Australia: Un modello per frenare l’immigrazione
di Giulio Meotti 13 agosto 2018
Pezzo in lingua originale inglese: Australia: A Model for Curbing Immigration
Traduzioni di Angelita La Spada
“Gli europei pensano che in Australia sia facile controllare i nostri confini, ma accampano solo scuse per non fare nulla.” – Il generale in pensione Jim Molan, co-ideatore della politica australiana in materia di asilo.
“Abbiamo centinaia, forse migliaia di persone che annegano nel tentativo di arrivare dall’Africa in Europa. (…) L’unico modo di fermare le morti è quello di fermare i barconi.” – L’ex premier australiano Tony Abbott.
“La mia lunga esperienza nella politica australiana mi induce ad affermare che ogni volta che un governo controlla i flussi migratori, aumenta il sostegno pubblico all’immigrazione, quando accade il contrario aumenta l’ostilità nei confronti dell’immigrazione.” – L’ex premier australiano John Howard.
Deve essere devastante vivere in un paese in cui la governance potrebbe essere discutibile nel migliore dei casi, e le opportunità economiche limitate. La gente sa di mettere a rischio la propria vita in cerca di meglio. Ma per evitare che l’Occidente venga travolto, tali problemi devono essere seriamente affrontati.
Quattro anni fa, il governo australiano suscitò delle critiche dopo che aveva pubblicato un annuncio volto a dissuadere i richiedenti asilo dal recarsi illegalmente nel paese. “Assolutamente no!”, recitava il volantino. “Non farete dell’Australia la vostra casa. Se salirete su una imbarcazione senza visto, non finirete in Australia. Qualsiasi nave che cerchi di raggiungere illegalmente le coste australiane sarà intercettata e ricondotta in condizioni di sicurezza al di fuori delle acque territoriali australiane.”
Era un messaggio durissimo, ma ha funzionato. “Il tasso di migrazione dell’Australia è il più basso da dieci anni”, ha dichiarato Peter Dutton, ministro dell’Interno australiano. Parlando di recente a Today Show, Dutton ha aggiunto che il calo ha significato “il ripristino dell’integrità del nostro confine”. E gli australiani sembrano felici di questo. Un nuovo sondaggio mostra che il 72 per cento degli elettori sostiene la politica migratoria del premier Malcolm Turnbull. L’Australia, una democrazia occidentale, cerca da anni di affrontare gli ingenti flussi migratori via mare.
“Gli europei pensano che in Australia sia facile controllare i nostri confini, ma accampano solo scuse per non fare nulla”, ha detto il generale in pensione dell’esercito australiano Jim Molan, co-ideatore della politica australiana in materia di asilo.
Nel 2013, Tony Abbott fu eletto primo ministro dopo aver condotto una campagna elettorale con lo slogan “Stop ai barconi”. Ma “Stop ai barconi” è anche lo slogan del ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, il quale, dalla formazione del nuovo governo avvenuta il mese scorso, si è totalmente concentrato sulla lotta ai flussi migratori che percorrono la rotta “più letale del mondo”: quella del Mediterraneo.
Sembrerebbe che il modello ottimale per l’Europa sia un sistema di immigrazione basato sulla capacità di frenare i flussi migratori illegali.
Lo scorso anno, i funzionari dell’Unione europea si sono recati in Australia per chiedere aiuto. In occasione di un recente vertice, i paesi membri dell’Ue hanno accettato di copiare il modello australiano di respingere le navi dei migranti verso paesi terzi e trasferire i migranti in centri gestiti dalle autorità locali, su esempio del Centro di elaborazione regionale di Manus in Papua Nuova Guinea, che era utilizzato per ospitare i migranti respinti dall’Australia. L’Italia sta cercando di creare centri di accoglienza di questo tipo ai confini meridionali della Libia.
François Crepeau, l’inviato speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti, ha esortato l’Europa a non considerare l’Australia un modello e ha definito l’idea “crudele, disumana e degradante”. Ma impedire che i migranti muoiano in mare è l’opposto della crudeltà: è umanità. “Abbiamo centinaia, forse migliaia di persone che annegano nel tentativo di arrivare dall’Africa in Europa”, affermò Abbott nel 2015. L'”unico modo di fermare le morti è quello di fermare i barconi”.
