“(..) Bisogna essere donne al 100% e usare il nostro preciso modo di stare al mondo come modello costruttivo e opposto a quello distruttivo. E perché la nostra funzione non sia solo quella di sanare, riparare, sostenere dopo che l’uragano della brutalità è passato – come abbiamo fatto da milioni di anni.
Dobbiamo esserci prima, ovvero avere potere: non forza, ma potere. Decidere, condurre, gestire, dire, impedire, opporci, prendere spazio, esistere.(..)”
Con questo articolo sulla necessità dell’empowerment per le donne, diamo il benvenuto a Monica Mazzitelli come quarta autrice ufficiale delle Donne Visibili.
Che dire, siamo onorate di avere al nostro fianco una donna energica e piena di talento come Monica! (Anna)
Che la forza sia con voi. E il potere con noi.
Pubblicato da Monica Mazzitelli
Ci sono molte donne per cui femminismo significa in qualche modo rifiutare una prospettiva di diversità di genere, come fosse un marchio di debolezza; donne che tendono a catalogare sé stesse su un metro maschile, a cominciare dalla declinazione dei titoli professionali, ché quelli al femminile “non valgono tanto quanto”.
Questa esigenza ha avuto la sua piena importanza finché la cultura patriarcale ha tenuto chiuse le porte di molti mestieri che ora si stanno lentamente aprendo in tutti i settori, dalla scienza alle applicazioni manuali. Qui in Svezia per esempio ci sono sempre più donne nelle attività impiantistiche: deliziose idrauliche o elettriciste, magari minute ma scattose Lisbeth Salander con piercing e martello. Ma un conto è avere ogni possibilità aperta, un altro è un dover dimostrare di essere non equivalenti, ma proprio uguali. Penso che se vince il modello donna Game of Thrones abbiamo perso. Se la nostra valenza deve competere su forza fisica, anaffettività sessuale e spietatezza, stiamo proprio da capo a dodici: eccoci di nuovo ad adattarci a qualcosa di estraneo a noi, mettendo il nostro corpo e la nostra mente in scala 1:uomo. Un tradimento ma soprattutto un’incapacità a pensarci integre e valenti esattamente come siamo, rotando sul nostro asse senza fare la luna di nessuno. Ho la sensazione che ci vorrà ancora molto per arrivarci, mettere i giusti confini, valorizzare fino in fondo il nostro modo di fare le cose, e l’efficacia che nasce dal giocare sulle differenze con ironia e complicità bilanciando maschile con femminile. Ci sono sempre più uomini meravigliosi in giro, uomini significativamente adulti con cui si può costruire un mondo equilibrato, maturo e interessante. Uomini che problematizzano i primati “di genere” e trovano orribile dover essere fisicamente omologhi a quella maggioranza vicina al 100% di terrestri che commettono assassini, stupri, violenze domestiche, omicidi, abusi sessuali su minori, incesti, reati, attività di guerra. Perché mai, di grazia, dovremmo anche solo assomigliare a questo? Solo perché nella storia del patriarcato sono maschili le figure vincenti, eroiche, dominatrici, forti? Quelle delle statue sulle piazze e delle foto sui libri di storia?
Spesso per fare un complimento a una donna la definiamo “forte”. Ma cosa significa donna forte, esattamente? Conosco donne indebolite da traumi o depressione, certo, ma per il resto molte delle donne che conosco (simpatiche o antipatiche che siano) sono forti, coraggiose, capaci, esecutive, resistenti, multifunzionali, oneste, civiche, intelligenti, capaci di solidarietà ed empatiche. Non sono donne forti, sono donne, punto.
E allora bisogna fare il contrario, copernicanamente. Bisogna essere donne al 100% e usare il nostro preciso modo di stare al mondo come modello costruttivo e opposto a quello distruttivo. E perché la nostra funzione non sia solo quella di sanare, riparare, sostenere dopo che l’uragano della brutalità è passato – come abbiamo fatto da milioni di anni. Dobbiamo esserci prima, ovvero avere potere: non forza, ma potere. Decidere, condurre, gestire, dire, impedire, opporci, prendere spazio, esistere.
Come le centinaia di attrici che l’altro ieri in diverse città della Svezia si sono alternate a leggere testimonianze sulle violenze, discriminazioni, abusi e manipolazioni di cui la loro categoria è stata vittima, in una maratona che è durata più di due ore a rendere quasi insopportabile l’ascolto. Non perché fosse una narrazione di volta in volta insostenibile di per sé, ma perché è stata smisurata. Questo ciò che gli uomini presenti hanno voluto raccontare poi, commentando la loro esperienza: quanto fosse intollerabile e doloroso verificare per la prima volta il volume elefantiaco del fenomeno. Uomini consapevoli e maturi che si sono chiesti con sconforto come sia stato possibile “accettare” da anni tutto questo, fingere in qualche modo che non stesse avvenendo e non avesse come protagonisti i Reucci Intoccabili del mondo dello spettacolo, gli incensati Geni Assoluti della regia o della recitazione o della produzione culturale. Una doccia gelata e necessaria che ha cambiato la prospettiva per sempre. Adesso resta la sfida a essere fedeli a noi stesse, a svincolarci dai modelli maschilisti e procedere da donne, potenti della nostra saggezza.
Monica Mazzitelli