Cultura enogastronomica e insetti a tavola

Insetti a tavola

Tutto il mondo ha sempre invidiato il modello di offerta della nostra cultura enogastronomica. Ma qualche interrogativo nasce sulla nuova tenuta del modello italiano dell’arte culinaria. Un’indagine della Fipe-Confcommercio sulla ristorazione, infatti, ha rilevato lo scorso anno che in Italia un imprenditore su dieci è straniero e sono già quasi 40 mila le imprese del settore gestite da immigrati. E’ una spia che si accende sulla potenziale perdita di appeal del mondo culinario per gli imprenditori di casa nostra. Le nostre antiche ricette, i nostri piatti tradizionali potrebbero essere a rischio di estinzione, come tante altre secolari costumanze sbaragliate dal moderno che avanza senza sosta. Chi mai avrebbe pensato un tempo che dal 1° gennaio 2018, quest’anno quindi, possiamo portare in tavola, volendo, ben 17 specie di insetti: tre specie di vermi e tre di formiche, millepiedi, grilli, libellule, vespe, coleotteri, cavallette, locuste, bachi seta, camole, larve di mosca e scarafaggi. Dal punto di vista nutritivo la carne di insetto eguaglia le carni rosse e il pollame intendiamoci bene, ma è una cultura che non ci appartiene e non ci può appartenere per tanti motivi. Gli insetti risolveranno pure le carenze alimentari e proteiche delle zone più povere della terra, ma ci risulta proprio difficile immaginare di sostituire con un fritto misto di insetti croccanti da mangiarsi senza l’aiuto del pane, i piatti succulenti, sani e genuini dei nonni dei nostri nonni giunti fino a noi così come furono in quel tempo concepiti. Una camola al forno o una crostata di cavallette e locuste non potranno sostituire mai a Pontelandolfo il tradizionale cavatello domenicale, come non potrà mai fare posto un peperone ripieno a una zuppa di camole e bachi da seta o un succulento agnello alla brace a un timballo di vespe e scarafaggi. Non ce ne voglia San Giovanni Battista che si cibava di cavallette e miele selvatico, ma gli amici di Pontelandolfo continueranno, almeno per ora, a mangiare quello che cucina mammà!

Gabriele Palladino