Un tesoro a San Salvatore Telesino
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L’Abbazia benedettina del Santo Salvatore, ubicata nel territorio di San Salvatore Telesino (Bn), sorge sui ruderi di un insediamento romano o, forse, di una villa romana: ciò è testimoniato dalla presenza di un mosaico romano, rinvenuto durante gli scavi, curati dalla Sovrintendenza archeologica nel 1991.
L’Abbazia telesina rappresenta il primo esempio di schema architettonico cluniacense attestato in Campania, come ha magistralmente dimostrato il Prof. Luigi Cielo, docente di storia medievale presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Il Prof. Cielo ha offerto – e continua ad offrire – preziosi contributi scientifici, nello studio del Medioevo campano ed è l’autore dell’unica monografia, di carattere scientifico, dedicata all’Abbazia del Santo Salvatore, intitolata “L’Abbaziale normanna di San Salvatore de Telesia” (Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995). L’adozione di uno schema architettonico, non attestato precedentemente in Campania, è da attribuirsi ad una mente aperta alle esperienze d’oltralpe: tale mente, secondo la ricostruzione del Prof. Cielo, va individuata in Giovanni Romano, che fu – per incarico del Papa Urbano II – abate fino al 1100. In precedenta, l’edificio era sostanzialmente inedito, poiché considerato come exemplum di architettura di rilievo esclusivamente locale.
Per quanto concerne la cronologia di fondazione dell’Abbazia del Santo Salvatore de Telesia, il Prof. Cielo condivide la tesi di Dante Marrocco (Dante B. Marrocco, L’Abbazia di S. Salvatore di Telese, Piedimonte Matese, Associazione Storica del Medio Volturno, 1951): non vi sono riferimenti al complesso abbaziale prima del 1075. È, infatti, del 1075 la prima notizia documentata della sua esistenza: in quell’anno Leopoldo, abate di San Salvatore, sottoscrive una decisione sinodale di Milone, arcivescovo di Benevento, in favore di Madelmo, abate di Santa Sofia di Benevento.
Pertanto, l’origine dell’abbazia va fissata all’XI secolo, contrariamente a quanto, in precedenza, affermato da Libero Petrucci (storico locale, autore di una Storia di Telese, il cui manoscritto è conservato presso l’Istituto di Storia Patria di Napoli) e Angelo Michele Iannacchino (vescovo di Cerreto Sannita dal 1895 al 1918, autore di una Storia di Telese, Benevento, 1900).
Abbazia di San Salvatore Telesino. Fonte foto: dalla rete
Secondo Libero Petrucci, l’abbazia sarebbe stata fondata tra il 774 ed il 787 d.C. dal duca longobardo di Benevento (dal 758 al 774) Arechi II; ma l’abbaziale sarebbe stata edificata ove ora si trova, a seguito della distruzione della città telesina (846-847 d.C.), ad opera dei Saraceni. Secono il vescovo Iannacchino, invece, l’abbazia sarebbe nata come “cella”, dipendente dall’Abbazia di Montecassino e sarebbe stata amministrata da un praepositus: ciò sarebbe dimostrato da un atto di donazione del duca di Benevento (884-891 d.C.) Aione II (nella quale si legge: Tibi Croscio Medico praeposito ad partem monasterii S. Benedicti). Tuttavia, nel suddetto documento – come sottolinea Marrocco – non parrebbe esseri menzione di San Salvatore. Inoltre, i Telesini, prima dell’anno 1000, effettuarono molte donazioni, a beneficio di diversi monasteri benedettini della Campania e del Lazio: se, a quell’epoca, l’abbaziale di Telesia fosse già esistita, i Telesini, per le loro donazioni, l’avrebbero, di certo, privilegiata, rispetto a monasteri più lontani.
