Le fornaci e cavarene rinvenute
Nelle zone rurali di Pontelandolfo un tempo, veniva ricavata nel terreno una fossa di forma cilindrica, detta in gergo la cal’càra, internamente rivestita con pareti di pietra a secco, per un diametro di apertura di circa mt. 5,00, di base di circa mt. 3,00, una profondità di circa mt.5,00, con un’apertura anteriore, bocca, di circa mt.1,50. Serviva alla produzione della calce. Daniele Perugini nella Monografia di Pontelandolfo (1878) scrive: “… Le fornaci per cuocere la calce sono molte verso la montagna, e per combustibile s’impiega non solo la esporgatura degli alberi e delle siepi, quanto principalmente la felce “phelis aquilim”. Il fuoco veniva ininterrottamente alimentato da un incaricato per settimane, mantenendo una temperatura costante tra gli 800 e i 1200 gradi per consentire alla pietra calcarea di trasformarsi, liberando gas carbonico e dando luogo alla cosiddetta calce viva trasportata nei punti di smercio a dorso dei muli, per essere poi venduta ai costruttori, che la spegnevano gettandola in un’apposita vasca (r fóss’), colma di acqua. A contatto con il liquido, lentamente, il prodotto, attraverso una reazione di idratazione accompagnata da un violento rilascio di calore che frantumava le pietre, avviava il processo di liquefazione, che, una volta terminato, dava luogo alla calce definitiva, o calce spenta, utilizzata in edilizia per preparare malte, miscelata con acqua e sabbia estratta nelle diverse cavaréne dislocate sul territorio. Oggi è ancora visibile la cavaréna del Toppo della Chiusa nei pressi della località Sorgenza. Interessante è stato l’utilizzo delle cavaréne quale rifugio scuro durante i bombardamenti nell’ambito della Seconda Guerra Mondiale. Tracce di cal’càr’ sono state rinvenute alla località Piano Feletta alle falde di monte Calvello a breve distanza dalla sorgente Acqua del Monte. Alla località Piana di Lanna ai margini del bosco lungo il Tratturo Serralafrasca. Alla località Cógli ai margini del bosco a ridosso della Piana di Lago Ciancione alla contrada Costa del Resicco, e alle località Pericurti e Minghilli della c.da Piana di Lanna. Alcune cal’càr’ utilizzate d’estate per la cottura delle pietre, fungevano d’inverno dalle cosiddette n’vèr’, per la conservazione della neve. A Pontelandolfo la calce veniva usata in particolare per la intonacatura esterna ed interna delle case e, resa in forma più liquida, per la pitturazione delle pareti interne delle abitazioni, con la doppia funzione di imbiancatura e disinfezione.
Gabriele Palladino