Alle radici del brigantaggio di Pietro Zerella
Parte XXVI
L’Arciprete Epifanio Di Gregorio e gli avvenimenti di Pontelandolfo
Dei fatti di Pontelandolfo e Casalduni abbiamo descritto minuziosamente come avvennero e citato alcuni responsabili. Insieme a Cosimo Giordano fu pubblicamente attribuita la responsabilità all’Arciprete Epifanio Di Gregorio.
Epifanio di Gregorio nacque a S. Croce del S. (BN) il 14 dicembre 1811.
Nel 1825 frequentò il Seminario Arcivescovile di Benevento, grazie ad una borsa di studio della Congrega di S. Sebastiano.
Dopo essere stato responsabile di varie parrocchie, il 1°novembre del 1839, fu trasferito alla chiesa di Pontelandolfo. Dai primi anni del suo ministero l’Arciprete dimostrò simpatia e ammirazione per la casa regnante e ostilità per il movimento liberale, per Mazzini e per Garibaldi.
Definì traditori, i sacerdoti liberali, che non firmarono la dichiarazione per chiedere l’abolizione della Costituzione, emanata il 29 luglio del 1848 da Ferdinando II.
Nel 1852 il Di Gregorio metteva la sua penna di letterato a disposizione del Re di Napoli dedicandogli il volume dal titolo: L’astro nella tenebria ovvero l’immortale Ferdinando II, re del regno delle due Sicilie.(1)
Non pago di questo successo, Di Gregorio, socio dell’accademia di Castroreale, nel 1857 pubblicava un’altra opera in due volumi, L’Immacolata e il secolo decimonono.
Dell’episodio accaduto in quella fatidica giornata, 7 agosto 1861, ci sono varie verità, influenzate o dalla fede politica dello storico o dai vari per sentito dire o da risentimenti personali; ne è un esempio l’accusa fatta dall’agrimensore Antonio Pistacchio, fratello del sindaco di Pontelandolfo. Ne riportiamo qualcuna, dando al lettore la facoltà di scegliere quella più vicina alla realtà.
Convinzione di qualche storico del tempo fu che il Di Gregorio fosse coinvolto, perché aveva cantato il Te Deum, in occasione della conquista del paese da parte dei briganti. Fu arrestato perché ritenuto filo-borbonico in quanto: …eccitava morbosamente la fantasia dei poveri contadini facendo credere che il nuovo governo minava a scacciare dagli animi il sentimento religioso..(2).
Scrive Marco Monnier: …Il 7 agosto 1861 i briganti chiamati da cinque canonici (D. Giuseppe Golino, D. Nicola Rinaldi, Michelangelo Longo, Cristoforo e D. Luigi Longo Cristoforo) e da un arciprete Epifanio De Gregorio, invasero Pontelandolfo, comune sulla strada di Cerreto, nelle montagne. (3)
Cesare Cesari nella sua opera sul brigantaggio afferma: …non tutti gli ecclesiastici erano però come l’arciprete De Gregorio, D. Leone di Montemiletto era liberale, unitario, che per la sua idea fu ucciso a Montemiletto dai briganti reazionari filo borbonici(4).
Lo storico e patriota sannita Nicola Nisco, liberale, nella sua storia “Gli ultimi trentasei anni del Reame di Napoli 1824-1860”, riferisce: … ricorderò altri due episodi di reazione non secondi a quelli di Montemiletto e di Montefalcione, promossi da preti e da briganti nel Beneventano. Questi nel 7 agosto giorno della fiera di S. Donato, invitati da cinque canonici e dall’arciprete di Gregorio, il famoso autore del libro apologistico dei Borboni: la luce nelle tenebre invasero Pontelandolfo, comune nelle alture appennine, sulla destra dell’avvallamento del Calore; e, capitanati da un Cosmo Giordano, chiamarono al saccheggio i villani che allegramente ritornavano da una processione. La turba, incitata dal focoso arciprete… (5)
La versione dei fatti di Enrico Isernia, storico di Benevento, è la seguente: …Sul vespro del 7 agosto il capobanda Cosimo Giordano con pochi uomini entra in Pontelandolfo gridando: Viva Francesco II, e gli fa eco l’intera popolazione, la quale fece cantare il Te Deum al clero ch’era in processione alla cappella di S. Donato. I popolani suonarono le campane a stormo, abbattendo le croci sabaude, stracciando le bandiere, alzarono l’insegna del Borbone…l’esempio di Pontelandolfo fu seguito anche da Casalduni, …da Fragneto Monforte e Campolattaro, paeselli finitimi.
Lo stesso capo brigante Cosimo Giordano, nell’interrogatorio reso il 25 aprile 1883 nel carcere di Benevento, sostenne che fu lui ad invitare l’Arciprete a cantare il Te Deum in chiesa.
Nel libro di Daniele Perugini La monografia di Pontelandolfo, scritto nel 1856 e pubblicato nel 1878, si riportano i fatti, per semplice e futura memoria, come risultano dai processi:
…Nel giorno 7 agosto 1861 celebravasi in Pontelandolfo la festa e la fiera del Protettore S. Donato in una vicina cappella rurale. Dal prossimo monte e bosco di faggi calò una mano di briganti, obbligò i canonici a cantare il Te Deum per Francesco II e nell’abitato scorrazzando pacifici cittadini si ritirarono dopo su monti stessi.
