Assassini si diventa
È tutta questione di… parole giuste.
Ho scritto, in questi ultimi giorni, nei social che ne avrei parlato. Mi riferisco alla tragedia di Cisterna, a Latina. E le ultime notizie in merito le troviamo qui.
Comincio dalla fine, ossia dalla reazione, peraltro comprensibile, della gente al passaggio del feretro. Sì, ripeto, comprensibile ma certo non giustificabile, specialmente quando dettata dalla rabbia. La stessa rabbia del carabiniere criminale ed assassino. Per ognuno di noi, anche per il peggiore, esiste comunque la Grazia divina. Certo, per coloro che credono in essa.
E vengo così al mio fondamentale assunto, che ho peraltro espresso ripetutamente anche in altre occasioni, quando ho sentito la necessità di commentare fatti simili.
In questi casi, non si può parlare di “separazione difficile”, perché è assurdo pensare che qualsiasi separazione sia facile, a meno che uno dei membri della coppia, oppure entrambi, non si trovino in uno stato alterato di coscienza. Se vivono nella realtà, ogni separazione è sempre traumatica. Interessante notare, dal mio punto di vista, quello antropologico-mentale, che nelle separazioni, dolorose per tutti gli attori coinvolti, è raro che una femmina umana uccida il marito, e con lui i figli.
Scritto questo, la cosa realistica che continuano a tacere anche alcune scuole di pensiero alle quali aderiscono numerosi colleghi, è che questi fatti sono il frutto di uno stile cognitivo, ossia di un modo di vedere il mondo, considerare gli altri, valutare i propri affetti e pensare al proprio futuro. Non ci si improvvisa assassini in questo modo, e le indagini stanno in effetti dimostrando il livello di premeditazione che possedeva questo individuo. Questi atti crescono nella mente di coloro che andranno a commetterli in piena lucidità, seppure in situazione para-delirante. Ma viviamo in una società in cui il deliro è in televisione, nei massa media, praticamente ovunque. Non possiamo meravigliarci che oramai faccia parte della nostra vita quotidiana.
Che fare? Controllo mensile sul benessere psico-fisico, costantemente e continuativamente, per coloro che appartengono alle Forze dell’Ordine, oppure a tutte quelle professioni che prevedono l’uso di un’arma. Un controllo-revisione mentale e comportamentale di tipo medico-psichiatrico, non psicologico esclusivamente, che preveda l’ascolto dei componenti della famiglia, oppure di coloro che si trovano in relazione quotidiana con le persone che esercitano una professione tale. Ascoltare le persone che vivono accanto a loro, facendolo con tutte le dovute cautele ed avvertenze, diventa importante, perché si conoscono i comportamenti e gli atteggiamenti al di fuori dei ruoli professionali, all’interno dei quali è più facile mistificare la verità.
Fino a quando non faremo cose di questo genere, non solo avremo istituzioni corresponsabili, ma ulteriori assassini.
Alessandro Bertirotti
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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