Il miracolo del Crocifisso del Carmine
Presentiamo il racconto del “miracolo del Crocifisso del Carmine” tratto dalla pergamena “Del Miracoloso Successo del Santissimo Crocifisso posto nella regale chiesa di S. Maria del Carmine di Napoli” riportata da Filocalo Caputo in “Il Monte Carmelo” del 1683.
Si ritrova nella Chiesa di Santa Maria del Carmine di Napoli, un’antichissima Imagine del Santissimo Crocifisso, di tanta rara scultura quanto può a ogni devoto desiderarsi di vederlo al naturale: è questa sacrata Imagine scolpita nel legno ma con tal maestria coverto, che non si può così facilmente giudicare se sia di gesso, ò veramente di stucco, essendo quella materia grossa, e soda; è di proporzionata statura, quanto può essere un’huomo perfetto, di delicatissime membra, di faccia veneranda, che apporta riverential timore, e somma divotione à chi lo mira; è posto in Croce in sembianza del nostro Redentore, quando vivo in Croce parlava all’Eterno Padre; hà li capelli non già di scoltura, ma di seta cruda, di color d’oro alla Nazarena usanza; il corpo è ben composto, e estenuato, che al vivo rappresenta li grandissimi tormenti, e flagelli, ch’hebbe nel tempo della sua Passione; tiene nel capo la Diadema, sotto del quale v’è la corona delle spine, si che qualunque persona il mira ritrova in quella sacra Imagine il vero ritratto di Cristo Crocifisso.
Stava questo venerando simulacro situato nel mezzo della Chiesa prima, che si scoprisse tanto miracoloso, mà per la gran divotione, e concorso de’ popoli; ad istanza del Serenissimo Ferdinando d’Aragona Rè invittissimo, e dell’Illustrissimo Signor Honorato d’Aragona Gaetano, Conte di Fundi, del Sig. Diomede Carrafa conte di Madalone, e d’altra nobilissime persone, per divina ispirazione, fù dove si vede, riposto; coll’haverci concedute molti Pontefici grandissime indulgenze, dall’anno del Signore 1480 nel giorno 18 di Maggio, che fù trasferita detta Imagine, il cui successo e tale.
Nell’anno 1439, mentre che Alfonso Rè d’Aragona teneva il campo nelle palude di Napoli assediando la medesima città, dispose per battere la Città le sue bombarde, tra le quali ve n’era una grossissima chiamata la Messinese, in un luogo volgarmente chiamato la Mandra vecchia, appresso la Chiesa di S. Angelo all’Arena novamente edificata appresso quello venerabile Convento di S. Maria del Carmine; con le quali bombarde non senza grandissimo danno di giorno in giorno spesse volte fu percosso dal Regale esercito detto Monasterio, essendosi di persona il Capitan Generale coll’Illustrissimo fratello del medesimo Rè, chiamato l’Infante, il quale ogni giorno con grande avidità sollecitamente sparar faceva le predette bombarde; avvenne, che un Giovedì alli 17, d’Ottobre del medesimo anno ad ora di Terza non altrimente, che far soleva comandò l’Infante, che quella bombarda Messinese drizzata fusse al dritto contro la Tribuna di detta Chiesa, tal che la medesima bombarda tormentò le mura della Città e della predetta Tribuna, e le ruinò; facendo cascar per terra la corona di spine della sacra Imagine del detto Crocifisso, e molti de’suoi capelli.
All’hora l’istessa devotissima Imagine, acciocchè non permettesse l’Onnipotente Iddio, che offesa rimanesse, miracolosamente chinò il capo, e la rotonda pietra della bombarda, si come chiaramente si vede, rimase finendo il suo impetuoso corso sopra la porta della Chiesa, rompendo il muro, e fermandosi sopra un certo tavolato.
