Pensioni: da gennaio assegni più pesanti

Pensioni: da gennaio assegni più pesanti grazie al ritorno alla vecchia rivalutazione
B.A
I
l 2019 porterà novità per quanto riguarda le Pensioni e non solo in relazione alla ipotizzata riforma previdenziale, con l’ingresso di quota 100 nel sistema. Stavolta si parla di cifre e di importi di pensione, cioè di quanto i pensionati percepiranno dal prossimo 1° gennaio. La notizia è già ufficiale perché dal prossimo gennaio entreranno in azione le nuove regole di rivalutazione degli assegni. In pratica, varia l’adeguamento dei trattamenti pensionistici all’inflazione calcolata annualmente dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Il cambiamento porterà vantaggi in termini di importi degli assegni previdenziali che si andranno ad incassare l’anno venturo.
Un ritorno al passato
Per salvaguardare il potere di acquisto delle pensioni, queste dovrebbero ogni anno essere adeguate all’aumento del costo della vita la cui percentuale come dicevamo, viene calcolata dall’Istat. Dopo il 2016 e 2017, anni nei quali le pensioni rimasero congelate e non adeguate all’aumento del costo della vita, nel 2018 i pensionati hanno ricevuto piccoli incrementi. Per le pensioni minime il 2018 portò in dote un aumento anche dell’1,1% per molti. Il surplus ha riguardato anche le pensioni più elevate che sono aumentate anche dello 0,50%. Il trend proseguirà anche nel 2019 per via del ritorno al meccanismo dell’indicizzazione delle pensioni come previsto dalla Legge di Stabilità [VIDEO]del lontano 2001. La variazione riguarderà gli scaglioni di reddito in base ai quali applicare gli scatti in aumento per via dell’inflazione.
Dai 5 previsti per gli ultimi anni, si tornerà ai 3 che erano quelli su cui si basava il vecchio meccanismo che adesso torna di attualità.
Gli aumenti
Di quanto aumenteranno le pensioni nel 2019? La domanda è comune a tutti i pensionati che vogliono sapere cosa cambierà per loro dal punto di vista degli assegni da percepire. Per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo, la rivalutazione sarà pari al 100% del tasso di incremento del costo della vita. Se l’inflazione sarà del 2% per esempio, del 2% saliranno anche le pensioni. Il trattamento minimo è l’importo minimo di pensione erogabile che è pari al cosiddetto minimo vitale, che per il 2018, secondo l’Inps è pari ad € 507,42 mensili. Probabile che per l’anno venturo questo minimo verrà ritoccato in più, ma usando gli importi del 2018, si può già ipotizzare che pensionati con assegni intorno a 1.520/1530 euro al mese, riceveranno il 100% di aumento rispetto all’inflazione.
Aumento nella misura del 90% per pensioni superiori a 3 volte il minimo e fino a 5 volte, cioè fino a 2.540 euro circa al mese.
Per pensioni più elevate la percentuale di aumento scenderà al 75%. Cesserà di esistere dunque la normativa transitoria introdotta dal Governo Letta [VIDEO] che aveva previsto i 5 scaglioni. Una novità che interesserà pensionati con assegni più elevati che vedranno migliorare la situazione. Nulla cambia per i pensionati con assegni fino a tre volte il minimo. Infatti la fase transitoria addebitabile al Governo Letta prevedeva già il 100% di rivalutazione per questi pensionati. Diverso il discorso per chi aveva assegni più alti. Infatti chi ha diritto a una pensione di importo tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo, percepiva un aumento del 75%. Per chi ha assegni pensionistici oltre 5 e fino a 6 volte il minimo, percepiva rivalutazioni del 50% che scendevano al 45% per chi aveva assegni superiori alle 6 volte il minimo vitale.
A questo si deve aggiungere che il ritorno al passato comporta l’applicazione degli adeguamenti per scaglioni, e non sull’intero importo della pensione. Questo per tutti i pensionati, a prescindere dalle fasce, determinerà una rivalutazione più elevata.