vita di ufficio
Alle tre del pomeriggio, io sono ancora vittima del Jet Leg e sto lottando contro una sonnolenza invincibile, quando miss Lee bussa alla porta aperta del mio ufficio e mi fa : “Devo comunicare una cosa “. E come sempre, quando la cosa che mi deve comunicare è importante, si avvicina alla scrivania e mi parla a bassa voce.
Come al solito io non capisco niente, quando lei parla a bassa voce e sono costretto a chiederle di scandire bene le parole.
“Mr President, mi scandisce stavolta la frase, ha un importante ospite giapponese e lo porterà a cena stasera. Vorrebbe tanto presentarmelo e, mi chiede gentilmente, se voglio unirmi a loro per cena.”
Non posso rifiutare. Quando il presidente chiede gentilmente, è un ordine perentorio. E’ il loro modo gentile di dire devi venire a cena.
Miss Lee non mi da il tempo di rispondere (la risposta è scontata) e mi dice che andremo a mangiare, in onore dell’ospite, in un ristorante giapponese nella zona di Gnamgnam.me.
Credo di non aver capito bene e lei, pazientemente ripete: “Gnamgnam.me “.
Ora, che una zona si chiami Gnamgnam è promettente, ma ne ignoravo l’esistenza fino a pochi minuti prima.
Poi aggiunge: “la cena comprenderà Japaneese Noodle e Tempura “, poi con un’esclamazione ingiustificata e sgranando gli occhi mi fa: “E ci sarà anche il wasabi !!”
Tutto questo entusiasmo per il wasabi non lo capisco. A me non piace. Ma faccio finta che sia il mio preferito e aderisco con estusiamo.
Ore diciotto (e’ l’ora di cena da queste parti) siamo nel ristorante Giapponese e chiacchieriamo allegramente con l’ospite giapponese che mi fa un sacco di domande sull’Italia. Dice che è la nazione che gli piace di più. Io cortesemente gli dico che il Giappone è il paese che piace di più agli italiani (dopo la Korea, naturalmente !!”
Poi parliamo delle olimpiadi invernali di PyeongChang e l’ospite racconta di esserci stato e mi dice di quanto costoso era il biglietto di ingresso, di come faceva freddo e di quanto costava tutto. A un certo punto punto mi dice anche quanto è costato il parcheggio dell’auto. Questo amore dei giapponesi per i dettagli mi stupisce ogni volta, ma assento a ogni sua affermazione sapendo che la gentilezza è d’obbligo.
Arrivano i noodle e mi accorgo con orrore che a tavola ci sono solo gli sticks di forchette e cucchiai neanche l’ombra.
Il giapponese e il mio presidente si tuffano nei noodles che hanno il diametro di circa un centimetro e sono scivolosi non mai, con una abilità sorprendente.
Avolgono gli sticks e catturano i noodles viscidi senza lasciarne cadere nessuno.
Io so già che combinerò un disastro.
Tergiverso per non doverli affrontare ma il presidente è categorico: “Che fai non li mangi?”
Cerco di camuffare la mia insicurezza e cerco di afferrare un noodles con gli stcks ma riesco a malapena a sollevarlo dalla ciotola e mi cade sul tavolo.
Il noodles sul tavolo sembra dotato di vita autonoma.
Come un grosso verme bianco si muove contorcendosi sulla tavola mentre io cerco disperatamente di afferrarlo con gli sticks.
I miei due commensali mi guardano perplessi e questo mi agita ancora di più.
Mezzora più tardi, tutti i miei noodles sono sparsi sulla tavola e io cerco con scarsa convinzione di inseguirli e catturarli.
Per favore, non invitatemi mai più a mangiare i noodles in un ristorante giapponese o, almeno, tollerate se io mi porto la forchetta da casa.
Carlo Perugini