Il ministro dell’Immigrazione australiano, Peter Dutton, ha spiegato che “non accetteremo persone che cercano di giungere nel nostro paese illegalmente a bordo di navi”. I filantropi, come ha detto Abbot, le stavano aiutando in nome di un “altruismo fuorviato”.
Sotto il governo dell’ex premier Julia Gilliard, nel maggio 2013, l’Australia rimosse anche la terraferma dalla zona di migrazione. Ciò significava che i migranti avrebbero potuto essere mandati nei centri di detenzione all’estero, nonostante le loro navi fossero approdate.
Il modello australiano non si basa soltanto sulla tutela dei confini e sulla priorità da dare agli immigrati altamente qualificati. Ruota anche attorno all’idea di un retaggio culturale che i migranti devono abbracciare. Il premier Turnbull dice di volere un test per gli immigrati sui “valori australiani” che annoveri domande sull’ammissibilità di picchiare la moglie, di negare l’istruzione alle ragazze o di praticare le mutilazioni genitali femminili (MGF). Nell’Europa multiculturale, lo stesso test sarebbe un tabù. Turnbull ha chiesto di “difendere” questi valori australiani. Preservare lo stato-nazione e la sua tradizione culturale occidentale, egli sostiene, è necessario per integrare i migranti. “La mia lunga esperienza nella politica australiana mi induce ad affermare che ogni volta che un governo controlla i flussi migratori, aumenta il sostegno pubblico all’immigrazione, quando accade il contrario aumenta l’ostilità nei confronti dell’immigrazione”, ha scritto l’ex premier australiano John Howard.
Dal momento che l’Italia sta affrontando l’emergenza delle imbarcazioni provenienti dall’Africa che cercano di raggiungere le sue coste, potrebbe essere utile ricordare ai cittadini che anche l’Australia aveva iniziato con la “vicenda della nave Tampa”. Nel 2001, l’Australia impedì l’approdo a una nave norvegese che aveva salvato centinaia di richiedenti asilo nell’Oceano Indiano per condurli in territorio australiano. È “la nave che ha cambiato tutto”. L’allora ministro dell’Immigrazione, Philip Ruddock, avvertì gli australiani che diecimila persone provenienti dal Medio Oriente si preparavano a imbarcarsi in Asia alla volta dell’Australia. Il governo australiano ignorò la richiesta delle Nazioni Unite di consentire ai profughi di mettere piede sull’isola. L’opinione pubblica appoggiava il governo. Dato che, alcuni decenni fa, la prima ondata di “boat people” proveniente dal Vietnam (1976-1981) era stata accolta dai cittadini australiani con occhio benevolo, i nuovi arrivati divennero rapidamente motivo di crescente preoccupazione, come sta accadendo in Europa. Da allora, la politica australiana per risolvere la propria crisi migratoria è all’insegna del “niente reinsediamenti, niente imbarcazioni”.
A seguito della “vicenda della nave Tampa” furono posti in essere i pilastri della futura politica australiana:
“Le isole sono state tagliate fuori dalla zona di migrazione australiana per impedire ai richiedenti asilo di presentare domande di visto; sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea, sono stati istituiti dei centri di detenzione e anche nella minuscola e in bancarotta Repubblica di Nauru; e una riluttante Marina è impegnata a intercettare e respingere le navi cariche di richiedenti asilo”.
L’Italia affronta una nuova ondata di 700 mila migranti attualmente in Libia. Il governo italiano dovrebbe ora seguire l’esempio dell’Australia.
È a malincuore che formulo tali proposte. Deve essere devastante vivere in un paese in cui la governance potrebbe essere discutibile nel migliore dei casi, e le opportunità economiche limitate. La gente sa di mettere a rischio la propria vita in cerca di meglio. Ma per evitare che l’Occidente venga travolto, tali problemi devono essere seriamente affrontati.
L’immigrazione clandestina è dannosa per l’Europa e anche per i migranti.
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.