Giochi gladatorii nella Napoli angioina

Giochi gladatorii nella Napoli angioina
GIOCHI

Grazie alla testimonianza scioccata di Petrarca apprendiamo che, presso l’odierna area di Porta Capuana, si tenevano combattimenti ad armi bianche, veri e propri giochi gladatorii, al cospetto dei sovrani angioini.
Il poeta nella Epistola 6 al Cardinale Giovanni Colonna denuncia la pericolosità e la violenza di Napoli “per cui il girare di notte tempo qui non si fa con minor paura e pericolo che in mezzo ai folti boschi: conciossiachè le strade sien piene di nobili giovani armati tutti, le immoderatezze de’quali né la paterna educazione, né l’autorità de’ magistrati, né la maestà e l’impero dei re valsero mai a raffrenare”. E riflette: “come meravigliare che fra le ombre della notte e senza alcun testimonio taluno ardisca commetter delitti, se a pieno giorno, alla vista del popolo, al cospetto dei re, in questa città d’Italia con ferocia da disgradarne i barbari si esercita l’infame giuoco de’ gladiatori…”. L’immagine che il poeta ci lascia è orribile: “come sangue di pecore l’umano sangue si sparge, e, plaudente l’insano volgo affollato, sotto gli occhi de’ miseri genitori si scannano i figli, e tiensi a disonore l’offerire con ripugnanza la gola al pugnale, quasi che per la patria o per la gloria della vita celeste si combattesse?”. Ma a cosa si riferisce esattamente?

“…io fui condotto un giorno a certo luogo vicino della città chiamato Carbonaria: nome veramente acconcio alla cosa: imperocchè quella scelerata officina deturpa e denigra gli spietati fabbri che ivi si affaticano sull’ incudine della morte. Era presente la Regina, presente Andrea re fanciullo, che di sè promette riuscir magnanimo, se pur riesca a porsi in capo la contrastata corona: v’eran le milizie di Napoli, delle quali invan cercheresti le più attillale e più eleganti: popolo v’era venuto in folla da tutte parti. A tanto concorso di gente, e a tanta attenzione d’illustri personaggi sospeso, fiso io guardava aspettando di vedere qualche gran cosa, quand’ecco come per lietissimo evento un indicibile universale applauso s’alza alle stelle. Mi guardo intorno e veggo un bellissimo garzone trapassato da freddo pugnale cadermi ai piedi. Rimasi attonito, inorridito; e dato di sproni al cavallo, rampognando l’inganno de’miei compagni, la crudeltà degli spettatori, la stoltezza de’combattenti, all’infernale spettacolo ebbi volte le spalle”.

Al cospetto della giovanissima regina Giovanna e di suo marito Andrea d’Ungheria avevano luogo questi spettacoli sanguinosi e mortali.

Lo stupore ed il disgusto di Petrarca ci suggeriscono che questi giochi gladiatorii non fossero in voga presso altre corti d’Italia. Giuseppe Frassetti, curatore della pubblicazione delle lettere, aggiunse infatti che: “Molte sono le città d’Italia nelle quali quasi reliquia degli antichi giuochi de’gladiatori si conservava l’uso di sanguinosi combattimenti ove fra persona e persona, ed ove fra schiera e schiera, accadendo in esse non di rado la morte di alcuni e talora di molti de’combattenti. Ma per lo più erano lotte di destrezza e di forza senz’armi micidiali, non come quelle che il nostro Petrarca vide in Napoli, ove i lottatori ferocemente si sgozzavan tra loro colle coltella e co’ pugnali”. Il Frassetti ci informa che già Papa Giovanni XXII, con una bolla, aveva vietato quei giochi, pena la scomunica per lottatori e spettatori, ma tutto era continuato, così, su proposta dell’Arcivescovo di Napoli, Papa Benedetto XII levò le scomuniche comminate e poi sospese la proibizione.

I giochi gladiatorii furono banditi con successo mezzo secolo più tardi col re Carlo di Durazzo.

Autore articolo: Angelo D’Ambra

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Immagine di copertina tratta dal “Compendio delle vite dei re di Napoli” di Pompeo Sarnelli