Perfino lo storico borbonico, Giacinto De Sivo, sostenne che il Di Gregorio cantò il Te Deum non per sua iniziativa, ma perché obbligato dai briganti.
I giudizi elencati sono quasi tutti concordi nel discolpare il Di Gregorio per i fatti addebitatigli; in ogni modo pagherà con il carcere l’attaccamento ai Borbone e la difesa dei suoi principi e della fede politica.
Bisogna pur dire che l’arciprete aveva dimostrato con i suoi scritti l’attaccamento al Re, condannando le idee liberali. Nel 1861, in un clima di malcontento generale e di marasma politico, dovuto al cambio di governo e alle nuove leggi, in un momento d’incertezze, anche per la stessa vita della Chiesa, il Di Gregorio, con la sua vasta cultura, certamente ebbe un grosso ascendente sui parrocchiani influenzandoli sulla condotta da tenere.
Il 14 agosto, quando le truppe italiane ritornarono ad operare la ritorsione contro il paese, uccidendo, rapinando e incendiando tutte le case, ad eccezione di quattro, perché di proprietà di liberali, l’Arciprete riuscì a fuggire, nascondendosi nel villaggio natale di S. Croce del Sannio, nonostante la sua abitazione fosse stata bruciata per prima.
In seguito, il religioso fu arrestato e detenuto nel carcere di Benevento dalla fine del 1861 al 31 dicembre 1864, giorno del processo, che lo vide assolto.
L’ultimo giorno di vita di Don Epifanio Di Gregorio fu il 20 settembre del 1870.
La Gazzetta di Benevento scrisse: In S. Croce di Morcone trapassò di vivere pochi giorni or sono il Sacerdote Epifanio de Gregorio uomo reputato assai dotto nelle lettere, e nelle scienze ecclesiastiche.
Per i fatti di sangue accaduti in seguito in Pontelandolfo, Casalduni,Campolattaro e negli altri Comuni dell’alto Valfortore, vi furono numerosissimi arresti e fucilazioni. A Benevento furono messi davanti al plotone d’esecuzione i briganti Giovanni Melloni, sarto di Casalduni, e Michelangelo Cataudo, contadino di S. Leucio.
Note
1- La stampa ufficiale: Il Giornale del Regno delle due Sicilie del 20 luglio 1853, diede grande risalto all’opera, scrivendo: “L’autore di questo libro si è prefisso dimostrare in esso a qual alto segno di virtù si sublimasse il nostro augusto Sovrano nel tempo del parossismo rivoluzionario e come nel clima attuale si presenti ai suoi sudditi quale apportatore di pace, di felicità. Epperò le mali arti dei fautori del disordine sono messe dall’autore a nudo e malgrado che bene si ammandassero di mentite spoglie le calunnie confutate con l’esposizione dei gesuiti fatti o con patenti ragionamenti… ”
L’autore scrisse, che le idee più pericolose, erano quelle espresse dal Mazzini, nel suo Catechismo, vale a dire il pensiero della rivoluzione francese; inoltre, lodando Ferdinando II, mise in risalto il suo governo e i primati raggiunti.
Riportiamo qualche brano:
La causa della religione è gemella di quella del Re, e con essa confederato e coalizzata. La religione è l’alleato naturale del trono, poiché n’è la causa, e la genesi…. Un Re dunque fecondato dall’aurora religiosa possiede la causa della sua esistenza politica, ed è il mezzo unico onde raggiungere il suo scopo. Ferdinando II è animato da una Religione parlante, sensibile! Ecco quanto mi è debito di presente dimostrare, onde preparare il naturale sbuccio di un consettario, che è il seguente…
Il religioso, dopo aver enumerato le varie opere pubbliche realizzate, soggiungeva ancora che sotto Ferdinando II veniva portata a compimento la strada rotabile dei Pentri in Molise che incatena quella degli Abruzzi alla Sannitica e tante altre strade per migliorare i collegamenti. Ricordava inoltre le molteplici leggi emanate dal Re dal 1830 al 1847 a favore dell’agricoltura, del commercio, delle miniere, che tanta prosperità hanno arrecato alla popolazione del Regno.
Con questa dimostrazione di efficienza e buon governo l’Arciprete rigettava il giudizio negativo del ministro inglese, Lord Gladstone, su Ferdinando II ( il Regno della Due Sicilie è la negazione di Dio)
2- Enrico Narciso, S. Croce del Sannio, o.c.
3- Marco Monnier, Notizie storiche sul brigantaggio nelle province napoletane, dai tempi di Fra Diavolo sino ai giorni nostri, Roma 1969;
4- Cesare Cesari, Il brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano dal 1860 al 1870…o.c.
5-Nicola Nisco, Gli ultimi trentasei anni del Reame di Napoli 1824-1860, V.III, Francesco II, Napoli, Cav. A. Morano Ed.1896.