Insegnanti veri!
È tutta questione di… educazione permanente.
Era molto tempo che non leggevamo, noi italiani, una bella notizia come questa, proveniente poi da un tribunale. Ho ragione, dunque, quando dico che esiste ancora la normalità, il buon senso, in questa nazione. Certo, un po’ nascosto, come accade nel caso dell’intelligenza, ma comunque presente.
La frase che ovviamente mi è piaciuta è. “Si resta docenti anche fuori dalla scuola”. È una frase che utilizzo spesso durante le mie lezioni universitarie, quando devo spiegare i concetti di status e ruolo. Il ruolo è, infatti, il comportamento di status. E lo status è la posizione che si occupa all’interno di un gruppo o di una comunità culturale.
Per meglio spiegarmi, il ruolo è un modello di comportamento che una persona assume in relazione alla società alla quale appartiene, e tutti i membri di tale società si attendono che quel comportamento di ruolo venga assunto e mantenuto. Quando il ruolo è diretto, abbiamo a che fare con effetti positivi, quando, invece, è indiretto, gli effetti sono negativi. Come in questo caso.
Ecco perché la frase espressa dal giudice del tribunale di Torino, nei confronti di Lavinia Flavia Cassaro, è particolarmente importante, visto che considera il sistema scuola come “un mezzo per promuovere la crescita della persona in tutte le sue dimensioni”, risultando evidente, in questo caso, “il contrasto tra le finalità educative e il ruolo dell’insegnante e l’atteggiamento incontrollato e offensivo nei confronti delle forze dell’ordine tenuto dall’insegnante”.
Infatti, visto che non vi è soluzione di continuità fra ruolo e status, è bene ricordare che in base allo status ci si attende che una persona si comporti in un certo modo, rispetto agli altri membri del gruppo, e che quest’ultimi si comportino di conseguenza in modo altrettanto specifico nei confronti di colui/colei che occupa quello status. Ebbene, che i nostri insegnanti (non tutti, ovviamente…) siano ignoranti lo sappiamo, ma che siano anche incompetenti circa il ruolo e lo status che occupano, penso sia più grave. Dovrebbero studiare di più, magari anche educazione civica, prima ancora di avere la pretesa di assegnare votazioni sul rendimento scolastico dei loro allievi. Perché, per studiare la storia e la filosofia bisogna stimare l’insegnante, come persona, come individuo e dunque come educatore. E i nostri studenti ci valutano, sempre e con una certa severità, visto che dal nostro comportamento dipende la possibilità di convincerli che il sapere migliora il (nostro) vivere in società, e migliora, con l’esercizio della fatica quotidiana, la qualità della vita di tutti.
Per esempio, ci si attende che un padre si comporti con i propri figli secondo quanto è previsto dal suo ruolo, mentre il padre si attende che i figli si comportino nei suoi riguardi secondo il suo status.
Ecco, questo dovrebbe accadere anche con i docenti.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).