Pensioni, rivalutazioni con aumenti minimi e non per tutti
di Claudio Testuzza
Le pensioni nel 2018 torneranno a crescere ma con aumenti risibili e non per tutti.
Non per qualche decisione politica, ma per il meccanismo automatico di adeguamento delle pensioni all’inflazione, o meglio alla variazione del costo di un determinato paniere che costituisce il punto di riferimento per le prestazioni previdenziali e assistenziali cioè l’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Dopo due anni di blocco del meccanismo di rivalutazione automatica il Ministero del dell’Economia ha pubblicato il decreto ministeriale che fissa il tasso di rivalutazione delle pensioni a partire dal 1° gennaio 2018 in misura pari all’1,1 %. Il decreto recepisce il dato relativo al tasso di inflazione comunicato dall’Istat nei primi nove mesi del 2017. Ciò significa che dal prossimo anno gli assegni pensionistici cresceranno per recuperare la perdita del potere d’acquisto registrata nel 2017. Il dato modifica l’importo base di riferimento costituito del trattamento minimo Inps che passerà dagli attuali 501,89 a 507,41 euro al mese.
Ricordiamo, però, che anche nel 2018 resta comunque in vigore il meccanismo restrittivo di rivalutazione introdotto dalla legge 147/2013 dal 1° gennaio 2014 e prorogato dalla legge 208/2015 sino al 31 dicembre 2018 che ha ridotto, rispetto al passato, l’indicizzazione al costo della vita per le pensioni di importo medio-alto. Pertanto nel 2018 solo le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo otterranno l’incremento pieno dell’1,1%. Per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo sarà riconosciuto al 95 % del predetto adeguamento e cioè la rivalutazione effettiva sarà dell’1,045 %. Per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l’adeguamento sarà pari al 75 % dell’ adeguamento e quindi la rivalutazione effettiva sarà dello 0,825% rispetto al valore del 2017. Adeguamento che scende al 50 per cento , + 0,55 % effettivo rispetto al 2017, per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo e al 45 % per i trattamenti superiori a 6 volte il trattamento minimo Inps . L’incremento effettivo in questo ultimo caso sarà così dello 0,495 % rispetto al 2017. In pratica per chi percepisce 1.000 euro lordi al mese, l’incremento sarà di 11 euro, con 1.600 euro il ritocco sarà di 16,72 euro, chi incassa 2.100 euro avrà un aumento di 17,33 euro. Rapportato all’intero anno, quindi tredicesima compresa, significa che chi riceve la pensione minima avrà poco meno di 72 euro in più,?chi percepisce 13mila euro all’anno, ne riceverà 143 in più. Inoltre chi ha una pensione compresa tra 1.500 e 3.000 euro al mese “guadagnerà” tra i 200 e i 260 euro lordi all’anno. Con il crescere dell’importo della pensione, infatti, l’aumento è proporzionalmente minore perché il meccanismo di perequazione favorisce gli assegni di valore più basso, riconoscendo solo a loro l’adeguamento pieno all’inflazione con la conseguenza che con il passare degli anni il potere d’acquisto dei pensionati così detti più ricchi diminuisce perché non viene completamente adeguato alla variazione dei prezzi. L’adeguamento, inoltre, continuerà ad essere applicato per fasce complessive di importo e non per scaglioni, un ulteriore danno per i pensionati. Solo dal 2019 si tornerà a quest’ultimo meccanismo meno penalizzante per gli assegni medio alti previsto dalla legge 388/2000 ).
In realtà con le operazioni di conguaglio del prossimo anno si dovranno recuperare anche gli effetti della maggiore rivalutazione concessa tre anni fa. Nel 2014 è stato adottato, infatti, un indice di rivalutazione provvisorio dello 0,3 %, mentre quello definitivo è risultato dello 0,2 %. Gli assegni nel 2015 hanno goduto, dunque, di una rivalutazione superiore dello 0,1 % rispetto al dato effettivo certificato solo nel novembre del 2015. Già nel 2016 gli assegni furono riallineati al valore effettivo ma in tale occasione sarebbe dovuto anche scattare il recupero della maggiore rivalutazione concessa l’anno precedente per 13 mensilità con un prelievo una tantum a gennaio 2016. Dato che nel 2016 il tasso di rivalutazione è risultato pari a zero, per evitare il prelievo, il Governo aveva deciso di rinviare l’operazione prima al 2017 e poi, stante la mancata rivalutazione dei trattamenti anche quest’anno, al 2018. Ecco dunque che il prossimo anno i pensionati saranno chiamati a restituire una cifra media tra i 15 ed i 20 euro trattenuta dall’Inps direttamente sulla pensione.