Secondo Cielo, l’Abbazia di San Salvatore sarebbe stata edificata da un nobile normanno, fra il 1065 ed il 1075, in un periodo in cui il dominio normanno favorì la costruzione di diversi edifici religiosi, anche in funzione del consolidamento del proprio potere. Secondo Cielo, il finanziatore del cantiere fu il conte Roberto D’Alife. Roberto D’Alife apparteneva all’importante famiglia normanna dei Drengot Quarrel ed aveva ereditato dal padre Rainulfo il dominio di Alife, Caiazzo, Telese e Sant’Agata de’Goti, territori dei quali, successivamente, fu riconosciuto come conte. Inoltre, Cielo dimostra che non è possibile accogliere la tesi del rapporto di dipendenza dell’Abbazia telesina dalla Abbazia di Montecassino, nell’archivio della quale non è presente alcun documento che attesti tale dipendenza.
L’Abbazia di San Salvatore fu protagonista di importanti eventi storici. Nel 1093 vi sostò papa Urbano II; nel 1098 vi soggiornò Sant’Anselmo d’Aosta, prima di recarsi nella cella di Villa Sclavia. L’informazione del soggiorno di Sant’Anselmo è desumibile dalla testimonianza del suo accompagnatore e biografo Eadmero. Presso l’Abbazia Telesina, Sant’Anselmo –secondo la tradizione – avrebbe composto parte del suo Cur deus homo, la sua principale opera teologica, nella quale sviluppa il tema della redenzione del genere umano per mezzo dell’incarnazione del Cristo. Si ricordi che suo allievo, presso l’Abbazia di Bec in Francia, fu Giovanni, che successe a Leopoldo, nel ruolo di abate di San Salvatore.
L’abate Giovanni (1098-1100) fu nominato da Urbano II: la nomina papale dovrebbe esser prova della immunuità di cui l’abbazia telesina godeva, rispetto alla locale sede episcopale e della sua importanza politica (il che avvalorerebbe la connessione con l’importante famiglia normanna dei Quarrel-Drengot).
Nel 1105 fece sosta presso l’abbazia un gruppo di preti e monaci cassinesi e troiani, durante un viaggio per il trasporto di reliquie. Infine, vi fece sosta, per ben due volte, durante la guerra col cognato Rainulfo, conte D’Alife, Ruggero II di Sicilia, il quale recò in dono all’abbazia importanti possedimenti terrieri. Ruggero II fu ospitato dall’abate Alessandro Telesino che ne compose la biografia, intitolata De rebus gestis Rogerii Siciliae Regis.
L’abbazia fu soppressa nel 1459-60 quando fu trasformata in commenda ed affidata ad un amministratore che risiedeva a Roma. Il terremoto del 5 giugno 1688 completò l’opera di distruzione dell’abbazia – già, purtroppo, avviata dall’incuria umana – come si legge in una annotazione del vescovo Giovanni Battista de Bellis. Nel 1806 l’abbazia fu venduta a dei privati e fu trasformata in mulino.
Nel 1994 è stata acquistata e restaurata dal comune.
Perla descrizione dell’impianto e dello sviluppo del monastero si veda il contributo del Prof. Federico Marrazzi (Il chiostro sepolto: indagini geofisiche ed architettoniche presso l’abbazia di San Salvatore a San Salvatore Telesino (Bn), nell’ Annuario della Associazione Storica del Medio Volturno). La chiesa dell’abbazia ospita, dal 2010, l’Antiquarium, museo civico-archeologico, ove sono conservati lapidi, epigrafi e cippi funerari, rinvenuti a Telesia, ma anche reperti ceramici, provenienti dalla necropoli di epoca sannita.
La chiesa è in stile romanico, con pianta basilicale a tre navate absidate, cupola e transetto. Nel corso degli anni, transetto ed absidi sono stati separati dal resto della struttura da mura. Sono ivi conservati affreschi, risalenti al XII-XII secolo e restaurati nel 2007: uno raffigura Santa Scolastica (conservato nell’abside della navata destra); l’altro, collocato nell’abside meridionale, rappresenterebbe Sant’Anselmo (ma quest’ultimo, secondo alcuni, raffigurerebbe San Benedetto).
Autore: Giovanna Battaglino
Foto di Roberto Galasso (salvo dove diversamente indicato)
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