buono stato ambientale”.