Alda Merini, la poetessa dei Navigli.
Per chi non la conoscesse, Alda Merini è stata una delle donne più brillanti del secolo appena trascorso. Di origini milanesi, ha avuto una vita molto articolata, caratterizzata da tante opere importanti, quattro figlie e un costante andirivieni tra casa e ospedali, a causa di un disturbo bipolare che l’ha accompagnata per tutta l’esistenza. “La poetessa dei navigli”, morta nel 2009, ha dovuto lottare non poco nella vita per affermare l’eccellenza del proprio lavoro: solo tra gli anni ’80 e ’90 sono iniziati ad arrivare i primi meritati riconoscimenti. Nonostante la scelta sia non poco ardua, ecco qui una piccola selezione delle sue poesie più belle.
A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore.
Ho conosciuto in te le meraviglie
Ho conosciuto in te le meraviglie
meraviglie d’amore sì scoperte
che parevano a me delle conchiglie
ove odoravo il mare e le deserte
spiagge corrive e lì dentro l’amore mi son persa come alla bufera
sempre tenendo fermo questo cuore
che (ben sapevo) amava una chimera.
Ieri sera era amore (A Ettore)
Ieri sera era amore,
io e te nella vita
fuggitivi e fuggiaschi
con un bacio e una bocca
come in un quadro astratto:
io e te innamorati
stupendamente accanto.
Io ti ho gemmato e l’ho detto:
ma questa mia emozione
si è spenta nelle parole.
Ogni mattina
Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d’angoscia
che non si dissolve.
Allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
Di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
Ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose di amore.
Bambino
Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia
legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.
*Ascoltavo la pioggia*
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.
L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.
Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.
…Ascoltavo la pioggia…
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.
…E la pioggia piangeva…
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.
(Alda Merini)
Accarezzami
Accarezzami, amore
ma come il sole
che tocca la dolce fronte della luna.
Non venirmi a molestare anche tu
con quelle sciocche ricerche
sulle tracce del divino.
Dio arriverà all’alba
se io sarò tra le tue braccia.
Non ho bisogno di denaro
Non ho bisogno di denaro,
Ho bisogno di sentimenti.
Di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori, detti pensieri,
di rose, dette presenze,
di sogni, che abitino gli alberi,
di canzoni che faccian danzar le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti…
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia le pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Ho conosciuto in te le meraviglie
Ho conosciuto in te le meraviglie
meraviglie d’amore sì scoperte
che parevano a me delle conchiglie
ove odorano il mare e le deserte
spiagge corrive e lì dentro l’amore
mi son persa come alla bufera
sempre tenendo fermo questo cuore
che (ben sapevo) amava una chimera.
O il veleggiare del tuo caldo pensiero
O il veleggiare del tuo caldo pensiero
sopra la mia parola
e il tuo dormire selvaggio
accanto al mio seno vivo;
o l’adombrarsi della primavera
quando cade il suono del seme
sulla terra feconda di parola.
Così tu sei l’esempio
del sole mio.
Solo un mano d’angelo
Solo un mano d’angelo
intatta di sè, del suo amore per sè,
potrebbe
offrirmi la concavità del suo palmo
perché vi riversi il mio pianto.
La mano dell’uomo vivente
è troppo impigliata nei fili dell’oggi e dell’ieri,
è troppo ricolma di vita e di plasma di vita!
Non potrà mai la mano dell’uomo mondarsi
per il tranquillo pianto del proprio fratello!
E dunque, soltanto una mano di angelo bianco
dalle lontane radici nutrite d’eterno e d’immenso
potrebbe filtrare serena le confessioni dell’uomo
senza vibrarne sul fondo in un cenno di viva ripulsa.
Abbi pietà di me che sto lontana
Abbi pietà di me che sto lontana
che tremo del tuo futile abbandono,
tienimi come terra che pur piana
dia nella pace il suo perdono
od anche come aperta meridiana
che dia suono dell’ora e dia frastuono,
abbi pietà di me miseramente
poichè ti amo tanto dolcemente.
E poi fate l’amore
E poi fate l’amore.
Niente sesso, solo amore.
E con questo intendo i baci lenti sulla bocca,
sul collo, sulla pancia, sulla schiena,
i morsi sulle labbra, le mani intrecciate,
e occhi dentro occhi.
Intendo abbracci talmente stretti
da diventare una cosa sola,
corpi incastrati e anime in collisione,
carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure,
baci sulle debolezze,
sui segni di una vita
che fino a quel momento era stata un po’ sbagliata.
Intendo dita sui corpi, creare costellazioni,
inalare profumi, cuori che battono insieme,
respiri che viaggiano allo stesso ritmo,
e poi sorrisi,
sinceri dopo un po’ che non lo erano più.
Ecco, fate l’amore e non vergognatevene,
perché l’amore è arte, e voi i capolavori.
Canzone dell’uomo infedele
Il mio uomo è uguale al Signore
il mio uomo è uguale agli dèi
se lui mi tocca
io mi sento una donna
e mi sento l’acqua che scorre
nei lecci della vita.
Il mio uomo è un purosangue che corre
mentre io cavallerizza da nulla
sto immobile a terra
il mio uomo è una chitarra felice
e io sono la sua canzone
ma lui non mi canta mai
perché?
Aspetto che la chitarra si rompa
per vivere…
Il mio uomo è un uomo crudele
il mio uomo è la mia preghiera
è uguale a Savonarola
ma il mio uomo tocca altri inguini ed altri capelli
è generoso con le fanciulle dorate
e lascia me povera
di vecchiezza e di vita a morire per lui.
Il mio uomo se si denuda
ha il petto villoso come le aquile
ma un rostro che ferisce a fondo
e punisce i pentimenti d’amore
allora io gli mostro le mie carni ferite
e maledico la sorte,
ma se il mio uomo sorride
io torno a fiorire e divento una bianca luna
che si specchia nel mare.
Ribaciami in uno stelo di amore
Ribaciami in uno stelo di amore
e pensa alla giovinezza che mi
prende e mi ha lasciato sola