Essendo tutto ciò accaduto, il Padre Maestro Giovanni Cingaro Napolitano Priore del Convento, Padano Napolitano Sottopriore, Fra Nardello di Composta Sacrestano, Fra Gregorio Pignatello Gentilhuomo Napolitano del Seggio di Nido, e molti altri Frati della medesima Chiesa, che all’hora vi si ritrovarono presenti, per la gran paura cascorono come morti; e poco dopo tanta ruina essendo cessata la caligine della polvere, ritornati in se stessi, mirando tutto quello, che era accaduto, cose certamente meravigliose, e stupende, subito se n’andarono à ritrovare certi Gentilhuomini Napolitani di Portanova, i quali furono posti per custodia deputati alla tutela di questo Monasterio, fra’quali v’era Luise Coppola, Filippo d’Anna, Roberto Gattola, Simonetto Scannasorci, e Vitello Sassone, con altri Napolitani, che con gran vigilanza si come si suole nel tempo di guerra, guardavano questo Monasterio.
Questi predetti Gentilhuomini havendo inteso tutto quello ch’era accaduto, corsero subito alla Chiesa, e vedendo tutto il successo esser vero, e non d’altra fonte, che da i Frati inteso havevano, non potendosi contenere dalle lagrime, e da i sospiri, che dall’intimo del cuore mandavano fuora; prostrati avanti la Sacratissima Imagine piangendo, e orando per molto spazio di tempo; e dopo consultandosi fra loro, deliberarono di levar quell’Imagine dal luogo ove stava, dubbiosi che detta bombarda non havesse un’altra volta da buttarla à terra, e farla in pezzi, essendo quell’antichissima, e devotissima à Napolitani, e per ciò fu dato ordine, che subito fusse rimossa da quel luogo, facendo in quel sito un’apparato di tavole.
A quest’atto furono presenti dodici persone, e prima Maestro Henrico Spinello, che giuntamente con suoi discepoli, affaticandosi grandemente per levare la Sacra Imagine, in nessun modo poterono rimoverla. Era all’hora la Chiesa per sì gran miracolo piena d’infinita gente così di nobili, come d’ignobili dell’uno, e dell’altro sesso, i quali vedendo questa Imagine starsi così immobile, con lagrime, e sospiri, non senza altissime voci, e lamenti, li chiedevano misericordia, ne perciò se rimosse l’Imagine dal suo luogo.
Ultimamente gridando all’Onnipotente Iddio dicevano: “Ecco Signore, che fatto havemo tutti secondo le nostre forze, che la tua Sacra Imagine restasse illesa, ma havendoti piaciuto che così stabile se ne stia, così sia fatto, e essendo tu Onnipotente facci degni di mostrarci la virtù del tuo onnipotente braccio”, tutto ciò fu il Giovedì sopradetto.
Il seguente giorno del Venerdì, nella medesima hora di Terza, siccome soleva l’Illustrisimo Infante con cinque Cavalieri, tra li quali era il predetto Conte di Fundi; venne a sollecitare le sue bombarde, e principalmente quella chiamata Messinese, erano all’hora dentro questo Monasterio molte bombarde parate per difesa, trà quali ve n’era una chiamata la bombarda pazza; all’hora uno fuori della compagnia di questa custodia, vedendo dal Monasterio quei Cavalieri essere nimici, subito appicciò fuoco alla bombarda pazza, il cui suono sentendo l’Infante, e prevedendo la pietra di quella, che andava per ucciderlo, si diede alla fuga, la pietra della bombarda primariamente percosse l’arena, doppo battendo l’Infante, li tolse il capo, frangendolo per mezzo, il cavallo del quale per lo spazio di un quarto d’ora essendo spaventato, fuggendo trasportò il corpo dell’Infante ora in uno, e ora in un altro luogo.
Doppo il medesimo Conte, e altri, che vi si ritrovorono, havendo ciò veduto, e ricovrato il cadavero dell’Infante; tosto se n’andarono al Rè Alfonso, che all’hora ascoltava la Messa nella Chiesa di S. Maria della Gratia delle Palude, alla cui Messa non senza gran pianto, e timore raccontarono l’acerba morte dell’Infante suo diletto, e caro fratello.
Havendo il Rè Alfonso udito questo funesto caso, doloroso disse; questa mattina grandemente pregai il mio diletto, e caro fratello, che se m’amava da quì avanti non avesse tormentato più colla bombarda la Venerabile Chiesa di Santa Maria del Carmine, poiché alcuni fuggiti da Napoli raccontato m’hanno lo stupendo miracolo del Crocifisso, e a queste mie preghiere l’Infante, à me più che la vita caro, nulla risposta mi diede, quasi prevedendosi, che finir doveva ben tosto la vita.
