Epifania in Ciociaria, le origini del culto
Festeggiata da sempre ma forse mai davvero compresa.
Volendo geo – localizzare la festività alla sola Ciociaria scopriamo da Egidio Ricci che nelle campagne ciociare era solito riunirsi per cercare di prevedere la raccolta delle messi annuali, osservando il comportamento del tempo nei dodici giorni che intercorrono tra il Natale (solstizio) e l’Epifania.
Mentre nella serata precedente la festa le ragazze auspicavano un possibile matrimonio durante l’anno: gettando foglie di olivo sulla brace, se la foglia scoppiava saltando l’evento sarebbe accaduto, se bruciava soltanto le speranze sarebbero rimaste deluse.
Torniamo al numero “12”. L’epifania viene festeggiata la dodicesima notte dopo il 25 dicembre, sol invictus, apice dei Saturnalia per il paganesimo romano. Una chiusura. Ancora oggi si disfa l’albero, ieri nemmeno troppo tempo fa, si smetteva di far ardere il ciocco nel camino.
L’epifania oggi, come ieri, chiude il ciclo di feste (tutte le feste porta via). Nelle zone rurali, ancor prima del ciocco, i contadini accendevano i loro fuochi in onore della Dea Madre al ritmo lunare – e non solare – per tutti i giorni che intercorrevano dal 21 – 25 dicembre fino al 6 gennaio in una sorta di capovolgimento del normale andare.
E la befana? Da dove nasce? Nella lettura volgare il termine “Epifania” si è trasformato in “Pifania“ e poi in “Befana”.
Tuttavia la Befana, simpatica vecchietta a cavallo di una scopa, è rappresentazione della Dea Madre. Una madre invecchiata, quasi decrepita, che sul punto di addormentarsi (morire) al freddo dell’inverno, concede un ultimo dono nei pressi del focolare (ecco da cosa deriva il mettere le calze appese al camino).
La scopa è fatta di rametti secchi, il volo sospinto dal vento dell’inverno che porta la vecchina di casa in casa a lasciare i doni e, nell’immaginario antico, sopra i campi per propiziare raccolti generosi alla rinascita.
E a proposito di questo, proprio sopra gli stessi i campi veniva incenerita la Madre Terra – un fantoccio, una rappresentazione allegorica – delegando al fuoco il compito del Sole. La stessa sarebbe risorta in primavera dalle sue stesse ceneri. I fuochi, propiziatori, purificatori, benedetti per la terra, erano esorcismo contro le privazioni passato.
La Madre Terra, nell’archetipo della befana, non è mai totalmente buona né per intero cattiva. Temibile, di certo. Dalle sembianze tutt’altro che rassicuranti, nell’epifania, ma dispensatrice di doni, così come nella stagione calda e più viva spesso rigogliosa ma mai totalmente generosa rischiando contadino e famiglia di incappare in siccità e anni poveri di raccolto.
Una madre che nutre i propri figli ma che sovente li umilia, frustra e sconfigge con le carestie, i diluvi, le grandinate, le gelate e le siccità.
Fonti:
Egidio Ricci – Almanacco di Ciociaria
Cronache Esoteriche
Foto: Gallinaro, ciociare alla fontana