Dopo due giorni il medesimo Rè Alfonso indi partì col suo esercito, e il mezzo capo dell’Infante da uno, che fuggì dal suo esercito, fu portato alla Serenissima Reina Elisabetta, il che conobbero, e giunta al Rè Alfonso d’una certa affinitade, benche frà loro guerrigliassero, nondimeno, si come conviene à grandi Principi, si vestì di luttuosa veste, e piangendo la morte dell’Infante, scrisse al Rè Alfonso; avisandolo come con suo grandissimo dolore inteso havea la morte dell’Infante, e gli permetteva d’aprirgli la Città di Napoli, se egli celebrar volesse le funerali esequie del detto Infante, per lo che il predetto Rè Alfonso rese grandissime gratie alla Regina, e il cadavero dell’Infante fu riserbato al Castello dell’Ovo, si come fu ordinato dal Rè.
Dopo nell’anno 1441, il medesimo Rè Alfonso, ritornando all’assedio, pose il campo all’incontro di Napoli, sopra una collina, ove si dice Campo Vecchio e comandò à tutti i soldati, che niuno di loro havesse ardire indirizzar bombarde contro la Chiesa e Monisterio di S. Maria del Carmine, havendosi esso Rè collocato nella mente il predetto miracolo come fu infallibilmente eseguito continuò l’assedio il sudetto Rè Alfonso, il quale nel 1442 di giorno di Sabbato, il secondo giorno di Giugno dopo due ore soggiogò la Città di Napoli, la quale fu fino da quel tempo sotto il suo Imperio; seguendo la Domenica ad hora del Vespro, il Rè con grandissimo trionfo se n’entrò nella Venerabile Chiesa del Carmine per vedere il miracolo del Santissimo Crocifisso, à cui s’adorò divotamente, Lui l’Illustrissimo Indico d’Avololos gran Siniscalco del Regno suo Germano e altri due de’ Magnati, che assisterono al Rè con grande ossequio l’additorno il luogo da dove era venuta la palla della bombarda, il Rè comandò all’hora che fusse chiamato il Priore della Chiesa, il quale era il predetto Fra Gregorio Pignatello Baccelliere nella Sacra Teologia, il quale menò il Frà Giovanni del Signo detto lo Rosso Napolitano Diacono, e Frà Giovanni, che fu poi Provinciale della Provincia di Napoli , e havendo il Priore raccontato tutto al Rè. Comandò Sua Maestà, che il predetto gran Siniscalco salisse su la scala per vedere il Crocifisso, e per sapere se il collo del Crocifisso era sano, e intiero; il gran Siniscalco visto il tutto con esquisita diligentia, riferì qualmente era sano, e senza humano artifico.
Il Rè doppo rivoltatosi al Crocifisso inginocchiatosi per lo spazio d’una messa pianse dirottamente, e alzandosi stette in piedi, e dimandò, ove era depositato il corpo del quondam Rè Corradino, à cui fu risposto dal Padre Priore, che stava sotto l’altar maggiore; onde soggiunse il Rè, che Corradino era stato degnissimo Imperatore, e al detto Priore diede molti feudi, dicendo, pregate per me, e per tutti coloro, che erano Principi e Magnati, Oratori e Legati di tale Imperatore; e non potendosi contenere di rimirare quella Sacre Imagine, spessissime volte veniva ad adorarla, e perche il sudetto miracolo era per tutto il mondo divulgato, non cessava il Re di farli grandissimi donativi, ad esempio de gl’altri Principi.
Il medesimo Rè Alfonso, prima che da questa ad altra vita passasse, ricordandosi di questo miracolo, diede ordine, che alla Sacra Imagine del Crocifisso se gli facesse un sontuoso Tabernacolo, del che n’hebbe cura un certo Maestro Antonio Curata, e essendosi il Rè nel fine della sua vita, sapendo che il Tabernacolo non era ancora finito, lasciò nel suo ultimo testamento, che subito si fusse perfezionato.
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